mercoledì 12 gennaio 2011

Notizie federali della sera, 12 gennaio 2011

1. All’asilo di Casorate chi non paga non mangia
2. Vieni in chiesa? Dieci euro al mese'
3. Moschea, sabato gli islamici sfilano in centro
4. Venezia. Si converte all'islam: «Nessuno mi dà lavoro»
5. Da 18 anni chiede i soldi tremando, mai espulso
6. Aosta, un milione di euro per il servizio di tata familiare


L'assessore: «Fin qui comprensivi, ma ora abbiamo un buco di 27mila euro»
CASORATE PRIMO. Chi non paga non mangia. I bambini di Casorate rischiano di rimanere a pancia vuota: chi sarà individuato in ritardo per il pagamento di dieci pasti verrà automaticamente escluso dalla mensa della scuola. L'amministrazione comunale ha preso questa decisione di fronte agli oltre 27mila euro di debiti per pasti scolastici serviti e mai pagati.
Le famiglie morose sono 210, contro i circa 500 alunni che frequentano le scuole comunali. Significa che oltre il 40% dei nuclei famigliari di Casorate non ha pagato i ticket mensa dei figli. «Fin qui siamo stati comprensivi, abbiamo ascoltato tutte le situazioni e qualcuno è stato esentato - dice l'assessore al bilancio Egidio Alongi -. Ma non è corretto verso chi paga regolarmente che ci siano queste situazioni di morosità».
Già l'anno scorso si era creata una situazione simile. Nel 2010 il debito era ancora più elevato, sfiorando i 29mila euro; 6mila di questi a tutt'oggi il Comune non sa come recuperarli. «Le situazioni di fragilità e bisogno non verranno toccate - dice l'assessore all'istruzione Giovanna Belloni -. Ma la mensa non è un servizio obbligatorio, chi vuole usufruirne deve pagare». Da quest'anno inoltre le cose sono cambiate: il recupero crediti spetta all'azienda che gestisce la refezione scolastica, la Pellegrini spa, e non più all'amministrazione. In questi giorni un incaricato della società è a disposizione in Comune per le famiglie che devono ancora saldare i propri debiti. Se tutte le possibilità offerte dovessero essere ignorate, allora si verrà esclusi dalla mensa scolastica. «Questi soldi verranno recuperati in qualche modo - dice ancora l'assessore al bilancio Alongi -, perché è giusto che i servizi di cui si usufruisce vengano pagati da tutti». Il 20 di dicembre la Pellegrini ha inviato a casa delle famiglie morose un sollecito di pagamento. In una di queste lettere si legge: «Essendo Pellegrini spa responsabile del recupero crediti, ci vediamo costretti a segnalarvi che se non provvederete al pagamento intraprenderemo le più opportune azioni a tutela del nostro credito, inoltrando il vostro nominativo al
nostro avvocato».
L'incaricato della Pellegrini sarà in Comune fino a venerdì: da lunedì 17 chi non ha pagato rischia di rimanere a bocca asciutta. Tenendo conto del particolare momento di crisi, il Comune ha predisposto molte iniziative a favore delle famiglie in difficoltà con i pagamenti: «Non credo siano molte le amministrazioni che come noi hanno introdotto l'isee attuale. Si tratta - spiega l'assessore Alongi - di uno strumento più flessibile degli indicatori tradizionali, che tiene conto della situazione economica della famiglia in tempo reale».
Se un genitore perde il lavoro o viene messo improvvisamente in cassa integrazione, il suo reddito viene ricalcolato, e così può andare in una categoria inferiore, pagando un buono mensa più basso. Per la refezione scolastica a Casorate ci sono infatti sei fasce diverse, distinte a seconda del reddito: si va dall'esenzione totale dal pagamento per i redditi più bassi fino a un massimo di 5,05 euro per quelle più alte. «Queste tariffe sono state stabilite in base al bilancio - dice ancora Alongi -, e l'unico aumento rispetto all'anno scorso è un 2% dovuto all'inflazione». Una cosa ci tengono a sottolineare in Comune: «Il timore di molti è che le famiglie che pagano regolarmente dovranno pagare per tutti - dice l'assessore all'istruzione Giovanna Belloni -. Ma così non sarà. Lunedì vedremo quanti hanno pagato, ma confidiamo nel senso di responsabilità dei cittadini»
12 gennaio 2011


Don Bianchi non finisce di stupire e introduce un 'ticket' singolare
CASTELLAMONTE. Un 'ticket' di dieci euro al mese per sostenere la parrocchia, avendo così la possibilità di partecipare alle funzioni religiose ed alle molteplici attività promosse. E' quanto chiesto ai fedeli, in una lettera distribuita nei giorni scorsi, dall'arciprete di Castellamonte, don Angelo Bianchi.
Un'iniziativa 'singolare' che nella "città della ceramica" sta facendo discutere. Ci sono i consensi, così come le critiche (alcune anche ironiche), sta di fatto che il sacerdote, così come avvenuto di recente, è riuscito a suscitare un ampio dibattito con al centro la Chiesa e le sue necessità.
«In questi giorni - scrive don Angelo nella lettera augurale d'inizio anno ai parrocchiani - dovreste aver ricevuto il giornale "Castellamonte Oggi". Nella pagina della comunità, ho segnalato i bisogni della nostra parrocchia».
«Ora, le disponibilità sono finite, e abbiamo bisogno di piccole gocce, ma costanti, ogni mese, per poter sostenere i costi del riscaldamento della chiesa, degli spazi della parrocchia, dell'oratorio e delle aule del catechismo - rimarca don Bianchi -. Così, come un'antica consuetudine dei nostri anziani, chiedo che tutte le famiglie contribuiscano con un minimo di 10 euro ogni mese".


A ormai un anno di distanza dalla chiusura della tensostruttura di via Regina Pacis, gli islamici dell'associazione El Huda - la più numerosa in città - si trovano a pregare per strada in balia delle intemperie. Per questo motivo sabato sfileranno per le strade del centro abitato - in particolare sulla Circonvallazione e in centro storico - chiedendo una soluzione dignitosa al loro problema. Una moschea per gli associati di El Huda: mentre i mille e più islamici che si riconoscono nell'associazione continuano a trovarsi in via Regina Pacis per pregare all'addiaccio, tra freddo e pioggia, nessuna iniziativa è attualmente in corso col Comune. Il dialogo si è congelato questa estate, quando dopo mesi di incontri improvvisamente si sono chiuse le trattative per la sede, senza una motivazione. Una decisione presa poco dopo la diffusione di un duro documento di Mauro Guandalini, segretario cittadino della Lega Nord, per ricordare che (in base ad accordi pre-elettorali) a Sassuolo non si sarebbe mai aperta una moschea, soprattutto con una giunta di centro-destra. Per tutti questi mesi, i dirigenti di El Huda hanno avuto qualche incontro con la giunta ma senza risultati. Per questo motivo sabato prossimo El Huda sfilerà nuovamente per le strade di Sassuolo, sia sulla Circovallazione che in centro. «Vogliamo sensibilizzare tutti i sassolesi sul nostro problema - spiega Farchak Icham, storico presidente di El Huda - perché crediamo che sia ora di trovare una soluzione al nostro problema». Il corteo si snoderà dalle 15 alle 17 lungo un percorso già autorizzato dalla Questura che partirà dalla Circonvallazione, passerà per via Mazzini, attraverserà piazza Garibaldi e sosterà davanti al municipio in via Fenuzzi per poi proseguire su altre strade minori. «Da parte della giunta non c'è più disponibilità verso di noi - spiega Farchak - solo porte chiuse». Intanto è quasi passato un anno dalla chiusura della tensostruttura temporanea di via Regina Pacis e i fedeli di El Huda pregano ancora lì, sul terreno nudo sotto le intemperie. Il sindaco Luca Caselli ripete che la disponibilità c'è sempre. «Anche se noi pensiamo - aggiunge - che El Huda debba aprire la sua moschea in un altro Comune, visto che la maggioranza degli associati sono residenti fuori Sassuolo». «Non è vero - replica Farchuk - nell'anagrafe di Sassuolo sono registrati più di 5mila nordafricani. Noi siamo 1-1.500. Possibile che veniamo tutti da fuori Sassuolo?» Nel frattempo, El Huda continua a lavorare sul suo vecchio progetto di un luogo di preghiera sempre in via Regina Pacis ma sul terreno comperato da Hera: «Il progetto va avanti; ci sta lavorando il nostro geometra - conclude Farchak - ora si tratta di avere i pareri dell'Ufficio Tecnico».
12 gennaio 2011


La denuncia di Silvia Olivetti: «Sono diventata musulmana, ora vengo penalizzata». Laureata in Storia, 36 anni, ha gestito un’edicola e ha avuto altri impieghi. Ma da un anno e mezzo è iniziato il calvario
MESTRE. «Sono italiana e musulmana. Da quando porto il velo (un semplice fazzoletto, nulla di estremo) nessun potenziale datore di lavoro mi prende in considerazione». Una denuncia pesante quella di Silvia Olivetti, 36 anni residente a Marghera, laureata in Storia a Ca' Foscari, una specializzazione in Multiculturalità, un'altra in lingua inglese conseguita a Cambridge, conoscenza ottima di inglese, francese e arabo, discreta di tedesco e spagnolo, un'esperienza pluriennale nel commercio e nel turismo.
Lavori precedenti. Silvia ha gestito un'edicola, ha selezionato lei stessa del personale per un fast-food («e il mio unico obiettivo era scegliere la persona più indicata per il ruolo richiesto, non controllare se aveva l'orecchino al naso») poi ha rilevato con il marito un'altra attività commerciale, successivamente ceduta. Da quando si è convertita all'Islam, una decina d'anni fa, e soprattutto da quando, 18 mesi fa, ha deciso di indossare sempre il velo e di indicarlo espressamente nella propria scheda «nessuno prende più in considerazione il mio curriculum. Se prima mi convocavano per un colloquio in considerazione del mio buon curriculum e solo dopo avermi vista mi rispedivano al mittente ora non fanno neppure quello. Silenzio totale».
Le ragioni della scelta. Ma perché, per lei, è così importante quel fazzoletto? Tanto più che per anni, pur convertita, lei stessa non sentiva la necessità per portarlo sempre. «Io sono sposata da 7 anni, ma mio marito, essendo musulmano, non mi ha mai costretto a portare il velo perchè sa benissimo che non può essere imposto, ma va portato per scelta». «Non sono l'unica». Senza lavoro perchè musulmana. Un caso? «No, magari. La cosa veramente triste è che non sono l'unica» replica. E cita casi direttamente conosciuti.
Una ex direttrice di banca padovana «fatta fuori» dopo la conversione; una macedone assunta per fare le pulizie in una farmacia di Mestre licenziata dopo 15 giorni perché i clienti si lamentavano della sua presenza; altre donne laureate costrette a fare le pulizie o a lavorare solo in fabbrica, comunque in posti dove non c'è contatto con il pubblico. Come me ci sono tante, troppe donne preparate e qualificate che il nostro provincialismo (tutto italiano) obbliga agli arresti domiciliari. Ho viaggiato un po' ovunque nel mondo. In Inghilterra ho visto donne col velo al check-in o al controllo sicurezza ai varchi dell'aeroporto. Qui avete mai visto donne velate fare il vigile, l'operatore ecologico, la maestra d'asilo, la cassiera di supermercato, la commessa? Qui possiamo al massimo fare le pulizie in nero. O, se siamo fortunate e d'origine extra-europea sperare di fare le mediatrici culturali a chiamata». Ruolo che lei ha svolto - gratuitamente - in un'occasione, a favore della Municipalità di Marghera.
Convenienza. «Non è e non deve essere un fazzoletto a qualificare un candidato - protesta Silvia - Conosco moltissime plurilaureate relegate a casa a causa del loro fazzoletto. Qui in Veneto ci lamentiamo del fatto che molte famiglie di immigrati vivono sulle spalle dei contribuenti chiedendo contributi e sussidi continui a sostegno del loro reddito e non ci viene in mente che concedendo una possibilità di inserimento lavorativo alle donne musulmane e velate, le loro famiglie smetterebbero di avere bisogno di contributi e sussidi».
Se non per doveroso rispetto dei diritti civili o religiosi, quindi, dovrebbe essere una ragione di pura convenienza a convincere i datori di lavoro dell'assurdità della discriminazione.


Blitz all'ex Foro Boario di corso Australia, dove vivevano i mendicanti di Padova: tutti rumeni e serbi
PADOVA. La questura ha dichiarato guerra senza quartiere ad accattoni e mendicanti. Dopo le numerose segnalazioni arrivate in questi giorni, la polizia insieme ai vigili urbani ha effettuato un blitz nel covo dei mendicati, scoperto all'interno degli edifici che ospitavano il Foro Boario in corso Australia. Trovate all'interno undici persone (dieci rumene e una di nazionalità serba), di cui sette uomini e quattro donne. Tutte sono state portate in questura, fotosegnalate e denunciate.
I controlli (c'erano gli agenti delle Volanti, i cinofili e i vigili urbani della Ses) sono iniziati ieri poco dopo le sette. Le persone stavano tutte dormendo. Dentro l'edificio abbandonato avevano allestito un dormitorio, con qualche minimo confort (coperte, un fornello). Per lo più si tratta di uomini e donne che giornalmente chiedono l'elemosina a Pontecorvo o in piazza del Santo durante i giorni festivi. Il più anziano e un rumeno di 44 anni, già denunciato in passato per molestie ai passanti, accattonaggio, arrivato in Italia nel 1991 (a Padova l'anno successivo) e che da allora vive di espedienti (molti padovani lo conoscono: è quel tipo che cammina senza piegare le ginocchia e trema in continuazione). La più giovane è una ragazza (sempre rumena) di 19 anni, arrestata nel settembre dell'anno scorso dalla polizia a Vicenza con l'accusa di circonvenzione di incapace.
Tutti e undici sono stati denunciati per invasione di edificio, ma per qualcuno di loro potrebbe scattare anche qualche provvedimento più pesante, tipo l'allontanamento dalla città del Santo o addirittura dall'Italia.
12 gennaio 2011

12/01/2011  
AOSTA. Nel bilancio regionale del 2011 sono state accantonate le risorse necessarie a garantire la copertura finanziaria del servizio di "tata familiare". Lo ha assicurato oggi in Consiglio regionale l'assessore alla Sanità, Salute e Politiche sociali Albert Lanièce.

Lo stanziamento, ha spiegato l'assessore, ammonta ad un milione di euro, come nel 2010. «Dopo un'attenta valutazione degli uffici - ha precisato -, è stato deciso di non modificare le tabelle che regolano la percentuale a carico della Regione rispetto alla spesa sostenuta dalla famiglia, in quanto ritenuta congrua e, per quest'anno, sostenibile».
Albert Lanièce ha risposto all'interrogazione presentata dalla capogruppo del PD, Carmela Fontana, sulle problematiche emerse da un incontro con le tate dello scorso 25 novembre. Riferendosi proprio a questa riunione, l'assessore ha spiegato che «un gruppo di tate ha espresso la volontà di unirsi in cooperativa. Noi siamo disponibili a rivedere le modalità operative solamente se è la maggioranza delle tate a volerlo».
Secondo quanto riferito dalla capogruppo Fontana, le tate presenti in Valle d'Aosta sono una quarantina e lavorano in una ventina di strutture a cui si rivolgono, mediamente, 120-150 utenti al giorno.
Elena Giovinazzo



 

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