giovedì 20 gennaio 2011

Corte dei Conti, Sezione Campania: indagine sull'emergenza rifiuti

Stralci dell’Indagine di controllo:
1. Deliberazione n.155/2010
2. La gestione dell’emergenza rifiuti in Campania:
2.1. Premessa
2.2 Considerazioni conclusive


1. CORTE DEI CONTI SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA CAMPANIA, Deliberazione n. 155 /2010
nell’ adunanza del 28 settembre 2010
Composta dai magistrati:
Pres. Mario G.C.Sancetta Presidente
Cons. Raffaele Del Grosso
Cons. Silvano Di Salvo
Cons. Tommaso Viciglione
Cons. Corradino Corrado
Cons. Francesco Uccello relatore
I Ref. Laura Cafasso
VISTO l’art. 100, comma 2, della Costituzione;
VISTO il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con r.d. 12 luglio
1934, n. 1214 e successive modificazioni e integrazioni;
VISTA la legge 14 gennaio 1994, n.20 e successive modificazioni, recante
disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;
VISTO l’art.7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n.131;
VISTO il regolamento n.14/2000 per l’organizzazione delle funzioni di controllo
della Corte dei conti, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000 e le
successive modificazioni ed integrazioni;
VISTA la deliberazione n. 2/2008, adottata nell’adunanza del 17 gennaio 2008,
con la quale questa Sezione regionale di controllo, nel fissare il programma delle attività
per l’anno 2008, ha previsto, tra l’altro, un’indagine settoriale di controllo sul fenomeno
dell’emergenza igienico-sanitario ed ambientale conseguente alla gestione del servizio di
raccolta dei rifiuti solidi urbani nella Regione Campania;
VISTO lo schema di referto predisposto dal magistrato istruttore, Cons. Francesco
Uccello, ed inviato, per il previsto contraddittorio, alle Amministrazione interessate
dall’indagine al fine di acquisirne osservazioni e/o eventuali controdeduzioni;
VISTA la propria ordinanza n. 47/2010 in data 6 settembre 2010, con la quale è
stata disposta la convocazione della Sezione regionale di controllo per l’adunanza odierna
ed è stata data facoltà agli organi delle Amministrazioni interessate di produrre memorie
e/o controdeduzioni entro le ore 12.00 del 22 settembre 2010 e di intervenire
all’adunanza pubblica per svolgere, dinanzi al Collegio, eventuali ulteriori osservazioni;
CONSIDERATO che sono pervenute osservazioni e/o memorie di replica da parte
del Commissario liquidatore del Consorzio Unico di Bacino delle Province di Napoli e
Caserta nonché delle Amministrazioni comunali di Sessa Aurunca (CE), Capua (CE) e
Portici (NA);
RITENUTO di non poter rinviare l’odierna adunanza pubblica, come richiesto con
nota del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, pervenuta via
fax alle ore 16.30 del 27 settembre u.s., stante l’impossibilità di comunicare
tempestivamente il predetto rinvio ai numerosi soggetti istituzionali invitati alla stessa;
UDITI il rappresentante dell’Amministrazione provinciale di Caserta, i Commissari
liquidatori dei Consorzi di Bacino di Avellino 1 e 2, Benevento 1, 2 e 3 e del Consorzio
Unico di Bacino delle Province di Napoli e Caserta, nonché i rappresentanti delle
Amministrazioni comunali di Cava de’ Tirreni e Castel Volturno intervenuti, tra gli altri,
all’adunanza;
UDITO il relatore, e, sulla sua proposta, esaminato e discusso il suddetto schema
di relazione;
DELIBERA
di approvare, con le modifiche apportate dal Collegio, la relazione su “La gestione
dell’emergenza rifiuti in Campania”, nel testo allegato che costituisce parte integrante
della presente deliberazione.
Ordina che la presente deliberazione, corredata della suddetta relazione, sia
trasmessa, per il tramite del Dirigente del Servizio di supporto, al Presidente del Consiglio
regionale della Campania, ai Presidenti dei Consigli provinciali di Avellino, Benevento,
Caserta, Napoli e Salerno nonché ai Presidenti dei Consigli comunali di Agropoli, Ariano
Irpino, Atripalda, Avellino, Aversa, Benevento, Capua, Castel Volturno, Cava de’ Tirreni,
Frattaminore, Giffoni Valle Piana, Mercogliano, Montesarchio, Nocera Superiore, Pompei,
Portici, S. Agata dei Goti, S. M. Capua Vetere, Sessa Aurunca e Sorrento.
Ordina, altresì, che copia della stessa sia trasmessa, per conoscenza, al
Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
Protezione Civile – e ai Responsabili delle relative Unità operanti sul territorio regionale,
nonché al Presidente della Giunta regionale della Campania, all’Assessore regionale alle
politiche ambientali, ai Commissari liquidatori dei Consorzi di Bacino di Avellino 1 e 2,
Benevento 1, 2 e 3, Salerno 1, 2, 3 e 4 e del Consorzio Unico di Bacino delle Province di
Napoli e Caserta, ai Sindaci delle predette Amministrazioni comunali e al CONAI .
Dispone, infine, che, ai sensi dell’art. 3, comma 6, della legge n.20/1994, le
Amministrazioni interessate comunichino a questa Sezione le misure consequenziali
eventualmente adottate in ordine alle osservazioni contenute nell’allegato referto.
Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 28 settembre 2010.
Il Relatore
f.to Cons. Francesco Uccello
IL PRESIDENTE
f.to Pres. di Sez. Mario G.C. Sancetta
Depositato in Segreteria in data 14 ottobre 2010
Per il Dirigente del servizio di supporto
f.to dott. Mauro Grimaldi
LOGO DELLA REPUBBLICA ITALIANA
CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO
PER LA CAMPANIA
LA GESTIONE DELL’ EMERGENZA RIFIUTI IN CAMPANIA
Indagine di controllo
approvata nell’adunanza del
28 settembre 2010
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2. LA GESTIONE DELL’ EMERGENZA RIFIUTI IN CAMPANIA
Indagine di controllo
approvata nell’adunanza del
28 settembre 2010
Magistrato istruttore Cons. Francesco UCCELLO (relatore)
Coordinamento amministrativo
ed analisi economico-finanziarie dott. ssa Concetta PORFIDO
Revisione contabile
ed attività di supporto Rag. Maria Rosaria CAROSELLA

2.1 Premessa
Le recenti vicende che hanno coinvolto l’interesse dell’opinione pubblica (non solo
locale) sulla gestione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani in Campania, non potevano esimere la Sezione regionale di controllo per la Campania dal
programmare un’indagine diretta ad approfondire il fenomeno (ormai ciclico)
dell’emergenza igienico-sanitaria ed ambientale in detto settore.
Con deliberazione n. 2/2008, adottata nell’adunanza del 17 gennaio 2008, si è
disposto l’avvio dell’istruttoria al fine di accertare la rispondenza dei risultati della
gestione agli obiettivi stabiliti dalla legge e di valutare costi, modi e tempi dell’azione
amministrativa, focalizzando l’attenzione sugli interventi di emergenza condotti nel
settore, sulle cause e sulle eventuali responsabilità della mancata attuazione degli
obiettivi di raccolta differenziata nonché sulle possibili soluzioni.
Con precedente referto, approvato con deliberazione n. 6/2002, la Sezione aveva
già denunciato la gravità del fenomeno, incentrando però l’indagine prevalentemente
sulla gestione del servizio da parte di un campione rappresentativo di venti Comuni
campani,1 selezionati in base alla posizione geografica, alla classe demografica, alla
vocazione che li caratterizza (area metropolitana, fascia costiera, fascia interna,
capoluoghi di provincia) nonché in base alla loro omogenea appartenenza alle cinque
province della Regione.2
La rilevanza della materia e la sua ancor viva attualità hanno suggerito, tuttavia,
di effettuare un esame aggiornato, orientando l’indagine verso profili istruttori che, pur
riproponendo talune problematiche recentemente affrontate, delineassero un più ampio
contesto di analisi in ordine soprattutto:
_ all’attuazione della normativa vigente e delle eventuali inadempienze da parte
di soggetti pubblici e privati;
_ alla congruità ed alla coerenza degli atti posti in essere dalla Pubblica
Amministrazione centrale e periferica;
_ alle modalità di gestione dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti da
parte dei già monitorati Enti locali e delle relative misure consequenziali adottate;
_ alle cause delle disfunzioni e degli aspetti di maggior criticità delle gestioni
sotto il profilo dell’efficacia ed efficienza nonché del rapporto costi-benefici per la
collettività;
_ alle soluzioni legislative e amministrative ritenute necessarie.
Per consentire un’adeguata conoscenza del fenomeno dell’emergenza rifiuti,
compatibilmente con l’esigenza delle Amministrazioni interessate di non essere
eccessivamente gravate da soverchie richieste istruttorie, si è ritenuto necessario definire
un orizzonte temporale almeno biennale, durante il quale sono stati acquisiti dati e nuovi
elementi di giudizio direttamente dalle principali Amministrazioni titolari di poteri
normativi, di indirizzo e coordinamento, nonché di funzioni gestorie ed operative.
Nella fase istruttoria sono state coinvolte, oltre alla struttura del Sottosegretario di
Stato per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania (avente sede nel territorio
regionale), l’Assessorato regionale alle politiche ambientali, le venti Amministrazioni
comunali oggetto di campionamento, i dieci Consorzi di Bacino operanti sul territorio
regionale nonché il CONAI. 3
L’esigenza di ampliare la base di raccolta dati ha richiesto, altresì, l’acquisizione,
dai rispettivi siti istituzionali, di tutti i documenti programmatici e di analisi su scala
regionale pubblicati nel corso del tempo sull’argomento. I dati e gli elementi informativi
trasmessi sono stati poi, a loro volta, analizzati e raffrontati (a fini di validazione) con
quelli desunti, a tutto il 2009, da altre fonti di informazione, per essere infine sottoposti
ad un esame comparato mediante l’utilizzo di opportuni indicatori di sintesi.4
In sede di contraddittorio con le Amministrazioni, l’invio dello schema di referto è
stato esteso anche ai Presidenti delle cinque Province campane, in ragione del loro
oggettivo coinvolgimento nei compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e
controllo dell'intero ciclo di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani sui rispettivi territori
provinciali. In detta sede, peraltro, una volta scaduti i termini per l’invio di osservazioni
e/o controdeduzioni, la Sezione si è trovata nell’impossibilità di acconsentire alla tardiva
richiesta avanzata dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
per le attività di coordinamento degli interventi di prevenzione in materia di protezione
civile, volta ad ottenere il differimento della conclusione dell’indagine “per un periodo non
inferiore a 60 giorni … stante la necessità e la intuibile difficoltà di reperire tutta la
documentazione amministrativa e contabile per il lungo periodo di interesse”.5 Invero,
l’invio in limine della richiesta di rinvio dell’Adunanza pubblica preliminare alla
deliberazione di approvazione dello schema di referto non ne ha permesso l’accoglimento
in considerazione, da un lato, dell’oggettiva impossibilità di comunicare tempestivamente
l’eventuale differimento ai numerosi soggetti istituzionali destinatari dell’ordinanza di
convocazione, dall’altro, in ragione della natura del richiesto differimento, funzionale ad
un’ancor più analitica ed esaustiva ricostruzione della documentazione d’interesse, la
quale non mancherà di essere oggetto della massima attenzione in occasione dei
successivi approfondimenti che la Sezione, data l’attualità del tema, intende dedicare
all’argomento.6
In merito ai contenuti della relazione, si evidenzia che la stessa, nell’intento di
rappresentare un quadro completo degli elementi ritenuti essenziali per un approccio
valutativo del fenomeno esaminato, espone un breve panorama della legislazione in
materia di rifiuti ed un dettagliato resoconto delle fasi salienti dell’emergenza in
Campania, seguiti da un’approfondita disamina dei modelli organizzativi e gestionali che
hanno caratterizzato il settore. L’analisi prosegue soffermandosi sui risultati della
gestione commissariale e sulla performance dei principali soggetti pubblici che hanno
operato nell’ampio arco temporale considerato dall’indagine. Il referto si conclude
documentando i costi e, più in generale, i riflessi economico-finanziari degli interventi
posti in essere per fronteggiare la crisi, non senza aver dato conto dei dubbi e delle
perplessità che le soluzioni prospettate dall’Amministrazione regionale sollevano in vista
di un definitivo superamento dell’emergenza.
Nell’intento di andare oltre la verifica della rispondenza dell’operato alla norma, si
è posta l’attenzione sul merito dell’azione amministrativa, con un approccio orientato alla
individuazione degli aspetti critici e, in linea con la finalità collaborativa del controllo sulla
gestione, alla risoluzione delle questioni nodali che, più di altre, occorre obiettivamente
affrontare.
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2.2 Considerazioni conclusive
Il lungo periodo di Commissariamento nel settore dei rifiuti in Campania è stato
contrassegnato da crisi acute e ricorrenti riconducibili ad una ragione di fondo: la
mancanza di un ciclo compiuto dei rifiuti per l’assenza di adeguati impianti di supporto.
I momenti più difficili sono stati determinati, soprattutto, dall’impossibilità di
stoccare (o smaltire in discarica) l’enorme quantitativo di materiale secco da incenerire
(“eco-balle”) e umido da stabilizzare (FORSU), selezionato dai 7 impianti di produzione di
CDR all’interno dei quali dev’essere conferita l’intera frazione regionale di rifiuti
indifferenziati in vista dell’avvio dei programmati impianti di termovalorizzazione.
Le aree di maggiore criticità ambientale hanno interessato, essenzialmente, il
Comune di Napoli e gran parte della conurbazione provinciale di Napoli nonché di alcune
zone limitrofe della Provincia di Caserta. Il resto delle municipalità sono state colpite in
modo marginale e riflesso, il che non ha impedito a queste ultime di raggiungere, in
talune articolazioni territoriali, discreti obiettivi sia in termini di raccolta differenziata che
di riduzione del conferimento in discarica.
Tra i fattori determinanti il persistere dell’emergenza sono da annoverare:
· gli insufficienti livelli di raccolta differenziata;
· il malfunzionamento e sovraccarico degli impianti di selezione;
· l’insufficienza degli impianti di compostaggio di qualità;
· i ritardi nella realizzazione del termovalorizzatore di Acerra;
· l’eccessivo frazionamento del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;
· la temporanea assenza di sufficienti volumi di discarica.
Alla base delle gravi emergenze (in termini di rischi per la salute e per l’ambiente)
determinate dalla gestione rifiuti, vi è una serie di omissioni ed inadempienze. Di questi,
le principali responsabilità sono da attribuire alle molteplici incertezze normative, ad una
carente programmazione (spesso aggravata da insufficiente coordinamento) nonché alla
incapacità di taluni amministratori di Comuni e Consorzi di Bacino di attivare
tempestivamente i fondi stanziati per la realizzazione di essenziali infrastrutture e di
ottemperare ad una corretta comunicazione con le popolazioni di riferimento, così da
mitigarne la naturale avversione e diffidenza verso ogni tipo di insediamento impiantistico
per quanto necessario e vantaggioso se correttamente gestito.
A tali lacune non sempre ha corrisposto l’azione sostitutiva delle Strutture
commissariali, necessaria soprattutto per utilizzare efficacemente i fondi stanziati ed
assicurare il normale svolgimento del ciclo dei rifiuti, specie nei casi di palesi incapacità
nell’organizzazione della raccolta differenziata o di omesso pagamento della tariffa
dovuta per il conferimento dei rifiuti agli impianti. Al contrario, il perdurante ricorso alla
gestione straordinaria ha comportato il radicamento delle Strutture commissariali, le
quali hanno assunto un ruolo “omnicomprensivo” di programmazione, attuazione e
gestione dell’intero ciclo dei rifiuti, con la graduale esternalizzazione delle funzioni e la
tendenza alla deresponsabilizzazione da parte dei livelli istituzionali ordinariamente
competenti in materia.136
Nel quadro delineato, la carenza di programmazione e di coordinamento in ordine
al modello di sviluppo della raccolta differenziata ed al relativo sistema impiantistico di
supporto rende incerta, da un lato, l’entità degli impegni economici e finanziari da
assumere in vista del raggiungimento degli obiettivi minimi di legge, dall’altro, la
soluzione operativa ottimale per concorrere efficacemente ad un assetto strutturalmente
stabile ed unitario del ciclo dei rifiuti.
Il modello gestionale che ne è derivato ha assunto carattere di perdurante
transitorietà, dove la raccolta differenziata, affidata provvisoriamente ai Consorzi di
Bacino in attesa del subentro delle prefigurate Autorità d’Ambito, ha continuato, per
lungo tempo, ad essere concepita come un elemento secondario e accessorio rispetto al
servizio di raccolta dei rifiuti urbani svolto dai singoli Comuni.
E’ il caso di sottolineare che, ancor’oggi, la Regione risulta priva sia di un
Programma operativo per la prevenzione e la riduzione dei rifiuti urbani sia dei Piani
industriali di organizzazione del servizio di raccolta domiciliare integrata, la cui
elaborazione non può che dipendere dall’adozione dei Piani provinciali d’ambito, con i
quali devono trovare applicazione i criteri di localizzazione e caratterizzazione delle aree
di dettaglio idonee alla individuazione e progettazione dei futuri impianti di gestione. Ai
detti Piani dovrebbero far seguito i Regolamenti provinciali per l’applicazione della tariffa
per la gestione dei rifiuti urbani nonché i “business plan” delle neocostituite Società
provinciali.
In assenza di dette pianificazioni non è, dunque, possibile definire l’assetto
operativo che si intende dare al sistema né garantire l’unitarietà degli interventi nel
rispetto delle variabili legate al contesto demografico, territoriale e socio-economico
suscettibili di influenzare il corretto dimensionamento del servizio integrato per ciascuna
tipologia di raccolta.137
In disparte le richiamate lacune programmatorie, il mancato decollo della raccolta
differenziata è da ricondurre, altresì, ad una strategia sino ad ora incentrata sulla filiera
del “recupero energetico” (vale a dire sulla impiantistica da CDR a supporto dei
termovalorizzatori) anziché sulla realizzazione di infrastrutture a sostegno della filiera del
“recupero di materia” (isole ecologiche, impianti di selezione e valorizzazione della
frazione secca, impianti di compostaggio e digestione anaerobica nonché di recupero di
rifiuti inerti).
Il sovradimensionamento degli impianti di CDR ed il sostegno economico legato
agli incentivi CIP 6/92,138 fungendo da catalizzatore di ingenti quantitativi di rifiuti
indifferenziati, ha costituito, infatti, un disincentivo alla implementazione della raccolta
differenziata, tant’è che con la progressiva crescita di quest’ultima e la contestuale
riduzione del fabbisogno di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani residui (RUR), è
emersa una significativa disponibilità degli impianti stessi, con la contestuale esigenza di
evitarne il sottoutilizzo attraverso il loro recupero funzionale e la riconversione ad altri usi
(STIR).
Ma il più serio limite del sistema campano è costituito, tuttavia, dalla insufficienza
di impianti di compostaggio e digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti
solidi urbani (FORSU). La situazione è tale che pur attivando tutti gli impianti esistenti e
quelli progettati ed in attesa di finanziamento, si potrebbe far fronte soltanto all’ 80% del
fabbisogno richiesto per supportare una raccolta differenziata di appena il 35%.
Sotto questi profili, la Campania figura come un’anomalia nel panorama delle
Regioni italiane, in quanto presenta la più alta percentuale di rifiuti sottoposti a
trattamento meccanico-biologico insieme a una delle più basse percentuali di
compostaggio dei rifiuti organici.
Nonostante gli ingenti sforzi profusi per superare l’emergenza e perseguire gli
obiettivi prioritari definiti in ambito comunitario, la Regione Campania risulta ancora priva
di una gestione “integrata” dei rifiuti, la quale si realizzerà solo quando le attività di
prevenzione e recupero saranno coordinate in maniera tale da conseguire un’effettiva e
sostanziale diminuzione dei volumi di rifiuti da smaltire in discarica. Tale opera di
prevenzione e recupero, che riveste carattere di priorità assoluta, è risultata, sinora,
inadeguata, dal momento che:
a) i rifiuti prodotti annualmente dalla Regione hanno continuato ad aumentare
almeno fino all’anno 2006;
b) la raccolta differenziata raggiunge ancora livelli assolutamente insufficienti;
c) lo smaltimento in discarica è ancora lontano dall’essere limitato ai soli rifiuti
inerti nonché ai residui delle sole operazioni di recupero e riciclaggio (come già previsto
dal Decreto “Ronchi”);
d) non risulta essere stato ancora raggiunto il pareggio tra la quantità di rifiuti
prodotti ed i quantitativi, a qualsiasi titolo, trattati e smaltiti in ambito regionale.
Se, dunque, le numerose incertezze legate alla complessità del ciclo di gestione
dei rifiuti ed alle relazioni di carattere logistico, procedurale, economico ed
amministrativo, hanno impedito, sinora, di approntare un ciclo integrale dei rifiuti capace
di assicurare il massimo recupero di materiali ed energia con il minimo smaltimento in
discarica, la decretazione della fine dello stato di emergenza, con il passaggio alla
gestione ordinaria, non può non essere occasione per un ripensamento in ordine alle
prospettive future.
In proposito, andrebbe valutata l’utilità di continuare ad accumulare (con i rischi
ormai ben noti) ingenti quantitativi di “eco-balle” in attesa della realizzazione dei
progettati impianti di termovalorizzazione di Salerno, Napoli e Santa Maria La Fossa (per
non considerare l’impianto aggiuntivo destinato all’incenerimento del cd. CDR
“mummificato”) a fronte della rinuncia, nel rigoroso rispetto della gerarchia europea delle
priorità, ai detti impianti di recupero energetico (risultando quello di Acerra, insieme alle
tre cementerie campane, ai gassificatori ed alle centrali termoelettriche già esistenti, più
che adeguato al fabbisogno stimato a regime), per riconvertire gli attuali impianti di
selezione e trattamento della frazione indifferenziata in funzione di un più efficace
sostegno alla raccolta differenziata (come previsto, d’altronde, dalla originaria stesura
dell’art. 6, comma 2, del D.L. n. 90/2008) concentrando tutte le risorse disponibili per la
più efficiente ed economica indicata modalità di recupero.
Né sarebbe inutile riconsiderare se la scala ottimale per il trattamento dei residui
urbani sia costituita effettivamente da impianti di grandi dimensioni, capaci di accogliere
rifiuti provenienti da vasti bacini di utenza, o non piuttosto rivolgere gli sforzi per
approntare una fitta rete infrastrutturale di impianti (cd. poli territoriali di gestione
impiantistica), a basso impatto ambientale, da realizzare in prossimità dei luoghi di
produzione, così da limitare i costi di trasporto, contenere i rischi ambientali connessi alla
movimentazione dei rifiuti e responsabilizzare le comunità locali affinché si facciano
carico degli effetti ambientali e sociali prodotti dalle rispettive attività di gestione.
A tale riguardo, la prima opzione, da perseguirsi facendo leva sui principi della
integrazione funzionale e della compensazione solidale tra ambiti diversi, richiede una
direzione strategica unitaria e non frammentaria, un forte coordinamento delle diverse
fasi di gestione, procedure operative omogenee e tempi di esecuzione ben sincronizzati,
al fine di evitare dinamiche distorsive capaci di catalizzare interessi locali inconciliabili con
una gestione del ciclo dei rifiuti efficiente ed economica e potenzialmente suscettibili di
confliggere con i principi comunitari dell’autosufficienza di bacino e della prossimità nello
smaltimento dei rifiuti urbani.
Un ulteriore profilo attiene alla tenuta economico-finanziaria del sistema nel suo
insieme, giacché la pesante eredità lasciata dall’emergenza (costituita non solo da una
massa debitoria di oltre 2 miliardi di euro e da una condanna, a livello comunitario, che
rischia di tradursi in pesanti sanzioni economiche, ma anche da una lunga serie di costi
aggiuntivi e di rendite di posizione non più giustificabili) grava sulla praticabilità operativa
di talune soluzioni prefigurate ed impone, specie se verranno meno alcuni finanziamenti
statali sinora assicurati, la ricerca di alternative economicamente più sostenibili.
Sotto questo profilo, una essenziale funzione calmieratrice e perequativa può
essere rivolta a strumenti di fiscalità ambientale e locale e, in particolare, alla tariffa di
conferimento dei rifiuti, la quale assumerebbe connotazioni più consone alla originaria
funzione remunerativa dei soli costi di investimento e di esercizio degli impianti.
Con l’apposito Regolamento per la applicazione delle tariffe, previsto dall’art. 20
della L.R. n. 4/2007, le Province potrebbero, poi, individuare i costi relativi alle
componenti essenziali del costo di gestione dei servizi ed ancorarli a standard obbligatori
di qualità e quantità, così da ridurre il contenzioso e realizzare un significativo
contenimento della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani di cui all’art. 238 del Codice
ambientale (D.Lgs. n. 152/2006).
In quella sede non sarebbero da escludere nuove misure compensative, diverse da
quelle previste dall’art. 29 della L.R. n. 4/2007, finalizzate al ristoro del disagio
ambientale sofferto dai residenti di Comuni sede di impianti di recupero e/o smaltimento
(tra queste andrebbero incentivate, accanto a forme compensative di risparmio tariffario,
misure di intervento volte a migliorare la qualità ambientale del territorio e la qualità di
vita dei cittadini).
Adeguate misure premiali, da attuare secondo il principio del contenimento della
tassa sui rifiuti, andrebbero assicurate, infine, anche alle utenze capaci di raggiungere
target di conferimento differenziato predeterminati. Tali incentivi sarebbero tanto più
necessari in un momento in cui la programmazione regionale per il 2010 ha richiesto, ai
Comuni delle diverse Province campane, sforzi non uniformi per raggiungere l’obiettivo
del 35% di raccolta differenziata, incidendo maggiormente su quelle realtà socioeconomiche
(come ad es. la Provincia di Salerno, per la quale è fissato un target del
50%) che più di altre hanno assicurato elevati standard di differenziazione e che ora
risultano penalizzate rispetto a Province (come quelle di Caserta e Napoli, i cui target
sono fissati solo al 30%) che da tempo incontrano maggiori difficoltà anche solo ad
avvicinarsi agli obiettivi stabiliti.
Al fine di definire i costi standard su cui basare le modalità di determinazione della
tariffa unitaria di trattamento e smaltimento, alle Società provinciali andrebbero
progressivamente affidate (così come originariamente previsto anche per i Consorzi di
Bacino) sia le attività di tritovagliatura dei rifiuti sia le attività di gestione degli impianti di
stabilizzazione della frazione organica sia le discariche per lo smaltimento degli scarti di
lavorazione (FOS e sovvalli), così da porle in grado di determinare il costo complessivo
del conferimento dei rifiuti. Il contestuale affidamento del servizio di raccolta e trasporto
consentirebbe, altresì, di definire i costi di gestione dell’intero ciclo dei rifiuti e
conseguire, in tal modo, ulteriori significative economie.140
Una volta superate le difficoltà attuative incontrate in questi anni nel computo
della tariffa con riferimento, quantomeno, all’ammontare della parte commisurata ai costi
di gestione, occorrerebbe assicurare, riguardo alla quota rapportata alle quantità di rifiuti
conferiti da ciascun utente, sistemi di pesatura non più virtuali ed assolutamente
approssimativi come quelli attualmente in uso (metodi cd. “a vista” o “in percentuale”),
ma metodologie di rilevazione “effettiva” secondo le più diffuse tecnologie impiegate per
identificare i contenitori di raccolta e quantificare i rifiuti conferiti.141
Al fine di contenere al massimo i costi di gestione, si può coniugare efficacia ed
economicità facendo leva sul livello di sensibilizzazione ed educazione ambientale
raggiunto dalle utenze domestiche e commerciali per intercettare frazioni sempre
maggiori di rifiuti differenziati, così da ottimizzare il personale assegnato alle Società
provinciali ed evitare di sovradimensionare il numero di addetti al settore con l’impiego di
risorse ultronee attualmente in dotazione ai Comuni e ad altre imprese private
appaltatrici.
Superando la penalizzante frammentazione operativa del settore (attualmente
organizzato in un gran numero di imprese private di raccolta e trasporto operanti su scala
pressoché comunale), verrebbero favorite, altresì, le condizioni per un più razionale
utilizzo, all’interno del medesimo ambito territoriale, di mezzi, attrezzature e risorse
umane in funzione dell’introduzione di tipologie di servizio sempre più diversificate e
flessibili. Naturalmente, le valutazioni che precedono hanno lo scopo di offrire spunti di
riflessione per la soluzione dei problemi che, per la loro gravità e complessità, richiedono
la più ampia ponderazione di interessi ma anche l’impiego di competenze tecniche e
gestionali qualificate, capaci di orientare e regolare l’Amministrazione in funzione del
miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico perseguito.


 

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