giovedì 20 gennaio 2011

Notizie Federali della Sera: cchiu’ pilu pe tutti, giovedi’ 20 gennaio 2011

Sezione Cetto Laqualunque:
1. Il Nord Est rialza la testa.
2. Basilicata. Vito De Filippo e la green energetic valley.
3. Quei poveri italiani fotografati dall’Istat.
4. Molise. Tradizioni e identità: La Grotta di Zia Concetta a Campobasso.
5. Campania. Grande vittoria di Coldiretti: approvata la legge del salva Made in Italy.

Sezione Basilicata, inquinamento e monnezza:
6. Basilicata. Sila Greca, il dissociatore molecolare non è altro che un inceneritore che produce micro inquinanti!
7. Basilicata. Nuovo inquinamento per il Torrente Gravina.
8. Basilicata. Rifiuti zero, Paul Connet a Matera.

Sezione qualunquemente la verita’:
9. Milano. L'Italia perdonera' Silvio.
10. Milano. Il Partito du pilu? Può arrivare al 9 %.


1. Il Nord Est rialza la testa. di Franco Vergnano. Da Cogollo del Cengio, in provincia di Vicenza, le Costruzioni meccaniche Scortegagna Srl, «sono riuscite a sopravvivere mentre altri hanno gettato la spugna». Il segreto del mio successo, per dirla tra il romanzato e l'holliwoodiano di Michael J. Fox, è stata la «capacità di passare dalle semplici macchine (segatrici a nastro per barre) all'integrazione verticale producendo un sistema in grado di trattare l'intero processo, dalla materia prima fino alla logistica finale dei pezzi semilavorati», racconta l'imprenditore dell'Ucimu Mariano Scortegagna che racchiude in se almeno tre ruoli: «Owner, managing director and sales manager». Da Treviso, un caposaldo del Nord-Est che ancora una volta sta guidando la riscossa del made in Italy, il leader degli industriali, insiste sull'internazionalizzazione. «La nostra zona è un "sistema aperto" – racconta Alessandro Vardanega – caratterizzato da un'industria avanzata. Proprio per questo in passato abbiamo risentito di più della crisi, ma ora ne stiamo uscendo per primi con la ripresa nei mercati extra Ue. Il tutto è pure l'esito di un significativo processo di internazionalizzazione verso le nuove economie avviato già prima della crisi anche dalle Pmi. Abbiamo concentrato l'attività su poche aree (Paesi Mena, cioè Medio oriente e Nordafrica, Far East, Brasile) e invitato le imprese ad ampliare i contatti mondiali. Riteniamo strategico aumentare il numero di aziende capaci di produrre e “pensare” fuori dell'Italia. Decisivo pure che le altre componenti del territorio apprendano a pensare e operare in una dimensione internazionale». Due testimonianze, tra le tante possibili, che dimostrano come il Nord-Est stia rialzando la testa grazie alle capacità degli «animal spirit» nordestini di reinventarsi. Non per niente ai primi posti tra le aree che hanno saputo agganciare la ripresa c'è il Nord-Est e il centro, mentre in coda c'è l'intero Sud. È quindi a macchia di leopardo la competitività del made in Italy. L'analisi vale non solo per i settori e per i distretti, ma anche per le aree regionali. I deboli segnali di ripresa risultano intercettati in maniera diversa. «E questo – come racconta Zeno Rotondi, responsabile dell'ufficio studi Italia di UniCredit – oltre ai motivi storici della nostra industrializzazione, è dovuto al combinato disposto di due fenomeni. Il primo è che il Sud esporta meno, in percentuale del Pil, rispetto alle altre regioni. Ma l'aspetto ancora più importante è rappresentato dal fatto che il nostro Mezzogiorno non riesce a riannodare i fili delle proprie vendite con i paesi che crescono più velocemente di quelli europei». In sostanza, come mette appunto in evidenza l'osservatorio UniCredit sulle economie regionali, l'innovazione, la diversificazione settoriale e l'aggancio con i nuovi mercati sono le carte vincenti per ricominciare a crescere, dal momento che il recupero della domanda internazionale sembra ridar fiato alle imprese più attente e sensibili ai bisogni dei consumatori. La classifica regionale UniCredit (pubblicata a fianco), vede il Nord-Est e il Centro come aree in cui la ripresa è solida. Il Nord Ovest presenta segnali di frenata, mentre il Sud non aggancia la congiuntura. In particolare, Veneto, Toscana e Lombardia trainano l'attività economica. Al Nord si distinguono anche Trentino Alto Adige (al terzo posto) e l'Emilia Romagna, in settima posizione.  20 gennaio 2011
2. Basilicata. Vito De Filippo e la “green energetic valley”. 8 gennaio 2011. L’energia è sempre più il fattore chiave dello sviluppo, tanto in termini di disponibilità energetica che di costi, ma bisogna evitare che in questa fase di passaggio tra una società industriale inconsapevole dell’impronta ecologica lasciata e un nuovo sistema produttivo più evoluto, una terra ancora priva di grandi effetti negativi quale la Basilicata è possa incanalarsi su modelli sbagliati e obsoleti. Bisogna saper convivere con realtà e tecnologie ancora utilizzate, ma proiettarsi già con lo sguardo al futuro”. E’ il pensiero espresso dal presidente della Regione Basilicata Vito De Filippo intervenendo a un convegno su “Energia e sviluppo sostenibile” organizzato dal Pd a Ferrandina.
“Proprio per questo – ha detto De Filippo – noi puntiamo proprio allo sviluppo dell’industria energetica puntando ad avvicinarci all’impatto zero sull’ambiente, contrapponendo un modello di ‘green energetic valley’ a chi, anche nel nostro Paese, insegue modelli ancora basati sulle energie fossili o, addirittura, su una tecnologia nucleare che, per di più sta per diventare obsoleta. Noi, invece, in Basilicata vogliamo non solo produrre energia verde, ma realizzare una vera e propria filiera dell’energia pulita. E se la disponibilità di energia sarà in vero volando di sviluppo, in Basilicata gli effetti saranno consequenziali e l’essere fornitori di tecnologia anche per altri territori ci darà una marcia in più verso uno sviluppo duraturo e sostenibile”.
3. Quei poveri italiani fotografati dall’Istat. Pubblicata su Terra - Quotidiano di informazione pulita (http://www.terranews.it). Creata il 20/01/2011 - 09:30.. ANALISI. Nel rapporto “Noi Italia” la brutta carta d’identità del nostro Paese. Un decimo delle famiglie ha poco denaro, un giovane su cinque non studia né lavora, Meridione sempre più disastrato.
L’attuale triste immagine dell’Italia, determinata dalle note vicende sessuali del nostro premier, ha suscitato una fulminante reazione anche da parte del Financial Times (che non ci ha mai voluto bene): «Gli italiani? Meritano di più». Sottintendendo una serie di ambiti: amor proprio, cultura, qualità della vita, giustizia economica e sociale. Insomma, anche per gli arcigni inglesi, il nostro Paese non si esaurisce in un sultano nel suo harem, ma è una galassia di esistenze che lo determinano, cambiano e si danno da fare ogni giorno per migliorare la propria condizione. Chi siamo, dunque? A rispondere, come sovente accade, è l’Istituto nazionale di statistica, che ha scattato una nuova e aggiornata fotografia onnicomprensiva del sistema Paese. Ed è una fotografia, neanche a dirlo, brutta. Lo stivale è affollato, per ogni due giovani ci sono 3 anziani. E tra di noi uno su dieci è povero.
L’occasione è la pubblicazione del rapporto dell’Istat “Noi Italia - 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”, quadro d’insieme dei diversi aspetti economici, sociali, demografici e ambientali della nazione, della sua collocazione nel contesto europeo e delle differenze regionali che lo caratterizzano. La sintesi è data da una serie di indicatori, aggiornati e puntuali, che spaziano in 19 settori, dall’economia alla cultura, al mercato del lavoro, alle condizioni economiche delle famiglie, alle infrastrutture, alla finanza pubblica, all’ambiente, alle tecnologie e all’innovazione. I dati, riferiti al 2009, hanno come highlights in questa edizione la disastrata situazione monetaria di noi cittadini. Agghiaccia la notizia che le famiglie italiane in condizioni di povertà relativa sono ormai il 10,8 per cento di quelle residenti, pari al 13,1 per cento della popolazione, per un totale di 7,8 milioni di individui poveri.
Va da sé che il dato sulla povertà assoluta non è meno preoccupante, coinvolgendo il 4,7 per cento delle famiglie, cioè 3,1 milioni di individui. A livello locale, i paragoni tra regioni mettono in luce che la distribuzione più diseguale si registra in Sicilia, Campania, Lazio e Molise, e come, nell’Italia meridionale ed insulare, i valori risultano più che doppi rispetto alla media nazionale. Performance misera direttamente associata alla composizione dei nuclei familiari, essendo la povertà un indicatore significativo per la valutazione dell’esclusione sociale. E in Italia, ad esempio, ciò significa: alta presenza di componenti anziani, bassi livelli di istruzione, lavori scarsamente qualificati e disoccupazione. Da qui, un’altra serie di notizie, peraltro purtroppo già note, presenti nel dossier “Noi Italia”: siamo primi in Europa per numero di ragazzi dai 15 ai 30 anni che abbandonano gli studi e non lavorano; il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è pari al 25,4 per cento, in aumento di oltre quattro punti rispetto al 2008 e superiore a quello della media europea che si ferma al 19,8; nel Sud un lavoratore su cinque è irregolare; nel nostro Paese al primo gennaio 2010 ci sono 144 anziani ogni 100 giovani.
Un’altra significativa dimensione da osservare sono le condizioni di salute della popolazione e la qualità del nostro sistema sanitario, che, con 110 miliardi (il 7,3 per cento del Pil) è di molto inferiore rispetto ad altri importanti Paesi europei, come Francia e Germania. Da sottolineare come tumori e malattie cardiocircolatorie siano le principali cause di ricovero, mentre tra i maggiori fattori di rischio figurano fumo, alcol e obesità. Solo un italiano su tre, infine, pratica attività sportiva. Sul fronte immigrazione, sono 4,2 milioni gli stranieri iscritti nelle nostre anagrafi: il 7 per cento della popolazione residente, il triplo rispetto ai livelli di dieci anni fa. Infine, qualche dato ambientale: ricicliamo circa un terzo dei rifiuti raccolti, emettiamo il 4,7 per cento in più di gas serra, il 38 per cento delle famiglie segnala problemi di inquinamento e le aree verdi sono aumentate soltanto di 2,8 punti percentuali. A ognuno la propria collocazione in questa sgualcita carta d’identità.
4. Molise. Tradizioni e identità: La Grotta di Zia Concetta a Campobasso. Dall’antica vineria a una trattoria ruspante, tutta a base di materie prime di qualità eccelsa, nel suggestivo borgo del capoluogo di Regione. Il commendatore Salvino Salvaggio, maestro di profumi e sapori, ci guida in un nuovo viaggio appetitoso fra i luoghi del buon vivere molisano. di Salvino Salvaggio. Nel 1953, allorche’ l’Italia settentrionale si rimetteva progressivamente dalle profonde ferite del secondo conflitto mondiale, il Meridione faceva ancora i conti non solo con la ricostruzione, ma anche con la scarsita’ endemica di risorse, e addirittura la miseria di non poche realta’ locali, che complicava ulteriormente il risanamento del paese. L’area di Campobasso non fece eccezione a questo quadro amaro che impose giornate difficili alla sua popolazione. E’ proprio in quei tempi duri che Pasquale Gianfelice apri’ una cantina dove distrubuiva vini locali. Per circa 20 anni, l’attivita’ ando’ avanti senza cambiamenti di rilievo, tra una vendemmia e l’altra, proponendo agli avventori vini molisani e dei dintorni.  Prima meta’ degi anni settanta, la cantina fu trasformata in una osteria tradizionale che possiamo, oggi ancora, apprezzare. Nasceva cosi’ la Grotta di Zia Concetta, uno degli indirizzi piu’ saldamente stabiliti della cucina tipica locale.
Capoluogo della omonima Provincia, capoluogo della Regione Molise e sede arcivescovile metropolitana dell’Arcidiocesi di Campobasso-Bojano, la citta’ di Campobasso cumula oggi i ruoli ufficiali ed istituzionali. Sembra quasi che la citta’ volesse a tutti i costi riallacciare il suo presente con le gloriose origini longobarde, quando fu creata, attorno al settimo o ottavo secolo, come un’importante campo fortificato sulle rovine di un vecchio insediamento sannita di guardia che sovrastava la vallata e permetteva di avvistare ogni movimento sospetto sulle strade e sentieri circostanti. Con la successiva invasione normanna, verso il 1050-1100, la citta’ inizio’ a subire una lenta ma inesorabile erosione della propria centralita’ strategica. Se dal dodicesimo secolo in avanti, Campobasso scadde al rango di postazione militare marginale nel Regno di Sicilia, divenne pero’ progressivamente conosciuta e reputata per la lavorazione e produzione delle lame, lame ad uso guerriero come spade e sciabole, ma anche e sopratutto lame ad uso civile, ovvero prevalentemente forbici, coltelli e vari ferri da taglio. Questa attivita’ economica raggiunse livelli di qualita’ tali che gli artigiani di Campobasso furono considerati tra i migliori d’Europa per gran parte del medioevo, e l’industria ne rimase fiorente per diversi secoli.
Di pari passo con lo sviluppo del settore delle lame, il medioevo campobassano ha vissuto anche un periodo di diversificazione delle attivita’ economiche. Cosi’ Campobasso si affermo’ sin dal 1200 come citta’ di commercio e centro amministrativo.
Il borgo medievale di Campobasso, che si estende attorno al Castello Monforte edificato nel 1459 su una struttura preesistente di origine normanna o addirittura longobarda, mantiene viva la memoria storica di quell’epoca della citta’. Addossate alle vecchie mura perimetrali, si possono ancora intuire le prime case costruite al di fuori del borgo nel 1400 quando fu necessario ampliare il centro abitato in seguito al fiorire dell’attivita’ economica che, di conseguenza, accresceva l’importanza della citta’. Il rapido ampliamento della citta’ al di fuori delle mura alla fine del 1400, e sopratutto nel 1500, testimonia della vivacita’ degli scambi commerciali, e la ridefinizione degli spazi urbani ha ulteriormente facilitato lo sviluppo dell’artigianato.
Ma la struttura sociale di matrice feodale, che ha consentito e sostenuto lo sviluppo economico di Campobasso tra il 1200 e fine 1600, viene percepita nel Settecento come un freno che impedisce alla citta’ di crescere ancora. La popolazione di Campobasso deve fare i conti con numerose sommosse, ed e’ solo a meta’ Settecento che i campobassani riscattano il feudo. Ai primi dell’Ottocento, Campobasso diventa capoluogo della Provincia di Molise e Campobasso; cosi’, oltre all’espansione delle attivita’ di negozio, la citta’ vede insediarsi uffici ed amministrazioni varie che ne aumentano il peso in quella fase storica napoleonica. Sin da quell’epoca, la citta’ conobbe un progressivo allargamento territoriale e demografico, con un ultima notevole spinta quando, nel 1963, fu creata la Regione Molise, indipendente dall’Abbruzzo.
Da questa breve presentazione storica si puo’ facilmente notare che sono stati tre gli assi portanti della crescita della citta’ nei secoli, l’artigianato, il commercio e l’amministrazione pubblica. Si potrebbe anche aggiungere un quarto pilastro, di minore importanza in questo caso, ovvero la presenza abbastanza continuativa di una guarnigione militare. Il tutto, pero’, guidato da un paradigma economico che, negli ultimi due – tre secoli, si e’ contraddistinto per il suo carente dinamismo e scarsa redditivita’, sfocciata addirittura in una forma deleteria di endemica miseria regionale. Ebbene, in Europa esiste una incredibile costante nella storia gastronomica : gran parte delle cittadine di provincia in cui il destino della popolazione si e’ intrecciato con artigianato, commercio, amministrazione e scarse risorse hanno sviluppato nel tempo una forte tradizione di ristorazione imperniata su osterie e ‘mense’ volte a sostentare in modo rapido, efficiente e semplice coorte di impiegati, negozianti e militari che avevano poco tempo da perdere e, sopratutto, poco denaro da spendere. In poche parole, questo contesto storico ha spesso portato ad un fiorire di bettole, cantine, pizzicherie per assumere velocemente cibo semplice e piatti locali, preparazioni essenziali e popolari, a costo molto contenuto.
La Grotta di Zia Concetta si colloca indubbiamente in questo filone di osterie urbane, ruspanti ma di ottima qualita’, che fanno dell’efficienza un forte credo. La cucina proposta e’ rustica, tradizionale, tipicamente contadina, ma attenta ad usare solo prodotti genuini, semplici e di eccelsa qualita’ di base. Sono due le salette dell’osteria, contigue e dai muri di pietre, che creano una atmosfera tipicamente paesana nel centro di Campobasso.  Nonostante il menu’ dell’osteria vari in funzione delle stagioni e delle disponibilita’ quotidiane di ingredienti freschi, tutti i piatti rispecchiano sempre la filosofia della casa che punta a un approccio di tradizione e ben definisce l’identita’ culinaria del locale. Il menu’, in quanto tale, non esiste; sono disponibili piatti del giorno, antipasti, qualche primo, qualche secondo.  I primi invernali piu’ gettonati sono indubbiamente la pizza e minestra, la zuppa di lenticchie con pane arrosto oppure le tagliatelle con sugo di carni. Dei tre, la pizza e minestra rappresenta il piatto piu’ tipicamente locale e, forse, il meno conosciuto da chi viene da fuori. Si tratta di una pizza di farina di granturco, ovvero una specie di polenta impastata dura, cotta in forno, poi spezzettata e aggiunta ad una minestra di verdura, tipicamente verdure campestre o rapi. Piatto rustico, forte, ma dai sapori delicati delle verdure bollite. La minestra di lenticchie invece e’ una classica zuppa senza aromi. Le lenticchie vengono cotte in acqua ; a cottura completata vanno poi aggiunti origano, olio e acqua di pomodoro. Questi primi emanano un aroma campestre di spessore, appetitoso ma senza pesantezza. L’olio di oliva extra vergine della zona completa molto armoniosamente la preparazione, aggiungendo variazioni fruttare agli aromi tipici dei legumi o delle verdure. I primi riescono ad esprimere con semplicita’ una cosi’ prorompente bonta’ che li si lascia malvolentieri per passare a secondi che meritano altrettanto. Fegato di maiale arrosto all’alloro, pollo ruspante in padella al vino bianco, salsiccie molisane tipiche di carne o di fegato, scamorza arrosta con prosciutto, agnello alla brace o trancio di melanzana fritta con provola affumicata.
Per questi primi e secondi, il rosso della casa, un Aglianica molisano, incontra felicemente tutte le aspettative, sostenendo gli aromi ma bilanciando i sapori troppo forti. Piu’ che i dolci della casa, comunque freschi e divini, suggerisco di finire su un’ultima nota di autenticita’ contadina, con delle mandorle atterrate, ovvero ricoperte di zucchero, accompagnate di passito Apianae, moscato del Molise della cantina Di Maio Norante. Dolce semplice, di tradizione, che, consumato con moderazione, offre un tocco suave ad un pranzo tradizionale di stupendo pregio. Cucina tipicamente locale, qualita’ senza concessioni, atmosfera piacevole, servizio efficiente e garbato, prezzi contenutissimi caratterizzano una osteria tradizionale che ha saputo dare molto alla promozione dei sapori rustici del territorio molisano.
Trattoria La Grotta di Zia Concetta, Via Larino 7, 86100 Campobasso, Tel: 0874 311378, Chiusura settimanale: sabato e domenica. Fascia di prezzi: bassa (circa 20 EUR a testa, senza vini).
5. Campania. Grande vittoria di Coldiretti: approvata la legge del "salva Made in Italy". Questa legge  è una vittoria dell’Italia intera perchè il nostro Paese ha dimostrato di essere leader in Europa in tema di sicurezza alimentare  avendo avuto il coraggio di legiferare  laddove invece l’Europa, ancora troppo distante dai cittadini, ha trovato sempre il modo di  impantanarsi perpetuando di fatto  gli interessi  delle lobby degli affari. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel commentare l’approvazione definitiva della legge salva Made in Italy sull’obbligo di indicare la provenienza degli alimenti in etichetta che la maggiore organizzazione agricola italiana ed europea ha festeggiato con un migliaio di agricoltori in piazza Montecitorio insieme ai parlamentari di maggioranza ed opposizione e ai rappresentanti delle Istituzioni a partire dal Ministro del Politiche Agricole Giancarlo Galan e dai presidenti della Commissione Agricoltura della Camera Paolo Russo e del Senato Paolo Scarpa Bonazza.
Con l’approvazione della legge “Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari” da parte della Commissione Agricoltura della Camera si conclude un iter che ha visto oltre dieci anni di impegno della Coldiretti assieme alle associazioni dei consumatori per assicurare la trasparenza di quanto si porta in tavola -  affermano con soddisfazione il presidente Gennarino Masiello e il direttore Prisco Sorbo della Coldiretti della Campania in occasione della seduta della Commissione agricoltura della Camera per l’approvazione definitiva della legge salva Made in Italy.
L’approvazione delle norme che prevedono l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti, è un importante passo in avanti per impedire di “spacciare” come Made in Italy il prodotto proveniente dall’estero – sottolineano Masiello e Sorbo.
Questa legge è una vittoria per i cittadini e per i consumatori che  potranno finalmente sapere da dove viene ciò che mangiano e scegliere italiano, perche l’agricoltura italiana e  il cibo vero italiano sono i più controllatati, i più sicuri e i più apprezzati al mondo. E’ una vittoria  per le nostre  imprese agricole che - afferma la Coldiretti campana - potranno far riconoscere il valore del proprio lavoro e della propria qualità e contrastare la concorrenza sleale di chi vende per italiano ciò che di italiano non ha neppure l’incarto. E’ una vittoria per la filiera agricola italiana, ma anche per le industrie e la distribuzione italiana che vorranno valorizzare il vero made in Italy quale  leva competitiva esclusiva per fronteggiare  i mercati interni ed internazionali. Il costo stimato, pagato dagli italiani per acquistare inconsapevolmente prodotti “taroccati” è di 4,2 miliardi. In particolare in Campania vengono importate 161.215 tonnellate di pomodori preparati o conservati di cui: il 52,9 per cento proviene dalla Cina, destinate per il 98,6 per cento del totale alla sola provincia di Salerno, patria del mitico San Marzano.  Dalle navi  sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso con concentrato che prima della legge  poteva essere rilavorato e confezionato come italiano poiché nei contenitori al dettaglio era obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro.
Il 97 per cento degli italiani considera necessario che debba essere sempre indicato in etichetta il luogo di origine della componente agricola contenuta negli alimenti. Fino ad oggi sugli scaffali due prosciutti su tre provenivano da maiali allevati all’estero, tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia erano stranieri mentre la metà delle mozzarelle erano fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero senza una adeguata informazione – rileva Coldiretti Campania. Negli ultimi anni con la mobilitazione a favore della trasparenza dell'informazione, Coldiretti è riuscita a ottenere l'obbligo di indicare la provenienza per carne bovina, ortofrutta fresca, uova, miele latte fresco, pollo, passata di pomodoro, extravergine di oliva ed ora esce finalmente dall’anonimato l’etichetta anche per circa la metà della spesa, dai formaggi ai salumi, dalla pasta ai succhi di frutta.
Per risollevare le sorti del comparto è stato assolutamente essenziale intervenire in modo urgente e incisivo. Tra le priorità sollevate da Coldiretti è emersa forte  la necessità di un intervento a sostegno della messa a regime di vincoli di etichettatura in grado di tutelare, valorizzare e permettere di distinguere l’origine dei prodotti italiani. Coldiretti ha preteso  l’obbligo di tracciabilità delle produzioni agricole quale insindacabile criterio di tutela per i nostri produttori e per i consumatori, anche nella prospettiva di contribuire alla tanto auspicata forza propulsiva capace di portare il settore del nostro Paese fuori dalla crisi.
6. Basilicata. Sila Greca, il dissociatore molecolare non è altro che un inceneritore che produce micro inquinanti! 10 gennaio 2011. Si comincia a parlare di un nuovo piano dei rifiuti, e anche gli amministratori cominciano ad uscire dal torpore nella materia , sotto la mannaia dell’emergenza di un commissario che sta devastando la Calabria. L’associazione amici del WWF Sila Greca, dalle notizie di stampa, apprende con piacere la volontà di autonoma gestione dei rifiuti del comprensorio Alto jonio. E’ un passo avanti importante: basta emergenza, chi produce i rifiuti impari a gestirseli da sé.  Le proposte che abbiamo letto riguarderebbero o un nuovo piano dei rifiuti predisposto dalla scuola del Parco Agrario di Monza, oppure  la proposta di un impianto di “dissociazione molecolare”. Noi siamo favorevoli alla prima soluzione.
Il dissociatore molecolare non è altro che un bruciatore , un impianto di incenerimento che funziona nella quasi assenza di ossigeno,sfruttando il processo cosiddetto di “pirolisi”,ma da cui si differenzia solo per la presenza di poco ossigeno. L’impianto permette di recuperare fino al 70°% in termini di energia, quasi come la raccolta differenziata e il riciclaggio, ma è un inceneritore a tutti gli effetti  di legge che produce una quantità minore si sostanze inquinanti, rispetto ad un inceneritore classico come quello di Gioia Tauro.  A Rossano  un impianto simile già esiste da alcuni anni e riempie i cieli di cattivi odori e soprattutto di microinquinanti, denunciati anche in un rapporto dell’Enel. Siamo contrari a questa soluzione che, pur presentando aspetti innovativi, non dà sufficienti garanzie , non riduce la produzione di  rifiuti, ma anzi la alimenta, perché per bruciare c’è bisogno di sempre più rifiuti e, complessivamente produce danni all’ambiente,  NON li elimina. Inoltre, secondo gli studi scientifici più recenti, non ci sono sufficienti garanzie di corretta e adeguata gestione, che richiede molto elevata professionalità e ci sono ancora margini di dubbio per la sicurezza.  Siamo invece favorevolissimi ad un piano di rifiuti secondo i principi della raccolta differenziata, del riciclaggio e, in primo luogo della diminuzione dei rifiuti. Diminuire i rifiuti significa eliminare ovunque sia possibile gli inutili imballaggi, consumare quello che è effettivamente necessario a tutta la società , evitare gli sprechi e la produzione di rifiuti inutili. Comincino i comuni  a limitare le continue pubblicità dei volantini commerciali e cominciamo noi cittadini  a comprare solo i prodotti senza imballaggio.  Raccogliere i rifiuti col metodo  del porta a porta eliminando i cassonetti stradali, riusare tutto quello che si può e  Riciclare . Cosa serve alla nostra zona? Lo abbiamo già scritto. Da noi, che è zona di vocazione agricola d’eccellenza, serve un impianto che faccia concime agricolo, cioè un impianto che lavori gli scarti alimentari di elevata qualità , cioè ben separati da plastica, vetro e ferro e metalli, e trasformati naturalmente in concime per i nostri terreni. Questo aiuterebbe tutte le zone dove il terreno è stato sfruttato intensamente, ridando nuova vita , migliorerebbe la qualità delle clementine e delle pesche e si eliminerebbero molti concimi chimici e diserbanti. Un terreno ben concimato produce piante più resistenti agli attacchi degli insetti.  Nei comuni  di montagna o più internati, si può fare il concime per i terreni utilizzando gli scarti da parte dei produttori agricoli e dei cittadini anche a livello comunale. Inoltre nella nostra zona ci sono già alcune aziende dedite al riciclaggio della plastica e di altri materiali, che possono essere aiutate con opportune convenzioni che le aiutino a crescere e a  diversificare la produzione, sempre allo scopo di ricavare prodotti utili all’agricoltura o alla società. Siamo disponibili ad offrire i nostri suggerimenti per adattare al nostro territorio un buon piano dei rifiuti. [Comunicato stampa di: Amici del WWF - Sila Greca]
7. Basilicata. Nuovo inquinamento per il Torrente Gravina. 10 gennaio 2011. Riavviare un tavolo istituzionale per smuovere le acque torbide dei torrenti Jesce e Gravina, per capire se potranno mai tornare ad essere chiare e vive, in misura almeno accettabile, ovvero come quando Matera era definita “vergogna nazionale”. Lo chiede, in una nota indirizzata agli assessori comunali all’Ambiente, Falcone, ed al Turismo e alla Cultura, Bergantino, il presidente dell’associazione “Trekking Falco Naumanni”, Cosimo Buono, nel tentativo di riaprire un dibattito su un problema ormai troppo vecchio, ma sul quale non si è mai intervenuti. Le responsabilità, tra l’altro, sono altrettanto note: le acque scure e schiumose provengono dalla Puglia, da cui lo Jesce affluisce nella Gravina, poiché il depuratore di Altamura funziona male e si sospettano anche scarichi illegali lungo il corso del torrente; Matera, dal canto suo, tra depuratori sequestrati e adeguamenti degli stessi ancora necessari, alimenta la schiuma, come si evince dall’acqua che scorre sotto le chiese rupestri di Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci, nel tratto della Gravina a monte della confluenza dello Jesce. “Il sistema fognario che serve i Sassi, tra l’altro”, segnala Buono, “è vecchio e presenta delle falle. All’altezza della chiesa di Santa Barbara e di via Santo Stefano, le abitazioni scaricano le acque reflue direttamente nella Gravina, come dimostrano le cascate artificiali ammirabili dall’altra sponda del canyon, dalla chiesa rupestre di Madonna delle Croci e da Murgecchia. Per tentare di risolvere l’inquietante e vergognoso fenomeno, che deturpa costantemente un patrimonio unico come quello del fondo della Murgia materana, nel 2008 gli ambientalisti hanno raccolto mille firme, per interessare Regione, Provincia, Comune, Ente Parco e Arpab, oltre che la Regione Puglia; all’inizio del 2010 durante una riunione presieduta dall’allora assessore regionale all’ambiente Vincenzo Santochirico, venne dato incarico all’Arpab di condurre una campagna di monitoraggio lungo l’intero corso del torrente. Con le elezioni, poi, l’assessore è cambiato e non se ne è saputo più niente. Ecco perché l’associazione “Falco Naumanni” è arrivata a chiedersi se manca la volontà di risolverlo oppure se non esiste soluzione. Domanda cruciale anche alla luce della candidatura a capitale europea della cultura nel 2019: anche l’ambiente, infatti, è cultura. [Servizio di Sergio Palomba, Trm]
8. Basilicata. Rifiuti zero, Paul Connet a Matera. 10 gennaio 2011. Il Movimento 5 Stelle Basilicata invita la cittadinanza al convegno ‘Rifiuti bene comune – una proposta che non si può rifiutare’ che si terrà a Matera, domenica 16 Gennaio presso l’Auditorium del Conservatorio a partire dalle ore 9,30 per illustrare la situazione dei rifiuti in regione e spiegare la strategia “rifiuti zero”. I rifiuti non sono un problema ma una grande risorsa ed è per questo che fanno gola alla criminalità organizzata che spesso trova nella malapolitica un prezioso alleato. Questi signori hanno tutto l’interesse di farci credere che si tratti di un problema da risolvere, ma con le loro soluzioni. Risultato: continua emergenza, gravi danni alla salute a causa di inquinamento da percolato e da emissioni di inceneritori (loro li chiamano termovalorizzatori), depauperamento delle casse pubbliche e spreco di risorse facilmente riciclabili e riutilizzabili. Ospite dell’evento Paul Connett che, oltre ad essere l’ideatore della strategia “rifiuti zero”, è professore emerito di chimica ambientale all’Università St Lawrence di Canton, New York. Negli ultimi venti anni si è occupato di rifiuti, con particolare riferimento ai rischi collegati all’incenerimento ed allo studio di alternative più sostenibili. Saranno illustrati anche esempi di realtà virtuose della nostra provincia, direttamente dagli amministratori dei comuni interessati. Il convegno sarà patrocinato dal Comune di Matera che metterà a disposizione i locali dell’auditorium del conservatorio. Il MoVimento 5 stelle Basilicata ha preferito non richiedere contributi economici pubblici in linea con la politica del MoVimento di stampo nazionale che alle scorse regionali è stata l’unica forza politica a rinunciare ad un milione ed ottocentomila euro di rimborso elettorale (ex finanziamento pubblico ai partiti, abolito in seguito ad un referendum), preferendo un libero e non obbligatorio contributo dei cittadini. Non mancate, è in gioco il nostro futuro e quello dei nostri figli.
9. Milano. "L'Italia perdonera' Silvio". Da "Libero - edizione Milano" di giovedì 20 gennaio 2011. Intervista a Feltri. «Il popolo si eccita davanti alle porcellate, ma poi si stufa. E chi votava per lui continuerà a farlo. Anzi io gli consiglio di andare subito alle elezioni, così chiuderà la bocca ai moralisti» di MAURIZIO BELPIETRO.
Caro Vittorio Feltri, dal limbo della tua sospensione dall`Albo dei giornalisti, che effetto fa leggere le intercettazioni alla base dell`ultimo cosiddetto scandalo diArcore?
«Primo effetto, mi prudono i polpastrelli: ho nostalgia della mia Olivetti su cui batterei volentieri degli articoli in merito alla faccenda».
Per dire cosa? «Tante cose».
Dimmene una, due o tre. «Nell`immediato non succederà nulla se si esclude il polverone che per alcuni giorni impedirà alla gente di vedere altro. Poi dipenderà dagli sviluppi del processo. Se di Berlusconi si occuperà il tribunale dei ministri, come pare giusto, tutto si annacquerà. Il tempo smussa gli angoli, leviga. Se invece menerà le danze la signora Boccassini, allora il cancan mediatico proseguirà ma sempre più stancamente. Perché il popolo si eccita subito davanti alle porcellate, ma dopo un po` si annoia: scatta l`assuefazione. Certo, la curiosità in questi casi è forte, ma parlare a lungo di bunga bunga e di dettagli, pur piccanti, è una barba».
Qualcuno afferma senza esitazioni che il premier sia arrivato alla frutta.
«L`ho pensato anche io per un attimo, ma ho presto cambiato idea. Da oltre sedici anni si dice che il Cavaliere non dura, ma lui va avanti imperterrito. E andrà avanti ancora perché nessuno è in grado di scalzarlo. Nonostante i bombardamenti che ha subito, Silvio è in piedi, mentre i suoi avversari strisciano per le terre, privi di idee, di proposte alternative, non hanno nemmeno un Romano Prodi a, disposizione su cui puntare. Il centro sinistra è allo sbando, l`Idv attraversa una fase di depressione, Gianfranco Fini non si sa quale strategia abbia ed è in un angolo, Casini temporeggia. E il centrodestra non esprime un leader che possa sostituire quello attuale con la speranza di tenere le posizioni. I sondaggi dimostrano che, gnocca o non gnocca, Berlusconi è in testa. Gli italiani che lo hanno votato continueranno a votarlo. Non si fanno impressionare da quattro mignottine. Inoltre sanno che sulle imprese sessuali del presidente del Consiglio si esagera e che si minimizza sui peccatucci di tutti gli altri, politici e non politici».
Quindi si archivierà la storia e non ci saranno ripercussioni?
«Mi domando chi abbia i titoli per imporre al Cavaliere di andarsene in assenza di una condanna (improbabile) passata in giudicato. Il partito residuale dei cattolici ha al vertice un signore divorziato. L`Idv non è messa meglio. Il Pd potrebbe essere un partito libertario, ma si è ridotto a gridare allo scandalo ogni volta che il premier si toglie i calzoni. La sinistra estremista e i radicali, almeno in teoria, non dovrebbero essere bigotti, nel senso che se sono favorevoli ai matrimoni gay non possono essere ostili alle scopate ortodosse. Chi può scagliare la prima pietra? Forse la Bindi? Questo per quanto riguarda il presente. Se volgiamo lo sguardo all`indietro, al passato, troviamo pochi buoni esempi. Craxi era uno che con le donne ci dava dentro. Nella Dc dominava l`ipocrisia, non la virtù, ammesso che la virtù sia solo la castità. Dato che il quadro è questo, non riesco ad immaginare che il Cavaliere rischi lalapidazione, anche perché mancano i sassi».
Dai per scontato che Berlusconi non sia chiamato in aula a rispondere delle sue performance con le fanciulle. Non sarei del parere...
«Infatti non lo sono nemmeno io. Però se contestano a Silvio il reato di concussione è ovvio che, eventualmente, lo avrebbe commesso in qualità di premier. Di conseguenza sarà il tribunale dei ministri a occuparsi di tutto quanto. Che è cosa ben diversa dal tribunale ordinario dove la Boccassini avrebbe facoltà di interrogare non solo l`imputato, ma anche le ragazze. Ne verrebbe fuori una commedia all`italiana. Con la Pm che chiede alle signorine i parti colari della pretesa prostituzione. Le posture in cui sono avvenuti gli amplessi, le varie modalità, le misure di Berlusconi, insomma una discussione sul glande degna della sceneggiatura dell`Ubalda tutta nuda tutta calda. Escludo una simile evenienza. Riderebbe il mondo intero. E al termine degli interrogatori si capirebbe che non sono stati commessi reati. Silvio assolto, garantito. E la giustizia italiana alla berlina. Si avrebbe altresì la prova che contro il presidente c`è stata una persecuzione motivata dall`esigenza di farlo secco. Un boomerang pazzesco. La giustizia a pezzi. E lui, l`imputato, ne uscirebbe con un carico di simpatia maggiorato. Perché i nostri connazionali - la maggioranza - tifano per gli scopatori, non per i sepolcri imbiancati. Molti sono baciapile in pubblico, ma in privato sognano la vita berlusconiana, piena di gioie. Ricordi il film degli anni Sessanta, Signore e Signori? Ecco, non è cambiato nulla nel costume. Tutti si divertono come possono, poi fingono di indignarsi se beccano un amico con l`amante, ma in cuor loro approvano. Anzi, spesso invidiano. Chi pensa di abbattere Berlusconi col ciarpame sbaglia di grosso».
Non vorrai negare che il Cavaliere sia stato quantomeno imprudente....
«Hai ragione. Non nego niente. Il popolo al massimo, però, gli rimprovera l`ostentazione; il peccato glielo perdona sempre per solidarietà. Anche i preti non gli getteranno la croce addosso perché sotto i loro abiti talari ci sono degli uomini di carne, carne debolissima. L`ho detto e l`ho ripetuto. Silvio ha una sola colpa: quella di sottovalutare la realtà, di non prenderla neppure in considerazione. Sicché non si nasconde, semmai esibisce perché non crede possa esserci qualcuno che approfitti della sua licenziosità per attaccarlo politicamente. In fondo è un bonaccione che cerca di sopportare le fatiche quotidiane concedendosi dei piaceri poco innocenti, ma non esclusivi. Se c`è un elemento di unità nazionale questo è proprio il sesso. Lo praticano tutti, dalle Alpi alla Sicilia, ciascuno a proprio modo e secondo reddito, con una sola preoccupazione: non farlo sapere alla moglie. E le mogli hanno quello di non farlo sapere ai mariti. Come nel film Signore e Signori, appunto».
Torniamo alla politica. Che consiglio dai al Cavaliere per non cadere?
«Fossi in lui spingerei per elezioni anticipate. Non per altro: qui si tratta di voltare pagina, di chiudere la bocca ai moralisti un tanto al chilo e di coinvolgere direttamente i cittadini, il cui giudizio è l`unico che conta. Si aprisse in febbraio la campagna elettorale, cadrebbe il silenzio - suppongo - sulle questioni di letto. Alla sinistra non converrebbe impostare i comizi sulla gnocca, sarebbe sepolta da una risata, collettiva. Verrebbe sconfitta. Perché quello della gnocca è un campo sul quale Silvio è imbattibile. Sono sicuro che i dibattiti televisivi si svolgerebbero su temi più seri, i progressisti (e similari) sarebbero costretti a dire quali siano i loro programmi. La battaglia rientrerebbe in ambiti politici, più idonei a misurare le capacità dei due poli. Un sollievo per gli italiani che di gossip ne hanno piene le tasche».
Rimane un dubbio: dopo il casino di questi giorni, chi la spunterebbe?
«Secondo me, alle urne rivincerà il Cavaliere e la sua compagnia del fil de fèr. Che tutto sommato è più affidabile dell`attuale opposizione, totalmente paralizzata dalla mancanza di idee, di leader e perfino dalla scarsa attitudine a stringere alleanze che consentano di aggregare voti a sufficienza per sconfiggere il porcellone di Arcore, cui va tutta la mia simpatia anche se talvolta lo prenderei a calci nel sedere per la sua inadattabilità all`ipocrisia nazionale. E' un rimprovero affettuoso: faccia quello che vuole sopra e sotto le lenzuola, ma spenga la luce, che nessuno lo veda più quando si diverte, altrimenti la. Bindi si irrita e la Boccassini - nonostante non sia una suora-lo trascina in tribunale per fargli raccontare in pubblico la rava e la fava, soprattutto la fava».
10. Milano. Il «Partito du pilu»? Può arrivare al 9 %. Sondaggio tra gli elettori: se fosse una forza politica vera avrebbe il 2,3% di consensi sicuri. E molti altri probabili  Albanese: «Cetto? Oggi è un moderato» (18 gennaio 2011)  MILANO - Se si presentasse alle elezioni il «Partito du pilu» di Cetto Laqualunque porterebbe a casa almeno il 2,3% dei consensi e potrebbe addirittura contare su almeno un altro 6-7% di potenziali elettori che, se si lasciassero effettivamente convincere, darebbero ai «qualunquisti» qualcosa come il 9% dei voti. Voti veri, per un partito e un candidato di pura finzione. Cetto Laqualunque al secolo è Antonio Albanese, ovvero il protagonista dell'ultimo film dell'attore di Olginate, «Qualunquemente», che ha iniziato a far parlare molto di sè prima dell'uscita nelle sale, prevista in questo weekend.
IL SONDAGGIO - I numeri emergono da un sondaggio dell'istituto Lorien Pubblic Affairs, divisione di Lorien Consulting, che verrà pubblicato sul numero di febbraio di Formiche, il mensile diretto da Paolo Messa e anticipato oggi dal Riformista. L'indagine ha coinvolto un campione di 600 cittadini strutturati per sesso ed età, intervistati tra il 13 e il 14 gennaio, cioè una settimana prima dell'uscita del film. Va detto che gli stessi produttori della pellicola hanno giocato molto sul parallelo tra realtà e finzione e per renderlo ancora più stringente hanno allestito lo scorso fine settimana dei gazebo nelle principali città italiane sul modello di quelli che di tanto in tanto i vari schieramenti politici piazzano nelle strade per raccogliere firme o sostenere candidati. Sono stati donati gadget e palloncini, hostess e militanti distribuivano volantini, sui tavoli venivano raccolte firme e a tutti veniva chiesto di farsi fotografare al fianco del super candidato e di postare poi l'immagine sui propri profili Facebook. Tutto come l'attività di propaganda dei partiti veri.
NEL NOME DEL «PILU» - Forse anche per questo il sondaggio ha fatto emergere un consenso spropositato per l'inesistente - almeno per ora, ma visti i risultati sarà bene che i produttori del film si affrettino a registrarne il marchio prima che sull'onda del successo lo faccia qualcun altro - «Partito du pilu» che nella finzione si presenta agli elettori con lo slogan «'chiu pilu per tutti», più pelo per tutti (dove il pelo in questione può essere facilmente tradotto con un rimando alle prime pagine dei giornali dell'ultima settimana). La rilevazione, come peraltro fa notare il Riformista, è avvenuta prima che esplodesse lo scandalo Ruby con la diffusione delle intercettazioni più piccanti e non è detto che se fosse ripetuta alla luce delle rivelazioni sulle «notti di Arcore» i risultati potrebbero addirittura essere rivisti, con ulteriori consensi per chi del «pilu» fa apertamente una bandiera.
GLI ALTRI PARTITI - Numeri, dunque, che fanno riflettere e che magari qualche preoccupazione nei partiti ufficiali dovrebbero destarla. Lo stesso Lorien, per dire, dà l'Api di Rutelli all'1,3%, la Federazione della sinistra all'1,2%, i Radicali allo 0,7%, l'Mpa di Raffaele Lombardo allo 0,5%. I voti «certi» di Laqualunque sarebbero dunque superiori a quelli che potrebbero racimolare forze politiche considerate funzionali ai diversi schieramenti. Tenendo conto anche di quel 7% di indecisi che si è detto comune disponibile a valutare il Partito du pilu sostenendo che «probabilmente» lo voterebbe, le performances dei qualunquisti potrebbero risultare superiori a quelle di Sinistra e libertà (7,7%), Udc (6,7%), Idv (6%) e Futuro e libertà (5%). Albanese porterebbe a casa più consensi di Beppe Grillo, che per Lorien si attesta oggi al 3,4%. Insomma, fatta eccezione per Pdl (30,2%), Pd (24,8%) e Lega (12,3%), tutte le forze politiche avrebbero di che temere dalla discesa in campo del corrotto e cafonissimo Cetto.
IL PRECEDENTE DI GIANNINI - Il qualunquismo, del resto, non sarebbe un fenomeno nuovo nella politica italiana: alle elezioni per l'Assemblea costituente del 1946 il «Fronte dell'Uomo Qualunque», creato da Guglielmo Giannini sulla scorta del successo ottenuto dall'omonima rivista, riuscì a conquistare il 5,3% dei consensi e a fare eleggere 30 deputati. Fu un'esperienza, quella gianniniana, che durò soltanto un paio d'anni ma che sdoganò il qualunquismo come teoria politica. Sessant'anni dopo un film lo riporta in auge. E il sondaggio di Lorien conferma che gli italiani potrebbero anche ricaderci. Alessandro Sala. 20 gennaio 2011

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