sabato 15 gennaio 2011

Notizie Federali della Sera, speciale Napoli, 15 gennaio 2011

Capre finalmente in cattivita’, voli pindarici intercontinentali, crateri nel cervello che non c’e’, cassa integrazione surgelata, soliti appalti truccati “col sistema”, professionisti della minaccia velleitaria, parole prive di senso, ed infine il sogno proibito del napoletano: avere la scorta!


1. Il cardinale Sepe vola a New York: racconterò il vero volto di Napoli. Incontri con il mondo accademico: «Questa città ha bisogno di essere riscoperta». Un premio a Turturro
NAPOLI - Il cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe, sarà da lunedì prossimo, e fino al 21 gennaio, a New York per «DireNapoli», un viaggio per raccontare la città, con i suoi mali, le sue risorse, le sue eccellenze e le sue aspettative, ma anche per parlare dell’impegno della Chiesa di Napoli, ai napoletani d’America, ai figli dei nostri emigrati, al mondo accademico e agli studenti americani, alle istituzioni. Sepe avrà numerosi incontri, tra i quali quelli con il rabbino, con l’ambasciatore, con il console generale, con le rappresentanze del Vaticano e dell’Italia presso l’Onu. Cercherà - questo lo spirito dell’iniziativa - di accendere i riflettori sugli aspetti positivi di Napoli e suscitare attenzione, interesse e giudizi rispettosi di connazionali, osservatori e cittadini stranieri, pensando anche ai possibili flussi turistici e investimenti da parte di operatori economici. Nel suo viaggio sarà accompagnato da Enzo Scotti, sottosegretario agli Esteri, in rappresentanza del Governo. «Desidero svelare - dice il cardinale - il volto di Napoli che, nascosto da cumuli di immondizia, chiede giustizia e verità. Napoli oggi ha bisogno di essere riscoperta, difesa dall’immagine impietosa con cui viene rappresentata, da giudizi frettolosi e da ingiusti pregiudizi che non le rendono merito. Sono convinto che la rappresentazione di Napoli nel mondo vada difesa non solo dai napoletani, ma anche, e soprattutto all’ estero, da quanti credono nel valore universale della bellezza, dell’arte, della cultura, perchè abbandonare Napoli al suo destino significa rinunciare a una parte importante della storia dell’umanità. Napoli ha i suoi problemi, ma anche le sue eccellenze ed io non mi stancherò mai di lottare per riaffermare Napoli nel mondo».
Il cardinale farà, fra l’altro, visita alla comunità italiana nella Diocesi di Brooklyn e Queens e alla Casa Italiana Zerilli-Marimò, sede delle migliori eccellenze italiane e newyorchesi, che da vent’anni promuove la cultura e l’immagine dell’Italia nel mondo. Sepe consegnerà al regista italo americano John Turturro il primo premio «Dire Napoli» per come ha raccontato la città nel suo film ’Passionè e chiuderà la mostra presepiale all’ Istituto Italiano di cultura «dove - sottolinea lo stesso cardinale - i nostri presepi testimoniano quanto possa dire Napoli nello specifico della sua cultura». Si incontrerà con la rappresentanza italiana e vaticana presso l’Onu, visiterà il John D. Calandra Italian American Institute, per un confronto sui flussi migratori, e il Museo dell’Immigrazione di Ellis Island. In continuità e nello spirito del Meeting interreligioso tenutosi a Napoli nel mese di ottobre del 2007, Sepe sarà a colloquio con il rabbino Schneier, i leader della comunità ebraica e gli esponenti dell’Appeal of Conscience Foundation. Infine, insieme al rabbino Schneier, incontrerà gli allievi della Scuola d’Italia per fare memoria della pagina più buia della storia scritta da chi, al contrario, non ha saputo leggere nella differenza delle razze, delle religioni, delle culture la ricchezza dell’umanità«. 15 gennaio 2011

2. Termoli. Nuova Cig all’ex Arena: trenta dipendenti a riposo forzato. Il 2011 è cominciato con la prosecuzione della cassa integrazione a rotazione, per 30 dipendenti sui 100 complessivi, dagli operai agli impiegati della "Mare Pronto", in passato Arena Surgelati, guidata fino allo scorso aprile dall’imprenditore Dante Di Dario. La Cig, che dopo l’esaurimento di quella ordinaria è diventata straordinaria, durerà tutto l’anno. I sindacati sono fiduciosi nella ripresa: «Attendiamo segnali di recupero e un reale rilancio dell’azienda - spiegano i rappresentanti della Fai Cisl e Flai Cgil Segio Calce e Raffaele De Simone - sono state programmate delle verifiche sugli andamenti di produzione, che si svolgeranno ad aprile e agosto. Vigileremo per garantire la giusta rotazione».
Cassa integrazione a rotazione per trenta dipendenti, per la durata dell’intero anno. Alla Mare Pronto Srl, già Arena Surgelati Spa, fino allo scorso aprile di proprietà dell’imprenditore molisano Dante Di Dario, l’anno è cominciato con la prosecuzione della Cig, che dopo l’esaurimento di quella ordinaria è diventata straordinaria. Dodici mesi in cui il provvedimento riguarderà a rotazione tutto l’organico dell’azienda specializzata nella produzione di surgelati all’interno del nucleo industriale di Termoli, dagli operai agli impiegati.
«Attendiamo dei segnali di recupero – commenta il segretario regionale della Flai Cgil Sergio Calce –durante l’anno sono comunque state programmate delle verifiche proprio per esaminare passo dopo passo l’andamento della produzione. Ci aspettiamo comunque un miglioramento».
«Il problema è che non c’è stabilità negli ordini – aggiunge il segretario generale della Fai Cisl Raffaele De Simone - l’industria alimentare ha delle sue peculiarità, con dei picchi di produzione da gestire, trattandosi di prodotti freschi da lavorare. Certamente per i lavoratori ci sono grossi disagi, dovuti alla diminuzione e all’abbattimento del reddito». L’azienda, un tempo Arena Surgelati già nel 2010 ha attuato la cassa integrazione, per venti dipendenti, e tra il 2007 e il 2008 è stata interessata sempre da periodi di Cig, anche se limitati.
I sindacati sono fiduciosi nella ripresa: «Si intravede un buon piano di rilancio per l’azienda – dice ancora De Simone – ciò non toglie che stiamo vivendo un periodo di crisi globale, in cui il mercato è imprevedibile, e quindi le preoccupazioni rimangono. Per questo saremo sempre vigili sull’andamento aziendale e per garantire la giusta rotazione, capire quali sono i volumi e le nuove acquisizioni. L’azienda, che conta cento dipendenti, è una realtà importante per il tessuto economico del Basso Molise».
(Pubblicato il 15/01/2011)
3. Napoli. Caldoro: «Sul lavoro abbiamo fatto la rivoluzione. Per questo ci contestano». «Il nostro piano esce dalla logica dei sussidi e dell’intermediazione, sempre a beneficio di pochi»
NAPOLI — «Con noi cambiano le politiche del lavoro» , dice il governatore della Campania Stefano Caldoro.
Ma perché i disoccupati ce l’hanno con voi, presidente?
«Perché appunto abbiamo fatto una rivoluzione in tema di politiche per il lavoro, e questo evidentemente a qualcuno non sta bene» .
Si riferisce al piano?
«Certo, e vorrei sottolineare che siamo stati i primi in Italia a vararlo, seguendo le linee della legge Biagi. La Campania può essere a buon diritto considerata una regione pilota su questo tema» .
E in che consiste questa rivoluzione?
«Da ora in poi in Campania in tema di lavoro si dovrà parlare soltanto di politiche attive».
Che significa?
«Significa che si esce definitivamente dalla logica dell’intermediazione e dei sussidi, che tra l’altro sono stati sempre a beneficio di pochi» .
Ce l’ha con la politica della giunta Bassolino?
«Io dico soltanto che per quindici anni in questa regione si è andati avanti con i corsi di formazione che non hanno mai generato occupazione, e questo non lo dico io ma le cifre» .
Quali cifre?
«Quelle che indicano la Campania all’ultimo posto in tema di occupazione» . (I dati cui fa riferimento Caldoro stimano in 1.360.000 le persone in cerca di occupazione in Campania, e in 2.077.000 quelle che non appartengono alla forza lavoro. Inoltre indicano la Campania come la regione con il tasso di occupazione giovanile e femminile più basso d’Europa).
Su quali basi si sviluppa il piano?
«Il presupposto è che gli ammortizzatori sociali non appartengono alle politiche per l’occupazione».
Lasciamo stare le polemiche con quanto si è fatto in passato. Il futuro?
«Il futuro prevede che si leghi chi cerca lavoro a chi produce lavoro. È questo che intendo quando parlo di politica attiva: creare occupazione» .
Come?
«Con l’apprendistato nelle aziende. Con i dottorati nelle aziende» .
Insomma con le aziende.
«Con quelle che parteciperanno ai nostri bandi. Ne abbiamo già pubblicati tre e altri ne arriveranno al più presto» .
A chi sono rivolti i primi bandi?
«Giovani al di sotto dei trent’anni, immigrati, disoccupati di lunga durata» .
Davvero pensate di creare sessantamila posti di lavoro?
«È un obiettivo possibile. In tre o quattro anni ci si può arrivare. I presupposti ci sono perché siamo partiti con il piede giusto. Questo piano nasce con l’accordo di tutte le parti sociali, dai sindacati alle rappresentanze imprenditoriali. Sono tutti coinvolti» .
I soldi chi ce li mette?
«Ci sono i fondi sociali europei. Utilizzeremo quelli» .
I disoccupati storici che fine fanno con il vostro piano?
«Non abbandoniamo nessuno. Sono previsti interventi anche per loro, così come è previsto il reinserimento di chi ha perso il lavoro, nonché uno stanziamento di cento milioni per la cassa integrazione in deroga. E chiaramente ci sarà un impegno forte dedicato ai giovani. Quei giovani silenziosi che non appartengono a nessuna lista di disoccupati, che non scendono in piazza, che non fanno azioni violente e che hanno tutto il diritto che la politica si occupi di loro» .
A sentirla parlare sembra che abbiate risolto tutti i problemi di chi non ha lavoro, però intanto per ora vi siete fatti più nemici che altro.
«Ma certamente non arretreremo per questo. E aggiungo un’altra cosa: quelli dei Bros (lista di disoccupati che hanno partecipato a corsi di formazione per addetti alla raccolta differenziata, ndr) se la prendono con il nostro assessore al Lavoro, Severino Nappi, ma sbagliano a individuare in lui il "nemico", come se fosse soltanto sua la responsabilità della nostra politica sul lavoro. Il piano è condiviso dall’intera giunta, e questo lo rende ancora più solido» . Fulvio Bufi 15 gennaio 2011
4. Puglia. Prima le baionette adesso il Federalismo. di LINO PATRUNO
Una mattina l’Italia si è svegliata e si è ritrovata federalista. E’ incredibile come si sia arrivati a stravolgere il Paese nel sonno generale. Come se la storia non avesse insegnato nulla, stiamo rivivendo ciò che avvenne 150 anni fa nello stesso modo casuale e rapinoso. Solo che allora, più male che bene, si fece l’Italia unita, ora si sta rifacendo l’Italia disunita, una svolta epocale nell’indifferenza pressoché generale. Soprattutto del Sud e di chi lo rappresenta, perché almeno allora si fecero sentire i briganti. I politici meridionali del Risorgimento, trattati più o meno da appestati nel Parlamento di Torino, si fecero complici delle leggi contro il Sud per difendere i loro privilegi semibaronali. Ora i politici meridionali, un po’ annoiati dai rarissimi grilli parlanti, rispondono rassicurando che il federalismo farà bene al Sud, anzi dividendo l’Italia la farà davvero unita.
Cosa li convinca, non si capisce. Come se risentissero ancora del complesso della vergogna, il Sud 150 anni fa sottomesso nel nuovo Stato fino al punto da sentirsi addirittura colpevole per il male che gli fecero.
Stupefacente è che si stia creando un’Italia in cui i ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri perché così vuole un partito territoriale con l’8 per cento dei voti. E solo nordici. E con tutti gli altri che non reagiscono. O almeno ne discutano. E’ vero che l’Italia doveva nascere federale già nel 1861 e che allora si sbagliò col centralismo piemontese: lo ha detto anche il presidente Napolitano. Il centralismo che impose al Sud pure una tassa per pagare le spese della conquista militare subìta: vi abbiamo "liberato"  e ci rimborsate. Il centralismo che mandò al Sud i dipendenti pubblici più inetti, patibolari e corrotti per spezzargli le gambe. Ma una cosa era nascere federale allora, un’altra diventarlo adesso.
In tutto questo tempo l’Italia unita è stata disunita da un divario economico e sociale senza pari in nessuna grande democrazia occidentale. Frutto perlomeno di politiche nazionali sbagliate o disattente, perché nemmeno il Sud più cialtrone sarebbe stato capace di farsi tanti danni da solo (visto anche che le Regioni sono nate solo nel 1970). E invece di rimediare a quel divario che non c’era al momento dell’Unità, e che se c’era è stato sempre più allargato, si dice: blocchiamo la situazione al momento, e ciascuno per conto suo. Anzi ciascuno si tiene il suo. Comodissimo.
Se proprio, come dicono, il federalismo fiscale farà bene a tutta l’Italia (anzi soprattutto al Sud), non avrebbe dovuto nascere in un clima tanto ostile verso il Sud. Un clima più da resa dei conti (quali, poi?) che da concordia nazionale. Un clima in cui i napoletani "puzzano" , gli insegnanti meridionali se ne tornino a casa loro e Radio Padania nel Salento vomita veleno anti-terroni. Un clima, purtroppo, non diverso da quello, ancòra, di 150 anni fa, quando l’Italia unita si fece con le baionette e le fucilazioni. Si può compromettere il futuro della gente perché lo vuole l’8 per cento? Si può cambiare la storia col 51 per cento di maggioranza?
Dicono ancòra: amministrarsi da sé con maggiore responsabilità farà bene al Sud. Ma si sta procedendo verso l’Ineluttabile senza che ci sia un solo dato che smentisca la più ovvia previsione: aumenteranno le spese e di conseguenza le tasse. Soprattutto ai danni del Sud che ancòra peggio non vorrebbe stare. Perché così è avvenuto a ogni riforma, per quanto opportuna. E col rischio che anche questa degeneri in una nuova gigantesca burocrazia che fra Stato ed enti locali raddoppi il suo mostruoso apparato: come avvenuto appunto con le Regioni. E mentre ci spazza la crisi economica.
E poi, questi amministratori meridionali presunti incapaci e spendaccioni. Ce ne sono. Ma c’è anche che sindaci e presidenti affrontano al Sud problemi di sopravvivenza non di abbondanza. In un Paese indebitatissimo che non può fare la lezione a nessun amministratore visto che aumenta costantemente la sua spesa annua invece di ridurla. E che non ha mai cacciato nessun responsabile di quel debito. Ma è il Sud l’unico sporco, brutto e cattivo.
Il Sud subisce ancora una volta il suo destino. Federalismo, federalismo. Può essere anche ciò che serve e serviva, si veda con calma e senza carte false. Ma per piacere non lo si lasci decidere a Bossi e compagni. I quali fanno fin troppo bene il loro mestiere di pensare a chi li vota e alla loro buona vita. Ma il Sud, il federalismo egoista del "ciascuno si tiene i suoi soldi" se lo è trovato addosso, i suoi politici hanno rispettato più la disciplina di partito che l’interesse della loro terra, i suoi elettori non sono stati ancòra una volta capaci di difendere se stessi. Anzi si sono visti quasi intimare: non fate vostre Leghe, quasi fosse solo un diritto altrui. Come a dire, purtroppo e sempre, che non si è Sud a caso.
www.linopatruno.com 14 Gennaio 2011
5. Capra Napoletana: prospettive rosee grazie allo zoo.
Il 2010 - come i nostri lettori abituali sanno - è stato l’anno della biodiversità, e tante iniziative sono state condotte nel corso degli ultimi dodici mesi per la sensibilizzazione del pubblico verso questo tema, sconosciuto ai più. Un anno che a Napoli si è chiuso in bellezza, dato che il 27 dicembre lo Zoo di Napoli ha fatto suo l’obiettivo della salvaguardia della capra di razza Napoletana, decidendo di ospitare i capi rimasti senza una “casa”e di cui Qualeformaggio aveva dato notizia all’inizio di novembre.
Decine sono state le adesioni all’appello, che fu lanciato da Nando Cirella, direttore della rivista Agricultura e Innovazione, proprietaria di un piccolo gregge di capre Napoletane sfrattate, e in cerca di un’alternativa all’ipotesi del macello. A rispondere all’appello mediatico fatto dal giornalista, assieme a Vincenzo Peretti, docente di genetica veterinaria, e a Francesco Borrelli, commissario regionale dei Verdi, è stato Cesare Falchero patron dello Zoo di Napoli.
Da subito tra le parti è nata l’intesa che ha condotto al bel progetto che vede ora le capre salve allo zoo, un percorso didattico per i visitatori che mostrerà la mungitura degli animali e la successiva caseificazione del latte. In futuro, i capretti nati allo zoo verranno affidati ad aziende zootecniche esterne che contribuiranno alla salvaguardia della razza e alla creazione di un formaggio tipico che dovrà dare un senso economico alle aziende e al progetto stesso.
Oltre a questo, l’operazione prevede anche il monitoraggio dell’ambiente in cui la capra si trova a vivere, con l’animale che diventa una vera e propria sentinella ambientale, attraverso i semplici test “Sce” (Sister Chromatid Exchange) sui cromosomi, con cui il Laboratorio di Genetica della Facoltà di Medicina Veterinaria di Napoli valuterà la salute dell’animale e dell’ambiente circostante.
Per sensibilizzare anche i bambini è stata messa in cantiere la possibilità di adottare una capra che, pur rimanendo presso lo zoo, potrà essere seguita settimanalmente dall’adottante. Chiudere l’anno della biodiversità con poche chiacchiere ma con fatti concreti, è motivo di orgoglio per i ricercatori e i collaboratori di questo progetto scientifico e sociale. L’obiettivo minimo di salvare dal macello gli animali ed è stato raggiunto e superato, dando un futuro zootecnico a questa razza ormai ridotta a poco più di centocinquanta capi, quindi ad imminente rischio di estinzione.
A chi storca il naso di fronte all’intervento di uno zoo per salvare una razza produttiva va un segnale importante, che è quello di rivedere la funzione originaria dello zoo: non più mera struttura di reclusione di animali ma piuttosto luogo di conservazione della biodiversità, attraverso l’adozione di progetti rigorosi e innovativi. Lo zoo partenopeo, attento a non farsi distrarre da facili slogan, concretizza al meglio un’azione che controverte il rischio d’estinzione (non solo di orsi, foche o tigri, animali da salvaguardare ma a noi molto lontani) ma più “semplicemente quello di decine di razze italiane ridotte a pochissimi esemplari. Ed allora che cosa è giusto fare, farle estinguere o cercare di ridare loro un futuro?
Un esempio, quello dello Zoo di Napoli, che tutte le regioni italiane dovrebbero fare loro per salvaguardare i tipi genetici autoctoni di animali a rischio di estinzione; per tutelare la storia della loro zootecnia ed il futuro della biodiversità. E quindi complimenti alla lungimiranza dello zoo partenopeo, nella speranza che la capra Napoletana sia solo la prima di una serie di razze locali a rischio d’estinzione ad entrare allo zoo per essere salvata.
Scheda. La capra di razza Napoletana
Allevata principalmente in provincia di Napoli ed esattamente alle pendici del Vesuvio e sui Monti Lattari, questa capra oggi un appuntamento per oggi è seriamente compromessa e il rischio di estinzione incombe ogni giorno sempre più seriamente. La razza era allevata tradizionalmente per il latte fresco da pronto consumo, infatti piccoli greggi di capre in lattazione, venivano portate in città, dove il latte veniva venduto al bicchiere e talvolta la capra veniva fatta salire sul pianerottolo di casa degli antichi palazzi partenopei, per essere munta davanti al cliente.
Le produzioni per le primipare (primo parto) sono di 350 litri in 165 giorni e per le pluripare di 450 litri in 165 giorni. Inoltre si producevano prodotti caseari casalinghi quali caciotte fresche e stagionate. La produzione principale di carne è data dal capretto che viene macellato a circa 9-12 kg, peso raggiunto in circa due mesi, dovuto al ricco latte prodotto dalle capre.
La razza è molto rustica, si ammala difficilmente e non ha problemi di parto; la percentuale di gemellarità è bassa, ma anche con i gemelli la napoletana riesce a portarli avanti tutti e due senza difficoltà. Le caratteristiche morfologiche che contraddistinguono questa razza a primo impatto sicuramente sono il colore del pelo che è raso nero con riflessi rossi,oppure totalmente rosso, orecchie lunghe e pendule, con una differenza tra il tipo “Monti Lattari” con orecchie leggermente più piccole e quello “vesuviano”, che sono più lunghe, la terza caratteristica, i bargigli o - come sono detti in Campania - le “sciuccaglie”. 13 gennaio 2011
6. Policoro. Il «sistema» degli appalti a colpo sicuro. Gli investigatori hanno ricostruito comevenivano truccate le gare per le forniture.
15/01/2011 POLICORO - Il meccanismo non è semplice, ma collaudato. E' lo stesso per riuscire a fare assumere qualcuno in un concorso della pubblica amministrazione senza fare troppi inguacchi. Servono i titoli per arrivare primo in graduatoria? Si producono diplomi, esperienze, collaborazioni, incarichi fiduciari e cose così.
Il «sistema Policoro» è tutto qui. Il copyright è dei militari della guardia di finanza, che hanno diviso gli imprenditori in «cartelli» - manco dei narcotrafficanti colombiani - e gli appalti in due categorie: «satelliti» e «master». I primi sono gli affidamenti diretti sotto la soglia prevista dalla legge oltre la quale scatta l¹applicazione obbligatoria delle regole di evidenza pubblica delle gare. I secondi sono la torta, gli affari veri, quelli a sei zeri. Al centro dell¹accusa c'è la fornitura di lampade a led per i lampioni di tutta Policoro per un ammontare di 3 milioni e seicentomila e rotti euro.
Ma ascoltando le conversazioni degli indagati le fiamme gialle hanno aperto almeno un altro filone. Riguarda l'affidamento dell'appalto per la raccolta dei rifiuti in città, finito al fratello di uno dei tredici arrestati ieri mattina, Nicola Benedetto germano di Donato, che è il presidente della cooperativa di ortofrutta "Campoverde" dove lavorano il figlio del sindaco Lopatriello, e il temibile fratello Giuseppe, detto "Pino". A dire il vero non tutti sono convinti che il figlio del primo cittadino sia quel mostro di fatica di cui si parla. Ci sono due diverse informative dei finanzieri che attestano che il ragazzo beneficerebbe di «giornate lavorative svolte in realtà da altri dipendenti».
Quindi un «sistema». Per questo tra la documentazione acquisita ieri pomeriggio negli uffici del comune ci sarebbero gli atti relativi anche all'appalto per la raccolta dei rifiuti. Il meccanismo sarebbe funzionato pressapoco così. Attorno al tandem sindaco-assessore Ierone sarebbero ruotati personaggi come Felice D'Amato, vicesindaco nella scorsa amministrazione guidata dal solito Lopatriello, e intermediario tra l¹apparato e «la classe imprenditoriale» di casa negli uffici del Comune. Prendendo il caso dell'appalto per le lampade led, i militari fanno riferimento a una riunione che si sarebbe tenuta ai primi di marzo del 2010 in cui sarebbe stato concordato a chi dovesse andare la fornitura, ovvero il «cartello di Noci» degli imprenditori Sandro Gigante, Giovanni Colamarino e il suo socio di fatto Luigi Rotunno. Tra le varie cose sarebbe stato fissato anche il presso della mazzetta complessiva da pagare, 50mila euro. L¹accordo avrebbe previsto il pagamento della somma dopo l'assegnazione. Ma prima c¹erano da fare i punti. Bisognava che i prescelti accumulassero i titoli necessari per sbaragliare la concorrenza al momento della valutazione tecnica delle offerte che sarebbero state presentate dopo la pubblicazione del bando europeo per l¹appalto «master». Per questo andavano realizzati tre lavoretti «satellite»: l'illuminazione di via Salerno (quella dell¹ospedale), della villa comunale, e della zona artigianale.
Il tutto spacchettato per non superare la soglia massima prevista dalla legge per gli affidamenti diretti. Fatto ciò l'amministrazione avrebbe provveduto a una dichiarazione di «gradibilità» che si sarebbe tradotta in punti durante le procedure della successiva gara milionaria. Qui sarebbe sorto un imprevisto, perchè secondo le fiamme gialle il sindaco Lopatriello avrebbe chiesto a Gigante una mazzetta anche per questi appalti che dovevano servire solo a preparare il terreno prendendo alla sprovvista l¹imprenditore. Sfruttando la situazione Colamarino e Rotunno avrebbero rotto il «cartello di Noci» per formarne uno nuovo: il cartello di Bari. Loro si sarebbero accollati quello che gli investigatori hanno chiamato un «antimasto» dei cinquantamila a venire. Duemila euro lievitati fino a quattromila che Colamarino avrebbe portato all'assessore Ierone il 19 aprile. Le fiamme gialle erano già piazzate davanti al Comune e hanno assistito alla scena. Arriva Colamarino con una scatola di sigari in mano. E' lì che lui stesso racconta poco dopo al suo socio, che aveva imboscato le banconote. La conversazione è stata intercettata con una microspia piazzata nella sua auto.
Arriva Colamarino con questa scatola di sigari e la dà all'assessore. Poi se ne esce a mani vuote. Ci sono anche le riprese del circuito di sorveglianza negli atti della procura di Matera. Poi l¹assessore sarebbe andato dal sindaco per spartire la mazzetta con lui. Una parte sarebbe spettata anche al dirigente dell¹ufficio tecnico Felice Viceconte e Felice Latronico dell¹ufficio del bilancio. Anche nello studio di Nicola Lopatriello c'erano delle microspie, quelle che avrebbe scoperto qualche mese dopo denunciando pubblicamente la cosa. Ma non avrebbero captato nulla.
Chi conosce Lopatriello sa che aveva una specie di fissazione per il pensiero di essere spiato. Così ogni volta che nel suo studio si trattava di discutere una faccenda delicata attivava per prudenza un marchingegno che si chiama jammer, che ha la capacità di disabilitare nell'arco di tre metri il funzionamento di telefoni cellulari e apparati Gsm come le microspie della finanza. Una fissazione, che gli passava per la testa quando si trattava di parlare degli ottimi risultati della sua amministrazione. Cosa che gli investigatori hanno interpretato come il «tentativo di precostituirsi una difesa». LEO AMATO
7. Nasce movimento culturale "Liberiamo il cratere".  Napoli, 14 gen (Il Velino/Il Velino Campania) - "Nasce quasi tre anni fa l'idea di 'Liberiamo il Cratere', in un pomeriggio d'inverno in un ufficio nel cuore di Napoli, quando tre donne mosse dagli stessi valori decisero di dar vita ad un movimento capace di unire la passione per la cultura con l'impegno civile e che oggi finalmente vede la sua realizzazione". Cosi le giornaliste-scrittrici Elena Varriale, Argia Di Donato e Oriana de Iulio presentano il movimento culturale 'Liberiamo il cratere', una nuova realtà si affaccia nel panorama culturale di Napoli, un movimento nato dalla passione di tre donne per la cultura e l'arte: "Al di là di tutti i suoi problemi Napoli è una fucina di talenti, di idee e di innovazioni che purtroppo vengono sommersi dalla mancanza di opportunità e di meritocrazia", sottolinea Varriale. "Vogliamo dare la spinta necessaria affinché il vero talento riesca ad esplodere e a sommergere tutto il negativo che c'è", ribadisce Argia Di Donato. "Ricercare i talenti mettere insieme le diverse intelligenze per promuovere e dare vita ad un vero e proprio mercato della cultura a Napoli, perchè senza mercato si è sempre schiavi di qualcuno: noi vogliamo dar voce a tutti gli artisti e non ai pochi e soliti nomi", rilancia De Iulio. Un'associazione culturale quindi? "Non proprio. Noi vogliamo soprattutto unire il fine culturale a quello sociale, noi pensiamo che la cultura possa servire proprio a migliorare la realtà che ci circonda", continua Elena Varriale. Tante le inziative già portate a buon fine: tre pagine sul quotidiano Socialisti Lab che ogni settimana offre uno spazio per la pubblicazione di racconti, poesie o eventi che vengono sponsorizzati dal movimento, il patrocinio morale a numerose manifestazioni tra le quali “Lavori in corTo, da grande sarò un film....", il festival del cortometraggio universitario partenopeo; il ricoscimento dall'Associazione fan Napoli per l'impegno culturale e sociale e uno spazio, ogni domenica sera, in diretta su Telecaprisport. Nuovi obiettivi da raggiungere? " Siamo un vulcano di idee – dicono . -. Abbiamo in programma una manifestazione dal titolo "Contaminazioni", un evento per marzo donna dal titolo: "Talento Rosa" e sopratutto prima dell'estate un vero e proprio happining culturale "Vulcania", Un nostro sogno? Quello di dar il via ad un Premio letterario che possa far emergere giovani autori con opere in prosa e poesia inedite". (red) 14 gen 2011 17:32
8. Italia, Scorte e auto blu. sabato, gennaio 15, 2011, 13:26. La maggior parte degli scortati sono ovviamente i magistrati (263); 90 parlamentari e uomini di governo; 21 sindaci e governatori regionali; altrettanti ambasciatori e otto tra sindacalisti e giornalisti. Il premier ha con sé bodyguard privati della Fininvest, tutti alle dipendenze dei servizi segreti, 13 Audi corazzate e 70 uomini per sorvegliare le sue residenze. Scajola ex ministro, ha ben otto persone. Il capogruppo della Lega al Senato Bricolo ne ha 4. Schifani ne ha 20. Il senatore Carlo Vizzini 8, l´onorevole Mario Baccini 5, il giornalista Maurizio Costanzo 5, l´ex presidente della regione Calabria Agazio Loiero 3, l´avvocato Carlo Taormina 4, l´onorevole Marco Minniti ne ha 5. Se il figlio di Schifani e Paolo Berlusconi si trovano a Roma, il Viminale ha dato l´ok perché abbiano due agenti di scorta al giorno. Raffaele Lombardo (Presidente Regione Sicilia) lavora a Palermo ma vive a Catania. la sua abitazione è sorvegliata 365 giorni l’anno dalla GUARDIA FORESTALE.

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