sabato 15 gennaio 2011

Merkel verso lo scambio tra aiuti e nuovo patto

Beda Romano
FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente
L'Europa è alla ricerca di un compromesso sul futuro del fondo salva-stati (Efsf).


Mentre la Francia appoggia l'idea di rafforzare questo strumento per aiutare i paesi della zona euro in difficoltà finanziaria e lanciare un segnale ai mercati, la Germania rimane cauta. L'establishment tedesco ha stemperato l'atteggiamento antagonistico dei mesi scorsi ma la gestione della crisi resta un tema delicato in un anno di elezioni regionali.
«Il fondo (da 440 miliardi di euro, ndr) è sufficientemente dotato per permettergli di compiere il suo dovere», ha detto ieri Steffen Seibert, il portavoce del cancelliere tedesco Angela Merkel, alla vigilia di un delicato Ecofin martedì. «Finora, solo una piccola parte del denaro a disposizione è stato utilizzato». Il veicolo finanziario è stato creato in estate per aiutare i paesi in difficoltà. Nelle ultime settimane ha garantito linee di credito all'Irlanda.
Lo stesso presidente dell'Efsf, il tedesco Klaus Regling, ha spiegato che un aumento della dotazione del fondo non è necessario. Parlando a Bild ha detto che «non vi è urgenza» di modificare l'ammontare di questo strumento. A Parigi hanno una posizione diversa. Per il ministro delle Finanze Christine Lagarde, un aumento della dotazione del fondo «è un'opzione». Sia la Commissione che la Banca centrale europea sono dello stesso avviso.
Berlino respinge (per ora) l'idea di aumentare le dotazioni del fondo, ma il ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, ha aperto la porta alla possibilità di rivedere al rialzo l'ammontare che il fondo può mettere a disposizione degli stati in difficoltà. Si calcola che attualmente, a causa di un sistema complicato di garanzie pubbliche, l'Efsf possa distribuire appena 250 miliardi (sul totale di 440), troppo poco per salvare eventualmente anche Spagna e Portogallo.
La questione è delicata perché incrocia altri temi in discussione. Il governo federale sta premendo perché l'accordo politico di dicembre sulla riforma del Patto di stabilità si traduca in un testo dettagliato. La signora Merkel vuole che il nuovo progetto venga messo nero su bianco rapidamente, se possibile prima delle prossime campagne elettorali. Si voterà in quattro regioni del paese tra fine febbraio e fine marzo.
L'obiettivo del governo è di mostrare in occasione di queste prove elettorali una nuova intelaiatura di regole sui conti pubblici nella zona euro che rassicuri l'opinione pubblica tedesca sul futuro della zona euro (addirittura ieri lo stesso Schäuble ha lanciato l'idea - controversa in molte capitali - che tutti i paesi imitino la Germania introducendo nella propria costituzione norme contro l'indebitamento pubblico).
Fonti europee sostengono che in cambio di un'accelerazione su questo fronte la Germania sarebbe disposta ad accettare un rafforzamento dell'Efsf. Ma seguendo la linea del ministro Schäuble o quella della signora Lagarde? Il dubbio rimane. Incerta infine appare anche la posizione di Berlino sull'idea che il fondo possa acquistare titoli pubblici, come proposto dalla Francia. Cancelleria e Finanze sembrano avere posizioni opposte.
La posizione tedesca sul fondo salva-stati è tattica, legata all'obiettivo di strappare qualcosa sul fronte del Patto di stabilità, ma è anche il riflesso di un establishment combattuto. Da alcune settimane sul versante europeo la Germania ha posizioni più propositive che nel recente passato. Non vuole quindi fare semplice ostruzionismo sull'Efsf, ma è preoccupata dalla possibilità di creare azzardo morale nei paesi più fragili.
A conferma dello spirito tedesco più cooperativo la signora Merkel ha promesso ieri che la Germania «proteggerà» la zona euro e mostrerà «solidarietà». Più interessante ancora è stata la conferenza tra politici e imprenditori organizzata giovedì da Die Welt. Intorno a un tavolo si sono seduti i principali esponenti dell'establishment tedesco: cancelliere, ministri, banchieri, imprenditori. Ne è emersa una comunanza di interessi nella salvaguardia dell'euro.
 

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