venerdì 4 marzo 2011

Mezzogiorno della Sera, politica economica e finanza pubblica. 4 marzo 2011

Il Prefetto: scioglimento nullo La Iervolino: indaghino i pm

Turismo: Sicilia fuori dalla top 20 europea

Tartufi gratis solo ai molisani

La tragica pagliacciata del berlusconismo.
 
Federalismo Municipale, Tripodi (Pdci): "Berlusconi ha gettato la maschera"
 
Nessun pasto è gratis anche al tavolo delle riforme.

Un matrimonio senza conoscere la sposa.
 
Puglia, testo unico sulle rinnovabili.

L'UNIONE SARDA - Cronache : Gli indipendentisti: chiudiamo le basi
 
L'UNIONE SARDA - Economia: «La tassazione sui fabbricati penalizzerà le imprese sarde»
 
Cosenza: GdF scopre evasione fiscale da 12 mln.

Bari. Affitti in nero, lettere agli studenti.

Palermo. Fiat, finisce ai domiciliari una speranza di Termini.
 
Federalismo fiscale, Lombardo: “Applicabili finora tre articoli”.
 
Federalismo Municipale. Reazioni e commenti dalla Calabria.
Il Prefetto: scioglimento nullo La Iervolino: indaghino i pm
NAPOLI. Il prefetto Andrea De Martino ha annullato le dimissioni dei 31 consiglieri, per alcune irregolarità nella presentazione delle firme. Il centrodestra che in mattinata aveva festeggiato lo storico risultato con lo slogan: «Finisce un’era, ora riprendiamoci Palazzo San Giacomo », in tarda serata ha annunciato che le firme verranno ripresentate. Il sindaco Rosa Russo Iervolino (nella foto) commenta caustica: «Non sanno neanche dimettersi». Intanto, il primo cittadino, in una conferenza stampa, aveva lanciato accuse gravissime: «Non ho prove, altrimenti andrei subito in Procura. Ma se fossi un magistrato indagherei sul perché hanno cambiato idea».
Turismo: Sicilia fuori dalla top 20 europea
di Dario Raffaele Eurostat ha raccolto i dati sulle presenze e i pernottamenti dei turisti nelle diverse nazioni dell’Europa a livello regionale. Prima regione è l’Ile de France, seguita da Catalogna e Baleari. Meglio di noi anche Creta e Cipro
CATANIA - Nell’inchiesta del 18 febbraio scorso, avevamo messo a confronto la Sicilia con le più importanti isole del Mediterraneo in relazione alle presenze turistiche del 2009. Ne era uscita fuori l’immagine di una Sicilia piccola piccola (più grande solo geograficamente) rispetto a Malta, Creta, Cipro e le isole Baleari.
Ma la nostra Isola si conferma indietro anche rispetto a tante altre regioni d’Europa. Eurostat dal 1995 ha raccolto i dati sulle presenze e i pernottamenti dei turisti nelle diverse nazioni dell’Europa a livello regionale.
Con 67,5 milioni di pernottamenti, l’Île de Francia, regione che comprende la capitale francese Parigi, è saldamente in testa per il 2008 (ultimi dati disponibili), seguita da quattro regioni spagnole: Catalogna (56 milioni), Isole Baleari (49,8 milioni di euro), Canarie (49,6 milioni) e Andalusia (47,9 milioni). Seguono le prime due regioni italiane: Veneto (45 milioni) ed Emilia Romagna (33 milioni). La Sicilia non rientra tra le prime 20 regioni d’Europa superata in classifica dalle italiane Toscana, Lazio, Lombardia e Campania, e in Europa anche da Costa Azzurra, Alta Baviera, Aquitania e Tirolo.
Gli hotel chiaramente sono la sistemazione preferita dai turisti non residenti rispetto ad altre formule quale i campeggi. Solo in due regioni tra le prime 20 (la francese Provenza-Alpi-Costa Azzurra, dove la quota dei campeggi è del 42%, e l’italiana regione del Veneto con il 40%) si registra una buona concorrenza rispetto agli alberghi. In cifre assolute, il Veneto, con 11,4 milioni di pernottamenti da non residenti in campeggi, è di gran lunga in testa, seguita dalla Catalogna (7,5 milioni) e Provenza-Alpi-Costa Azzurra (5,9 milioni).
La regione spagnola delle Isole Baleari mostra la più alta intensità turistica, con 47.641 pernottamenti per 1.000 abitanti, seguita dalla regione greca della Notio Aigaio (47.542), la Provincia Autonoma di Bolzano italiano (47.497) e la regione austriaca del Tirolo (42.123). Al contrario, all’altro capo della classifica ci sono 25 regioni con meno di 500 pernottamenti per 1 000 abitanti. La maggior parte di esse si trovano in Turchia (13) o la Polonia (8). Sicilia poco sopra questa soglia con 2.321 pernottamenti ogni 1.000 abitanti.
Interessanti anche i dati sulla densità turistica (numero di visitatori per kmq). Questo indicatore mira a migliorare la comparabilità tra le regioni che si differenziano per dimensioni in tutta Europa. In generale, i centri urbani sono tra i più  densamente visitati. Bruxelles è in testa in termini di densità di turismo (31.113 pernottamenti per kmq), seguito da altre cinque regioni sedi di capitale che hanno una densità superiore a 16.000 pernottamenti per kmq: Inner London (27.331), Malta (24.559), Vienna (23.374), Praga (23.293) e Berlino (16.455). Con 456 pernottamenti per kmq la Sicilia è “fuori classifica”, superata così come abbiamo già rilevato nell’inchiesta dello scorso febbraio anche da Creta e Cipro.
Il turismo è un’attività economica importante (per certe regioni, come la nostra, basilare) e in rapida evoluzione, profondamente legata anche alle trasformazioni sociali, culturali e con rilevanti implicazioni ambientali.
I servizi ai turisti coinvolgono un numero di rami dell’economia molto vasto: si va dalla ricettività (alberghi e altre strutture ricettive anche di dimensione “familiare” come i B&B), alla ristorazione e gastronomia (ristoranti, caffè, ecc), interessando anche i diversi operatori dei trasporti e una vasta gamma di attività culturali e ricreative (teatri, piscine musei, parchi divertimento, nuoto, ecc.).
Per questo motivo, affinché la Sicilia possa riacquistare punteggio e credito verso i turisti stranieri soprattutto, è quanto mai opportuno una sinergia a tutti i livelli, tra operatori turistici e istituzioni, in grado di fare sistema e offrire un pacchetto “unico” e allettante sotto tutti i punti di vista. Il presidente della Regione Lombardo, l’assessore al Turismo Tranchida e quello ai BB.CC. Missineo, sono chiamati a dare l’esempio.
Tartufi gratis solo ai molisani. L'assessore Cavaliere tassa i cercatori che arrivano da fuori regione: sono troppi. Aldo Ciaramella Una tassa di concessione di cento euro per i residenti in regione che si impegnano tra l'altro a condurre una funzione di vigilanti e di controllo del territorio da un punto di vista soprattutto ambientale nel momento in cui si apprestano alla ricerca del pregiato tubero, tartufo, e tremila euro per i non residenti che provengono da fuori regione, quale contributo di solidarietà, tassa che in sostanza ha come finalità la salvaguardia dell'habitat. Un onere quest'ultimo che da un lato evita, perciò, la penetrazione nell'area regionale, in qualche modo, dei cavatori esterni, che già protestano vivacemente, andando perciò a proteggere quelli del posto e dall'altro mette parecchia preoccupazione tra i raccoglitori del tartufo molisano tra quelli che in particolare si recano nelle province limitrofe, soprattutto di Benevento, Caserta, Frosinone Aquila e Foggia. Si teme, infatti, che le Regioni viciniore sulla scorta della modifica alla legge sulla raccolta del tartufo in Molise, possano elevare il costo della tassa che al momento per i non residenti comunque equivale a quella regionale molisana. Naturalmente in loco la Regione cerca di preservare e custodire al meglio questa enorme miniera vegetale di assoluto valore ecologico e di ecosostenibilità oltre che rappresentare un' industria molto fiorente spesso sommersa ma strettamente tipica sebbene ancora tutta da regolare e quindi da registrare nella sua tracciabilità che ora spesso e volentieri finisce per confluire in quelle di altre Regioni dove il tartufo molisano arricchisce mense e confezioni locali con un marchio territoriale improprio. «La modifica alla legge regionale - spiega l'assessore regionale all'agricoltura Nicola Cavaliere - ha come finalità ultima sia la tutela dei cercatori di tartufo molisano da un lato, che la salvaguardia degli habitat naturali dall'altro. Affermare, poi, che il contributo di solidarietà graverà anche sui residenti in regione è cosa imbarazzante ma soprattutto fuorviante di quella che è la realtà. Le uniche novità sono quindi quelle collegate alla tutela e alla salvaguardia del territorio dell'ambiente delle zone tartufi gene attraverso dei contributi di miglioramento ambientale che verranno forniti dai cavatori molisani in sostituzione del contributo di solidarietà e le cui modalità verranno stabilite con delibera di Giunta regionale». Se i cavatori locali sono circa 3500 altrettanti o di più potrebbero essere quelli che provengono da fuori regione. Immaginabile che grande business rappresenta il settore per una raccolta a occhio e croce che potrebbe superare i 35 mila chilogrammi annui comprendendo una media annua procapite di circa 5 chili sia di tartufo bianco che nero che poi arriva nei mercati più prestigiosi italiani da Alba in Piemonte all'Umbria. Ha fatto notizia il tartufo bianco raccolto lo scorso anno in Molise, di 1,080 kg, donato a Telethon e poi venduto da quest'ultimo all'asta in Cina per circa 200 mila dollari. La raccolta in Molise rappresenta tra l'altro il 40% della produzione italiana. Calcolando, poi, una media di un milione di euro al chilo, il bianco ovviamente costa oltre quattro volte quello nero, è facile arrivare a incassi e quindi a fatturati che superano i 30-40 milioni di euro e che costituiscono integrazioni al reddito di molte famiglie e di operatori agricoli e di agriturismo Ottima ovviamente la qualità, la migliore in Italia riconosciuta da tutti gli addetti ai lavori.
La tragica pagliacciata del berlusconismo. 04/03/2011 di LUIGI NIGER I giorni trascorrono nella tristezza, nello smarrimento, nell'incredulità. La miseria economica e sociale, morale e culturale, nella quale il nostro paese è sprofondato, senza speranza di risalita in tempi ragionevoli, fa paura e rabbia nello stesso tempo, una rabbia, per il momento, trattenuta e repressa a fatica. Si colgono nelle parole e gesti dei tanti giovani senza domani, nelle donne non ancora mercificate, nei meridionali da sempre sfruttati e dimenticati, nei poveri condannati ad una povertà sempre più nera e dura. D'altra parte il degrado, il declino, il decadimento, a tutti i livelli, hanno trovato un protagonista indiscusso e un interprete impareggiabile, o meglio un utilizzatore finale, in Berlusconi e, soprattutto, nel berlusconismo. Una tragica pagliacciata che dura ormai da circa vent'anni e che lascerà per decenni segni indelebili nel corpo e nella mente di tanti italiani. Il miliardario avventuriero e la sua compagnia di ventura, per molti aspetti peggiore del capo, hanno trovato complici e supporti notevoli e significativi a partire, per indicarne solo alcuni, dalla gerarchia cattolica, dalla storia del popolo italiano, dal livello dell'opposizione politica. Ancora una volta la gerarchia cattolica per la sua insaziabile e anticristiana sete di potere e di denaro si svende e compra nel nome dei valori. Per carità, niente di nuovo sotto questo cielo plumbeo, l'avevano già compreso molto bene Dante e Machiavelli e tanti altri. Al di là dello scempio evangelico, che non sta a noi valutare ma al gregge cattolico, in particolare in Italia la gerarchia cattolica ha edificato nel corso dei secoli, come scrive nel suo ultimo bel libro Ermanno Rea, una vera e propria fabbrica dell'obbedienza, temendo e censurando, con tutti i mezzi (dall'isolamento al discredito alla violenza fisica), il pensiero critico e diverso, il pluralismo delle idee, il senso civico, l'etica della responsabilità individuale. Nel corso dei secoli ha familiarizzato o addirittura incentivato comportamenti magici, superstiziosi, delinquenziali, dittatoriali. Tanto una confessione e un perdono non si negano a nessuno, anche un secondo prima della morte. Da Franco a Pinochet, da Mussolini a Berlusconi, per limitare il campo ad alcune illustri personalità cattoliche del Novecento, la gerarchia cattolica ha legittimato e continua a legittimare la violenza, la corruzione, il cattivo esempio. Ovviamente in modo garbato, felpato, tacendo o ammiccando. Sorretta, educata, manipolata da questa fabbrica della passività, dell'ignavia e dell'ipocrisia, tanta parte del popolo italiano non poteva che mostrare comportamenti servili, acquiescenti, da rimbambiti. A tal punto da ingoiare l'ingoiabile, da subire qualsiasi umiliazione. La vera egemonia culturale in Italia l'ha sempre avuta la gerarchia cattolica con le sue ramificazioni capillari a livello di territorio, altro che gli isterismi e i funambulismi di un Ferrara o di uno Sgarbi, consiglieri neanche di un principe della risata. A tutto questo si è aggiunta un'opposizione mediocre, imbelle, rissosa, incapace di costruire un'alternativa e una religione civile e della libertà. Mentre l'indegno e inverecondo spettacolo italiano continua nel mondo arabo migliaia di giovani danno la loro vita, che è l'unica che hanno, nel nome della libertà e della dignità umana. Con il loro sangue hanno determinato la caduta di tanti rais, guarda caso tutti grandi amici del capocomico. Mai come oggi la violenza si diffonde a macchia d'olio, a livello collettivo e individuale, negli stati e nelle famiglie, nelle scuole e nelle chiese. Non sarebbe il caso di chiedersi perché e come mai la violenza sia sempre più pervasiva e crudele, al punto da colpire, in casa nostra, bambini e ragazzine non ancora adolescenti? In che cosa abbiamo sbagliato e continuiamo a sbagliare? Cosa si può fare, a partire da oggi e non da domani? Probabilmente ai padroni della tecnica, del mercato e delle anime non importa porsi domande di tal genere, ma chi aspira e si batte per l'avvento di una società più umana e più giusta non può farne a meno, pena la dichiarazione di una resa incondizionata, anche se noi speriamo disperatamente, soprattutto, nella forza e nel coraggio delle donne e dei giovani. A volte, gli schiavi e gli esclusi possono sconfiggere l'egoismo becero e il cinismo cosiddetto intelligente.
Federalismo Municipale, Tripodi (Pdci): "Berlusconi ha gettato la maschera" . Venerdì 04 Marzo 2011 08:55. Di seguito la nota diffusa dal Segretario Regionale del Pdci, Michelangelo Tripodi
Sulla vicenda del federalismo municipale Berlusconi alla fine ha gettato la maschera, evidenziando ancora una volta, ove vi fossero ancora dubbi, il vero volto di un personaggio politico che rappresenta l’essenza dell’antimeridionalismo. Non era bastato che l’altra sera, alla vigilia della partita Milan-Napoli, se ne fosse uscito, con l’infelice battuta “andiamo a battere il Sud”, che ha suscitato un coro di proteste nei napoletani e nei meridionali che hanno schiena dritta.   Ieri alla Camera dei Deputati si è davvero superato quando nel taschino della giacca ha sfoggiato il fazzoletto verde dei leghisti, simbolo di spaccatura e di divisione del paese. E’ davvero incredibile che l’Italia possa ancora avere un Presidente del Consiglio che si abbandona a manifestazioni così deprecabili, disgustose ed offensive. Specialmente ove si consideri che il provvedimento approvato a colpi di voto di fiducia rappresenta un ulteriore passo in avanti sulla strada della spaccatura definitiva e radicale del paese, allargando ancora di più il divario fra il Nord e d il Sud. Cosa che, peraltro, i cittadini meridionali hanno capito bene. Tant’è vero che solo il 18 %, e cioè un’infima minoranza, ha dichiarato di essere favorevole ad un provvedimento che rappresenta un attacco senza precedenti ai diritti e alle conquiste del  Sud e dei suoi cittadini. Nonostante il martellamento mediatico del pensiero unico della classe politica  e dei mezzi di informazione che  ne esaltano  le virtù come se il federalismo fosse la panacea di tutti i mali, i cittadini dimostrano di avere una coscienza critica capace di riflettere e di esprimere giudizi autonomi. Anche le pietre hanno ormai capito che il federalismo è il provvedimento più leghista per eccellenza e, quindi in quanto tale, quello più antimeridionalista  ed anticalabrese. Non a caso nei giorni scorsi i vari Bossi, Berlusconi, Calderoli e Tremonti si sono sperticati nelle dichiarazioni trionfalistiche  parlando addirittura di svolta storica. Certo per costoro si porta a compimento un disegno che coltivano da anni: quello di affondare definitivamente il Sud del paese,  abbandonandolo al suo destino, scippando e rapinando le sue risorse e utilizzandolo tutt’al più come sito per i rifiuti che il nord produce. E’ davvero paradossale, ma fino ad un certo punto, che tutto questo accada mentre siamo alla vigilia del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Si celebra retoricamente l’unità mentre il paese è più diviso che mai ed il Sud non è mai stato così distante dal Nord. Altro che “svolta storica”, il federalismo municipale rappresenta un colpo definitivo alle speranze della Calabria e del Sud. I fazzoletti verdi sventolati da Berlusconi, Bossi, Calderoni e dagli altri leghisti sono l’ emblema ed il suggello di questa vergognosa operazione. Concretamente ciò significa più tasse sulle spalle di tutti i cittadini e meno servizi, meno sanità, meno istruzione, meno assistenza, meno welfare, meno tutela sociale per i cittadini del Sud e della Calabria. Di questo dovranno rispondere e rendere conto, innanzitutto, tutti  quei parlamentari del centrodestra che sono stati eletti con i voti della Calabria e del Sud e che adesso votando per il federalismo, hanno rinnegato il mandato ricevuto, tradendo il territorio e dimostrandosi servi degli interessi nordisti.
Nessun pasto è gratis anche al tavolo delle riforme. di GIUSEPPE DE TOMASO. Alleluia. Il federalismo avanza. Ieri la Camera ha approvato la sua versione municipale mentre entro pochi mesi dovrà essere varata l’opera omnia della riforma cara a Umberto Bossi. I giornali sono stracolmi di cifre. Chi perde, chi guadagna con l’autogoverno fiscale (si fa per dire) prossimo venturo? Domanda inutile. Ci guadagna il Nord, vale a dire l’Italia ricca, il cui gettito tributario non è paragonabile a quello del Mezzogiorno. I cittadini del Sud saranno costretti a sganciare altri quattrini per mantenere la macchina burocratica, con buona pace di tutti i propositi di moderazione impositiva.
La Lega canta vittoria. In effetti ha ottenuto, almeno in parte, quello che voleva, perché le sue richieste iniziali avrebbero prodotto una secessione automatica dello Stivale.
Ha ottenuto che la spesa storica degli enti locali non fosse più il criterio di finanziamento degli enti periferici da parte dello Stato centrale. Ha ottenuto che si bloccasse il paradosso dei premi concessi ai Comuni più spendaccioni, proprio in virtù del calcolo sulle uscite finanziarie degli anni precedenti. Insomma, Bossi può vantarsi di aver portato a casa qualcosa.
Non può sicuramente gloriarsi, lo Special One padano, del bilancio complessivo della sua battaglia pluriventennale. Se i risultati, se il tornaconto per i cittadini settentrionali, secondo gli studi più attendibili, è di poche centinaia di euro l’anno, verrebbe da chiedergli: tutto qui, era proprio necessario? Era proprio necessario scatenare il putiferio nel Paese per benefìci modesti (per un terzo della nazione) e per svantaggi (più sostanziosi) per gli altri due terzi?
I maggiorenti leghisti già mettono le mani avanti: «Non aspettatevi la moltiplicazione dei pani e dei pesci, perché questo genere di miracoli riusciva soltanto a Gesù Cristo». Ma non si era lasciato intendere a chiare lettere che il federalismo avrebbe permesso all’Italia di tornare a correre come una Ferrari? Come mai tanta prudenza nel magnificare le sorti progressive della riforma anelata dai lumbard?
Evidentemente anche i leghisti sanno che un conto è promettere, un conto è realizzare. Al loro posto, uno stato maggiore più accorto si sarebbe comportato come una Penelope della politica: di giorno a tessere la tela (del federalismo), di notte a disfarla. In questo modo i dirigenti leghisti avrebbero tenuto tutti sulle spine e concimato l’illusione dei credenti nella preghiera bossiana. Invece, proprio la conquista del vessillo più sognato dal popolo di Pontida potrebbe coincidere con l’inizio del tramonto della stella padana.
Il ragionamento può sembrare pedestre, ma dalla sua ha il conforto di molte pagine di storia. Già ora, a fattori invariati, i risparmi privati che, al Nord, genererà il federalismo non si annunciano particolarmente eccitanti. Figuriamoci cosa accadrà quando gli stessi settentrionali si renderanno conto che la tassazione rimarrà pressoché invariata o, addirittura, risulterà cresciuta. Le stime odierne sulle tasse del federalismo trascurano un elemento alto quanto una montagna: il costo delle nuove assunzioni per le amministrazioni provviste di nuovi poteri.
Si dice. L’apparato pubblico non crescerà di un capello, perché lo Stato centrale dovrà trasferire personale nei mini-Stati locali. E’ come credere all’asino che vola. Da che mondo è mondo, la burocrazia approfitta anche di uno starnuto per invocare per l’ingresso di nuovi adepti. Accadde nel 1970 dopo il battesimo delle Regioni. Accadrà anche adesso, dopo la benedizione del federalismo. Negli uffici pubblici della periferia verranno inviate molte competenze finora detenute dal centro, ma di sicuro dal centro verranno dislocati pochissimi impiegati (forse nessuno). Chi accetterebbe di cambiare città a costo zero, senza contropartite? Forse nemmeno gli incentivi riuscirebbero a smuovere chi è già radicato in posto. Né si ha notizia di quanti dipendenti servirebbero agli enti locali per assolvere i compiti del federalismo. I più solerti nell’ossequiare il nuovo calderolum prevedono che il costo del personale non salirà. Pia illusione. Tutti i surplus di funzioni, sia nel pubblico che nel privato, comportano o un pingue ristoro della busta paga dei dipendenti o un cospicuo piano di neo-assunzioni.
Ecco. Quanto costerà l’ulteriore infornata nel pubblico impiego modello federalistico? Chissà. Di certo farà saltare tutte le valutazioni algebriche fatte finora su vantaggi e svantaggi della riforma. Già, in parecchi Comuni, si preannuncia una bella grandinata di addizionali Irpef, di tasse scopo e tasse di soggiorno per residenti e forestieri. Immaginiamo cosa accadrà quando bisognerà pagare lo stipendio al personale ingaggiato per fronteggiare i nuovi impegni. Ci si accorgerà che all’Italia servivano meno tasse, non altri dipendenti pubblici. Ma sarà troppo tardi. Più burocrazia. Più poteri a una classe politica aummaaumma.
Il federalismo può funzionare solo se si rispetta questo principio: i costi sono più importanti dei ricavi. E’ davvero questa la filosofia prevalente? Bah. Speriamo solo che la Grande Riforma padana non faccia sconquassi come un fiammifero in una cisterna di benzina.
03 Marzo 2011
Un matrimonio senza conoscere la sposa. di LINO PATRUNO Ma guarda: Milano, Monza, Parma, Imperia, Siena, Pescara, Lodi, Padova, Mantova, Brescia. E’ la classifica delle città che più ci guadagneranno col federalismo fiscale. Pescara stia attenta, potrebbero espellerla come spia. Tutto Centro Nord, anzi più Nord che Centro. Sistema rapido per confermare il ritornello di Bossi: i soldi nostri ce li teniamo noi. Le città che più ci perderanno? Napoli, Cosenza, Taranto, L’Aquila, Foggia, Brindisi, Salerno. Tutte Sud, tranne L’Aquila, altra intrusa. Sono dati degli Artigiani di Mestre, non meridionali.
Commento (loro): ovvio che sia così, quelle città sono meglio amministrate. Ma a nessuno, meno che mai ai politici del Sud, che salti in mente un’obiezione. Essendo più ricche, hanno entrate più ricche. Magari sono meglio amministrate, compresa la Milano di Tangentopoli, degli assessori arrestati con le bustarelle in tasca, degli scandali finanziari, dei soldi della ‘ndrangheta che non dispiacciono, degli sprechi e della guerra per bande dell’Expo 2015. Ma essere più ricchi significa avere più asili, più assistenza agli anziani, più bus. Vivere meglio.
Situazione col federalismo fiscale: meno trasferimenti (soldi) dallo Stato alle città. Con quelle più ricche sempre più ricche e quelle più povere sempre più povere. Allora quelle più povere, per non chiudere gli asili e non abbandonare gli anziani, dovranno aumentare le tasse, tranne che non sia cambiata l’aritmetica. E con l’evasione che c’è, le tasse in più le pagano i soliti lavoratori dipendenti e i soliti pensionati.
Va bene, aumentano le tasse locali, ma diminuiscono quelle nazionali, di che vi lamentate? No, di questo nessuno ha finora parlato nel Paese più tassato d’Europa e con i servizi pubblici peggiori d’Europa. Ai politici meridionali non è venuta mai la curiosità di chiederlo. Perché non può ridurre le sue tasse uno Stato col terzo debito del mondo, e con 80 miliardi di interessi da pagare ogni anno. E uno Stato che, nonostante i proclami, continua ogni anno ad aumentare la sua spesa invece di diminuirla. Tranne poi accusare i sindaci (soprattutto del Sud, ovvio) di essere spendaccioni, ma ora il federalismo li costringerà alla responsabilità. Piccolo particolare tra parentesi. Bossi vuol tenersi i suoi soldi, perché Roma Ladrona glieli toglierebbe andando a spenderli al Sud. Falso: la spesa pubblica è maggiore al Nord. Quindi quand’anche glieli togliesse, glieli restituisce uno dietro l’altro (controllare su Internet, ministero del Tesoro). E se il Nord cede ogni anno 50 miliardi dei suoi soldi, dal Sud al Nord ne salgono ogni anno 96, in acquisto di prodotti e servizi del Nord (tipo ricoveri nei loro ospedali), in ragazzi che emigrano con la laurea pagata dai loro genitori al Sud.
Conclusione: federalismo uguale più tasse. E più a Sud, ovviamente. Proprio quel Sud che Bossi e i «bossoidi» dicono di voler avvantaggiare. Però federalismo uguale anche più spesa. La Spagna federale ha raddoppiato i suoi dipendenti. Ma basta vedere cosa è avvenuto in Italia con le Regioni. E scommessa: se alcune funzioni passeranno dallo Stato agli enti locali, ci sarà un dipendente che vorrà trasferirsi senza promozione, buonuscita, vertenza, danno biologico? Ma allora, occorre capire cosa è questo federalismo. Non è la madre di tutte le riforme che finalmente modernizzerà l’Italia e risolverà il problema del minore sviluppo del Sud. Non è insomma ciò che dice col sorrisetto razzista il “lumbard” Salvini, quello che “i napoletani puzzano”. E’ una riforma fiscale col principio contrario a quello costituzionale della progressività delle imposte: pagherà più tasse chimeno ha (il Sud), ne pagherà di meno chi più ha (il Nord, ma non se ne stia anch’esso così tranquillo).
Tutti si sono innamorati della parola “federalismo” come un tempo si combinavano i matrimoni senza conoscere lo sposo o la sposa. Essere contrari al federalismo sembrava ammettere di avere l’alito pesante. E così i politici del Sud dichiarano, per carità, di non aver paura del federalismo. Ma anche gli industriali, i sindacati, gli intellettuali, tanto per capirci quando si parla di classe dirigente meridionale. Però lo vogliono “equo e solidale”, cioè partire dalle stesse condizioni, o quasi. Allora si vedrà davvero chi sarà più capace.
Pronto consenso della Lega Nord. E ci mancherebbe, si venderebbero le sorelle pur di fare il secondo colpo della storia (dopo l’Unità d’Italia tutta a loro vantaggio). Ci sarà un fondo di perequazione per consentire al Sud di diminuire o azzerare il divario col Centro Nord. Bene, dov’è, quant’è, com’è? Ricerche finora tutte vane, quand’anche siano state fatte. Nessuno ne sa nulla, né c’è un onorevole sudista che sia andato a chiederlo. Ma il federalismo è bello, ce lo prendiamo a scatola chiusa come abbiamo sempre fatto in 150 anni. Ce lo prendiamo proprio. 04 Marzo 2011
Puglia, testo unico sulle rinnovabili. di GIUSEPPE ARMENISE Mentre la Puglia conta di completare entro giugno il quadro normativo per l’autorizzazione a nuovi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, il governo fa slittare di 4 mesi la modifica dei criteri per la concessione di aiuti statali (tuttora larghissimamente i più alti d’Europa) alle imprese che investono nel settore. Manca però ancora il dato di riferimento, senza il quale si continuerà ad assistere ad una vera e propria corsa all’oro in assenza di una pianificazione che possa dirsi realmente tale. Infatti è passato un altro mese senza che il governo abbia stabilito la quota (burden sharing) di energie rinnovabili attraverso la quale ogni regione contribuirà al raggiungimento dell’obiettivo di produzione indicato dall’Ue per ciascuno stato membro. Dopo aver emanato entro i termini di legge le linee guida con l’indicazione delle aree non idonee all’istallazione di specifiche tipologie di impianto da fonti rinnovabili, la regione Puglia punta ora a regolamentare complessivamente il settore.
Per fare questo, la commissione Ambiente ha deciso all’unanimità di istituire una sottocommissione coordinata dal consigliere regionale Pd, Giovanni Epifani, e costituita da tre componenti della commissione e da quattro tecnici degli assessorati competenti. Obiettivo integrare in un testo unico le tre proposte di legge su promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, istituzione dell’anagrafe degli impianti eolici e fotovoltaici, sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili a salvaguardia del clima. Tra le novità anche l’ipotesi di introdurre crediti d’imposta per chi investe nel settore.
«Il testo unico sulle rinnovabili - dice il consigliere Pd, Antonio Decaro - offre l’occasione di stabilire i criteri per favorire ulteriormente la produzione di energia fotovoltaica sia sui tetti delle abitazioni delle famiglie sia su quelli delle piccole e medie aziende pugliesi. Inoltre fornirà regole precise per la riduzione e l’efficientamento energetico».
Per l’altro consigliere Pd, Ruggiero Mennea: «La Puglia, così com’è stata antesignana nel credere nelle energie rinnovabili, avverte ora il senso di responsabilità di dover disciplinare un settore così strategico e importante, che può essere interessato da infiltrazioni mafiose. Quest’iniziative di legge è un altro esempio di buona legislazione del governo Vendola» .
Ma l’esigenza di regolamentare il settore delle rinnovabili anima anche il dibattito nazionale. Il Consiglio dei ministri ha approvato ieri il decreto proposto dal ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani con il quale si sposta a giugno il termine a partire dal quale cambierà il regime degli aiuti statali agli imprenditori delle rinnovabili. Scompare invece il tetto degli 8mila megawatt di fotovoltaico come limite al sostegno economico.
Per i terreni agricoli, inoltre, è stato fissato al 10% l’utilizzo della superficie e a 1 megewatt di potenza, regola che non vale per i campi abbandonati da almeno 5 anni. Tagli del 22% (contro il 30% inizialmente proposto) per i certificati verdi. la maggioranza accoglie positivamente il provvedimento, mentre l’opposizione e le associazioni ambientaliste denunciano una sorta di blocco di fatto del settore delle rinnovabili, condito da un clima di incertezza per il futuro che condizionerà fortemente tanto gli investimenti dei privati, tanto l’apertura di credito da parte del sistema bancario. E c’è chi ipotizza un ricorso alla Corte costituzionale per eccesso di delega.
«Gli incentivi per l'installazione dei nuovi impianti fotovoltaici per il triennio 2011/2013 - dice Giuseppe Bratta dalla Geatecno, azienda pugliese del settore - sono confermati fino al 31 maggio. Ciò comporterà una corsa agli incentivi finora approvati, ma impedirà ogni pianificazione aziendale».
L'UNIONE SARDA - Cronache : Gli indipendentisti: chiudiamo le basi 04.03.2011 Il direttivo nazionale di “A manca pro s'indipendentzia” non ha dubbi. Anzi, non li ha mai avuti: «Ai partiti politici e ai sindacati che soltanto oggi, di fronte a tumori nel 65 per cento dei pastori che gravitano a stretto contatto con la base militare, agli agnelli malformati, alle grotte danneggiate dalle esplosioni, chiede la sospensione delle guerre simulate, ricordiamo che da sempre noi indipendentisti chiediamo l'immediata chiusura di tutti i poligoni, basi e ogni altra installazione militare straniera sul nostro territorio nazionale (italiani, Usa o Nato). Esigiamo inoltre che lo stato italiano paghi le bonifiche e il ripristino dei poligoni ad uso civile, risarcisca le vittime e indennizzi tutte le attività economiche che in questi anni sono state danneggiate direttamente o indirettamente dalla presenza militare». Il messaggio di “A manca pro s'indipendentzia” è soprattutto politico: «Tutto ciò che si svolge all'interno del poligono è coperto dal segreto di stato e intanto molte persone si ammalano di linfomi e muoiono, e le terre circostanti hanno perso la loro fertilità diventando aride. Dobbiamo essere in grado di agire come popolo e di difendere la nostra terra da qualsiasi atto incivile e dannoso. Lo stato italiano ha dimostrato di non proteggere la nostra salute e di rendere contaminata e nociva la nostra terra. Apriamo gli occhi davanti a tutto questo orrore, denunciamo con tutti i mezzi di cui siamo a disposizione, ma soprattutto alziamoci e lottiamo per i nostri diritti». Intanto proprio ieri il neo Comitato di studio sulla “sindrome di Quirra”, costituito dalla Provincia dell'Ogliastra, ha iniziato il suo lavoro e ha deciso di analizzare autonomamente i dati epidemiologici già raccolti, e di quelli in arrivo, sui casi di tumore registrati tra la popolazione e di malformazioni sul bestiame nell'area militare di Perdasdefogu-Quirra, già al centro di un'inchiesta della magistratura di Lanusei. «Abbiamo stabilito un percorso di lavoro e concordato di coinvolgere, di volta in volta, tutti i soggetti che possono contribuire a fare chiarezza sulla sindrome di Quirra, come i Comuni, Asl, enti locali, esperti e studiosi», ha spiegato il presidente della Provincia, Bruno Pilia, che ieri ha coordinato i lavori del Comitato. Si cercherà di coinvolgere anche la Provincia di Cagliari, su cui ricade parte del territorio del Poligono, e la Regione che, con gli assessorati della Sanità e dell'Ambiente, ha competenze precise in materia di salute pubblica. Alla riunione, oltre agli amministratori locali, hanno partecipato il commissario della Asl ogliastrina, Francesco Pintus, il responsabile del Registro tumori di Nuoro e Ogliastra, Mario Usala, il direttore del Dipartimento di prevenzione Asl, Dino Garau, e il dirigente sanitario dell'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Ogliastra, Pierangela Cabras. A esprimere perplessità sulla nascita di questo ulteriore gruppo di lavoro è stato Antonio Onnis, responsabile dell'equipe scientifica che dovrà valutare i risultati del monitoraggio ambientale effettuato dalla Nato nel poligono. «Che bisogno c'è di convalidare ulteriormente i dati che già altri devono a loro volta valutare?».
L'UNIONE SARDA - Economia: «La tassazione sui fabbricati penalizzerà le imprese sarde» 04.03.2011 «Il nuovo federalismo fiscale farà male alle imprese: la tassazione sui fabbricati crescerà del 29 per cento e le province dell'Isola saranno le più colpite». I costi del passaggio dall'Ici all'Imu (l'imposta municipale unica) allarmano gli artigiani sardi. Luca Murgianu, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna, è diretto. «Siamo molto preoccupati dopo l'approvazione del decreto alla Camera: l'aggravio impositivo è evidente, con un Ici al 6,49 per mille contro il 7,6 per mille dell'Imu». Ma non solo, precisa Murgianu: «Grazie all'autonomia concessa ai Comuni, la nuova aliquota base potrà salire fino al 10,6 per mille, il che innalzerebbe la tassazione a livelli intollerabili». L'INDAGINE Secondo l'analisi dell'Ufficio studi di Confartigianato, in Sardegna l'impatto dell'Imu sugli immobili delle imprese (laboratori per arti e mestieri, botteghe, uffici, negozi, magazzini, opifici, alberghi, pensioni, teatri e fabbricati industriali-commerciali) sarebbe di 141 euro in più per unità immobiliare. Gli enti locali dell'Isola, per questo, incasserebbero 29 milioni di euro in più rispetto agli attuali 100 milioni, arrivando a incamerare un totale di 129 milioni (per una percentuale del +29,1%). LA GRADUATORIA Nella classifica nazionale, la Sardegna è la regione che in percentuale, dopo la Valle D'Aosta (+73,5% da 10 a 17 milioni), incrementerà maggiormente i propri introiti. Seguono il Friuli con un +24,7% (da 93 a 116 milioni) e la Lombardia (+22,9% da 960 a 1180 milioni di euro). In coda il Lazio (+11,4%, da 594 a 661 milioni di euro). LE PROVINCE L'analisi svolta sulle 101 province italiane evidenzia come il passaggio dall'Ici all'Imu determinerebbe un incremento d'imposta superiore a un quarto. In Sardegna sarebbero notevoli gli aumenti nella provincia di Nuoro (+36,9 %), Oristano (+36,6%), Cagliari (+28%) e Sassari (26,2%). Queste quattro province entrerebbero fra le prime 10 dove l'Imu avrebbe un impatto maggiore. Nell'elenco, la prima provincia sarebbe quella di Aosta, le ultime sarebbero invece Massa Carrara (+8,6%), Rimini (+8,7%) e Grosseto (+9,2%). LE MANOVRE DEI COMUNI Il decreto legislativo sul federalismo municipale prevede la possibilità per i Comuni di utilizzare la leva fiscale in maniera restrittiva o espansiva, variando l'aliquota base (7,6 per mille) del 3 per mille in più (arrivando al 10,6 per mille superiore all'attuale aliquota media) o del 3 per mille in meno (arrivando al 4,6 per mille, inferiore all'attuale aliquota media). Confartigianato, simulando l'aumento del 3 per mille, e passando quindi dal 7,6 per mille al 10,6 per mille, ha verificato che ogni unità immobiliare avrebbe un aggravio di 388 euro. L'Isola aumenterebbe il suo introito di 80 milioni (+80,1%) e sarebbe la seconda regione in Italia dopo la Valle D'Aosta (+142%). Nel caso contrario, simulando una riduzione del 3 per mille, e cioè passando dal 7,6 per mille al 4,6 per mille, per ogni unità immobiliare ci sarebbe un risparmio di 106 euro. La Sardegna perderebbe 22 milioni di euro totali (-21,8%) e risulterebbe la regione con l'impatto minore al livello nazionale. LANFRANCO OLIVIERI
Cosenza: GdF scopre evasione fiscale da 12 mln. Venerdì 04 Marzo 2011 09:52 Un'evasione fiscale per circa 12 milioni di euro e' stata scoperta in provincia di Cosenza dalla guardia di finanza. Due i soggetti, operanti nel settore del commercio all'ingrosso e al dettaglio di prodotti alimentari, controllati e risultati evasori totali. Nel corso dell'indagine i finanzieri hanno rilevato oltre 10 milioni di euro di ricavi sottratti all'imposizione e costi indeducibili pari a circa 1.700.000,00, con la sottrazione di una base imponibile ai fini Irap di circa due milioni cinquecentomila euro, emissione fatture per operazioni inesistenti per un importo di oltre due milioni e conseguente omesso versamento di imposte, tra Iva, Ires e Irao, per circa 800 mila euro. Dall'indagini e' emerso anche il sistema adottato che si basava sull'utilizzo di due distinte aziende di cui una di fatto inoperosa e tenuta cartolarmente attiva al solo fine di consentire alla seconda impresa, gestore, tra l'altro, di due supermercati, l'evasione delle imposte anche mediante l'emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Gia' nell'ottobre 2009, in occasione della prima attivita' ispettiva, i finanzieri avevano proceduto al sequestro preventivo di circa 24 tonnellate di generi alimentari e bevande custodite in cattivo stato di conservazione all'interno di un locale sprovvisto delle pautorizzazioni sanitarie. Nell'ambito dell'indagine tre persone sono state denunciate per violazioni penali, tributarie e in materia sanitaria relative alla disciplina igienica della produzione e vendita di sostanze alimentari e bevande.
Bari. Affitti in nero, lettere agli studenti. La Finanza invia 15mila questionari. I controlli a tappeto per evitare il «no contratto». Cresciute le denunce, il Suina: «Il 95% è in nero». BARI - Finanzieri, in missione, porta a porta, a caccia degli affitti in nero. Sono scattati gli accertamenti dei militari sugli appartamenti offerti senza contratto agli universitari. In pochi mesi sono già 15mila gli studenti rintracciati dai militari del nucleo di pronto intervento fiscale delle Fiamme Gialle. L’offensiva contro l’evasione nel mercato immobiliare è cominciata dal centro di Bari. Il metodo scelto per questa "battuta di caccia", con palazzi e appartamenti setacciati uno per uno, è un questionario. Per individuare gli affitti non dichiarati, e sui cui redditi i proprietari non pagano le tasse, i finanzieri hanno incrociato i dati delle utenze elettriche dell’Enel con quelli dell’Ici. Poi, utilizzando la banca dati, hanno depennato i proprietari e sono così arrivati ad una lista di inquilini in affitto. All’interno dello stesso elenco, grazie ai dati trasmessi dall’Università, i militari hanno individuato gli studenti fuori sede. In particolare gli iscritti che vivono da tre anni in città. Laureandi e non, si sono visti recapitare un questionario nel quale i finanzieri chiedono tutti i dati relativi alla locazione, compreso il modo in cui pagano il canone mensile al proprietario.
In alcuni casi, invece di spedire i questionari, i finanzieri sono andati di persona a prendere le informazioni, appartamento per appartamento. Con una sorta di effetto sorpresa, che ha impedito a inquilini e proprietari di concordare le risposte. Dopo l’avvio delle indagini - che ha visto 15mila richieste di accertamenti - sono cresciute le denunce su affitti fuorilegge al Sunia, il sindacato inquilini. Sono tantissimi gli appartamenti che vengono affittati agli universitari senza contratto: il prezzo per una stanza varia da 200 a 350 euro, a seconda delle zone. Scorrendo le offerte si scopre però che una stanza singola in via Putignani può costare fino a 600 euro, un posto letto in una doppia vicino al Policlinico non meno di 250 compreso il condominio e un divano letto "con uso servizi e lavatrice" 280 euro al mese. «No contratto»: è scritto nero su bianco sugli annunci che affollano le bacheche dell’università o sussurrato al telefono dai proprietari degli appartamenti. «Il 95 per cento degli affitti agli universitari in città è in nero» denuncia il Sunia - i prezzi restano spropositati a fronte di condizioni spezzo invivibili degli appartamenti, gli impianti non a norma e i servizi non adeguati». Inoltre i proprietari non potrebbero affittare zone delle case, come le stanze o i posti letto, senza un’ autorizzazione specifica del Comune e dovrebbero garantire 14 metri quadrati a testa.
«Ma nessuno lo fa: se il contratto c’ è, è registrato per uno solo dei ragazzi che dividono la casa - spiegano dal sindacato - e gli altri si aggiungono in nero, pagando molto più di quanto non risulti sulla carta». Il giro di vite sugli affitti fuorilegge rientra nella convenzione firmata a settembre scorso tra Fiamme Gialle e Ateneo. Oltre alle case in nero, i militari stanno controllando le dichiarazioni degli studenti. Sotto osservazione ci sono i 27mila universitari che hanno presentato richiesta di esonero totale (7mila) o parziale (20mila) per il pagamento delle tasse. Un numero esorbitante che corrisponde a quasi la metà degli iscritti (60mila). E’ stata creata una cabina di regia composta da finanzieri e funzionari dell’università: l’Ateneo si impegna a trasmettere i dati degli studenti e la Finanza ad analizzare, su un campione vasto, quelle dichiarazioni che sembrano irregolari, perché non corrispondenti, ad esempio al reddito o alle proprietà reali del nucleo familiare. Negli anni, diversi sono stati gli stratagemmi utilizzati da alcuni universitari, a partire dalla contraffazione dei bollettini postali. Da qui la necessità da parte delle forze dell’ordine di creare una squadra ad hoc che si occupa esclusivamente di queste indagini. Valentina Marzo
Palermo. Fiat, finisce ai domiciliari una speranza di Termini. di Gianpiero Casagni 4 marzo 2011 - E’ finita agli arresti domiciliari una delle speranze di rilancio di Termini Imerese. Il presidente ed ammministratore delegato di una delle sette società selezionate per il rilancio dell’area del polo Fiat siciliana (che aveva annunciato un investimento da 500 milioni e l’assunzione di 600 persone), è da ieri agli arresti domiciliari. A Corrado Ciccolella, imprenditore a capo della omonima Spa del settore florovivaistico controllata dalla srl che a Termini vuole realizzare serre con pannelli fotovoltaici integrati, la procura di Crotone contesta di aver utilizzato diversi milioni di finanziamenti europei per fini diversi da quelli per i quali erano stati concessi. E per questo ha chiesto ed ottenuto dal Gip l’emissione della misura cautelare. L’accordo per Termini prevede un’operazione di poco superiore al miliardo di euro, di cui poco meno della metà provenienti da risorse pubbliche. A 100 milioni del ministero si affiancheranno 200 milioni della Regione Siciliana più altri 150 che la giunta Lombardo dovrebbe mettere a disposizione per le infrastrutture a sostegno dell’area industriale.
In una nota la Ciccolella Spa ha reso noto che “la vicenda giudiziaria riguarda fatti accaduti nel 2005 in riferimento alla AliBio S.A. a r.l., società già da tempo fuori dal perimetro di consolidamento (essendo stata dismessa la relativa partecipazione nel corso dell’anno 2010), e, comunque, sarà discussa durante la prossima riunione del Consiglio di Amministrazione prevista per lunedì 7 marzo”.
La Ciccolella “auspica, anche in considerazione della limitata portata dei fatti contestati a Corrado Ciccolella, che la medesima vicenda venga definita in tempi brevissimi”. Analogo auspicio, si presume, facciano i lavoratori di Termini Imerese che vedono all’orizzonte del loro futuro tristi presagi.
Federalismo fiscale, Lombardo: “Applicabili finora tre articoli”. di BlogSicilia 4 marzo 2011 - Il federalismo fiscale “è ancora in una fase di confronto”, tant’è che “la Corte costituzionale con sentenza 201 del 2010 ha stabilito l’effettiva applicabilità di soli tre articoli della riforma”, ovvero ” il 15, il 22 e il 27 “, ”tutto il resto è ancora in fase di definizione con il Governo, questo ci permetterebbe comunque di applicare dopo circa 60 anni gli articoli 36, 37 e 38 del nostro Statuto”. Lo ha detto il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, intervendo al convegno “Riforma della contabilità pubblica, avvio del federalismo fiscale e adeguamenti organizzativi” organizzato dalla Corte dei Conti e dall’Assemblea Regionale Siciliana a Palermo. ”Il federalismo, comunque – ha aggiunto Lombardo – è uno sforzo che occorre fare innanzitutto con noi stessi, perche’ sinonimo di organizzazione e responsabilità”.
Federalismo Municipale. Reazioni e commenti dalla Calabria. Numerosi i commenti che si sono susseguiti mentre è in corso la riforma federale. Tassone, Tripodi e Belcastro spiegano le loro ragioni 04/03/2011 Commentando i passi avanti della riforma federale, il deputato calabrese Mario Tassone, vicesegretario nazionale dell’Udc, ostenta l’ottimismo di ritenere che ci sia ancora margine per intervenire: «Sfugge ai più - afferma il parlamentare - che il provvedimento sul federalismo fiscale avrà attuazione dal gennaio 2014, per concludersi nei successivi 4 anni. Ci troviamo di fronte ad una legge delega e a decreti legislativi, entrambi modificabili con procedura ordinaria. C'è quindi una lunga fase per necessarie riflessioni e opportune modifiche per bloccare i processi disgreganti che il provvedimento ha innescato. L’Udc - assicura Tassone continuerà a battersi per questo, coerentemente alle posizioni assunte da sola nel 2009 in Parlamento, dicendo no alla legge delega n. 42 del 2009».
Intanto, però, in Calabria c’è chi è in allarme. A partire da un altro esponente Udc, il consigliere regionale Pasquale Tripodi: «Il federalismo municipale approvato ieri è l’ennesima batosta per le regioni del Sud. Un altro passo avanti sulla strada della secessione morbida che, però, viste le conseguenze devastanti sul Mezzogiorno, sarà tutt'altro che morbida».
Tripodi sottolinea ancora: «La nostra regione, dinanzi al federalismo che induce la Lega a festeggiare non può tacere. Dovrebbe invece preoccuparsi molto. E, soprattutto, comprendere che non si possono sempre anteporre le logiche partitiche agli interessi generali. Di questo passo, altro che nuove tasse concesse ai comuni. Rischiamo, al contrario, complice anche il meccanismo complicatissimo di compensazioni che rendono il federalismo municipale un pasticcio, di vanificare un pezzo di democrazia calabrese e di agevolare, invece di frenare con ogni mezzo, la fuga dei nostri giovani e la difficoltà, per gli enti locali, di garantire i servizi indispensabili ai cittadini».
«Assistere indifferenti allo scempio di ogni criterio di giustizia sociale – sostiene ancora il consigliere regionale dell’Udc – non porterà da nessuna parte. Mi chiedo se ci si rende conto che ormai i comuni calabresi non ce la fanno più, e che il voler gravare le imprese di ulteriori balzelli significherà sfaldare del tutto il nostro già fragile sistema produttivo. L’Udc non ha votato il federalismo, perchè aveva intuito il prezzo pesante che l’accordo Lega-Pdl scaricherà sull'unità del Paese e soprattutto sul Mezzogiorno. I fatti ci dimostrano che, anche in questa circostanza, Cesa e Casini hanno visto giusto».
Secondo Michelangelo Tripodi invece, segretario regionale del Pdci, «sulla vicenda del federalismo municipale Berlusconi alla fine ha gettato la maschera, evidenziando ancora una volta, ove vi fossero ancora dubbi, il vero volto di un personaggio politico che rappresenta l’essenza dell’antimeridionalismo».
Giuseppe Giordano, consigliere regionale di Idv, afferma invece la convinzione del suo partito delle «opportunità di una riforma dello stato in senso federalista; non possiamo, però - precisa - che rimanere delusi e preoccupati da un provvedimento, quale quello sul federalismo municipale, che invece di esaltare le differenze in una logica unitaria e paritaria rischia di trasformarsi in una sorta di bomba ad orologeria che porterà il meridione ad una deflagrazione socio economica». Infine anche il coordinatore provinciale del pd di Crotone, Belcastro, ha commentato l’approvazione della legge sul federalismo municipale affermando che «l'applicazione di quel testo, come ha chiarito il segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, nel suo intervento in aula, non porterà al federalismo, ma servirà soltanto a consentire ai Comuni di recuperare, attraverso un aumento delle tasse che pagheranno i cittadini, una parte delle risorse drasticamente tagliate dal Governo.
I cittadini – aggiunge – pagheranno così per le addizionali, mentre commercianti e artigiani dovranno sopportare un aumento dell’esborso per gli immobili in cui esercitano la propria attività. Tutto questo, paradossalmente, mentre il Governo ha alleviato la tassazione sulle rendite da capitale! Attuare il federalismo nei termini in cui è stato concepito, – secondo belcastro – non fa altro che peggiorare una situazione già di per sè difficile e grave: non posso non immaginare le ripercussioni sui cittadini del nostro territorio, dove sono molte le famiglie con problemi di reddito, dove la disoccupazione è sempre più in crescita, e dove non solo si stenta ancora ad intraprendere la strada dello sviluppo economico ma è prassi ormai quotidiana avere notizia di aziende in crisi. Senza tralasciare il fatto che nella nostra provincia, appunto, sono molte le famiglie che vivono con l’ammortizzatore sociale della cassa integrazione. Quanto sta accadendo – aggiunge – non è altro che il frutto dello scambio tra Bossi e Berlusconi: Bossi ha ottenuto la possibilità di sventolare una bandierina, quella del federalismo appunto, certamente vuota, pasticciata e carica di ripercussioni per i cittadini. In cambio la Lega ha firmato la richiesta di sollevare il conflitto di attribuzione per fermare i giudici di Milano e si appresta a dire sì anche alla riforma costituzionale della giustizia disegnata dal ministro Alfano e illustrata proprio mentre in aula si discuteva di federalismo, alla consulta giustizia del Pdl». Pdl e Lega hanno chiesto al presidente Fini di passare la richiesta di sollevare il conflitto di attribuzione; la richiesta è chiara: rivolgersi alla Corte Costituzionale perchè il processo per concussione nei confronti di Berlusconi passi dalle mani dei giudici milanesi al tribunale dei ministri, perchè - evidenzia - quando Berlusconi ha chiamato la questura di Milano per intercedere nei confronti della giovane Ruby credeva davvero che fosse la nipote di Mubarak e quindi agiva in qualità di presidente del Consiglio».

Nessun commento: