lunedì 4 aprile 2011

Mezzogiorno-Mattino. 4 aprile 2011.

Manifesto per il Sud, da internet alle città

Bari. Sovraffollamento, 3 detenuti tentano suicidio in Puglia

Italia, la “mappa” dell’evasione

Cagliari, zona franca nel Porto Canale. Si va verso l'ennesimo rinvio

L’Aquila, la lenta ricostruzione e le manifestazioni


Manifesto per il Sud, da internet alle città
di Elena Di Dio 3 aprile 2011 -
Dalle dichiarazioni on web, dalle presentazioni alle stampa fino allo sviluppo delle azioni sul territorio. La strategia di Raffaele Lombardo che ha lanciato il Manifesto per il Sud, scritto e pensato da un “anonimo” intellettuale, prende corpo adesso nelle città.

Il tour del presidente della Regione, comincia a sorpresa a Messina, dove ieri, il coordinatore cittadino dell’Mpa, Fabio D’Amore ha organizzato un incontro con tutte le forze autonomiste della città, ospite d’eccezione proprio il governatore. Ed è proprio sulle “comunicazioni” che D’Amore ha puntato presentando il nuovo portale internet, una sorta di piazza virtuale a cui tutti gli autonomisti possono collaborare, l’idea di una webtv e la rete delle forze autonomista che in riva allo Stretto possono tener conto di tredici associazioni e sette circoli tematici.

Riportare il meridione al centro del dibattito nazionale è l’obiettivo, bypassando la classe dirigente siciliana che “tiene casa” oltre lo Stretto ma che della Sicilia ha ormai perso memoria. Parole dure, in questo senso quelle pronunciate proprio da Raffaele Lombardo, a proposito dei ministri siciliani: “Chi di loro, vedendo la situazione di Lampedusa, ha detto mi dimetto? Nessuno, perché sono nati in Sicilia, prendono voti in Sicilia, ma non sono Siciliani”.

Per rilanciare il progetto autonomista, Lombardo ha portato a modello gli esempi di Malta, del Trentino Alto Adige e della Val d’Aosta e infine sui giovani, il governatore ha speso parole contro il clientelismo: “Dobbiamo finirla con questa vecchia e squallida politica del do ut des, le nuove generazioni non devono battersi per una poltrona o per un ministero, ma per la collettività. Rischiate, buttatevi, spendetevi – ha esortato – per la vostra terra a testa bassa senza chiedere nulla in cambio”.

Bari. Sovraffollamento, 3 detenuti tentano suicidio in Puglia
BARI – Un altro tentativo di suicidio, dopo quello di giovedì scorso, si è verificato oggi da parte di un detenuto, nel carcere di Bari. Lo rende noto il vicesegretario nazionale dell’Osapp, Mimmo Mastrulli. “In cinque giorni – dice Mastrulli – si sono verificati in Puglia tre tentativi di suicidio, uno a Lecce e gli altri due a Bari: in tutti e tre i casi i detenuti sono stati salvati grazie all’intervento di un agente di polizia penitenziaria”.

Dall’inizio dell’anno ad oggi in Puglia sono stati otto gli episodi – tra suicidi e tentativi di suicidi – riguardanti detenuti rinchiusi “negli affollatissimi istituti di pena della Puglia”. “Il Penitenziario di Bari in questi giorni ha operato uno sfollamento di quasi 100 reclusi per le regioni del Sud e Centro Italia, e si appresta ad ore – rende noto Mastrulli – al trasferimento di altre 150 persone verso la città di Trani dopo aver portato altri 17 detenuti verso il superaffollato carcere di Foggia che ha avuto gli onori della cronaca per episodi di suicidio e di tentativi di suicidio avvenuti nei mesi scorsi”.

Il penitenziario di Bari dovrebbe mantenere una capienza regolamentare di 296 posti letto, ma attualmente ospita 606 detenuti. L’Osapp denuncia “la cronica carenza degli organici di polizia penitenziaria” e chiede “interventi urgenti per far fronte alla difficile situazione”. In Puglia nelle 15 strutture penitenziarie i posti regolamentari sono 2.528 ma ad oggi i reclusi risultano essere complessivamente 4.445.

Italia, la “mappa” dell’evasione
03 aprile 2011 E.Cap.
Roma - L’Italia dell’evasione è ricca di contrasti: le tasse sottratte al Fisco si attestano mediamente al 17,87%. Però, se si tolgono i redditi di chi le tasse le deve pagare per forza, come i dipendenti e i pensionati, che hanno le trattenute automatiche, o gli investitori, che pagano le tasse “alla fonte”, l’evasione media arriva a sfiorare il 40%: per la precisione, “spariscono” 38,41 euro per ogni 100 di imposte pagate. Poi il tradizionale divario Nord-Sud, che vede alcune aree del Mezzogiorno con un’evasione vicina al 66%, cui si aggiunge un nuovo gap tra grandi e piccoli centri, con le grandi città produttive che sono a basso tasso di evasione (10,93%).

Insomma, è una cartina a macchia di leopardo, quella che ha tracciato il Fisco grazie a una nuova banca dati, battezzata Database Geomarket, dell’Agenzia delle Entrate, per ora utilizzata in via sperimentale, ma ricca di informazioni.

L’amministrazione finanziaria ha avviato un nuovo approccio per studiare e meglio orientare i controlli antievasione: così sono stati elaborati 50 indicatori statistici di tipo economico, sociale, finanziario e demografico, seguendo l’andamento dal 2001 a oggi. I risultati sono stati incrociati per ognuna delle 107 province italiane e “compattati” su otto livelli di dimensione: bacino di contribuenti, attitudine a pagare le tasse, condizione sociale, struttura produttiva, tenore di vita, dotazione tecnologiche e caratteristiche orografiche del territorio.

Ne emerge uno spaccato impressionante: il tasso di evasione minima (10,93%) si riscontra nelle province dei grandi centri urbani, come Milano, Torino, Genova (e Savona), Roma, Lecco, Cremona e Brescia; dall’altra punta della classifica, invece, c’è un gruppo di province “difficili”, come Caserta, Salerno, Cosenza, Reggio Calabria e Messina - nelle quali si arriva al 65,7% dell’imposta evasa. Quest’ultimo gruppo registra anche alti tassi di criminalità organizzata, disagio sociale, truffe e frodi (6726 euro per abitante, contro una media di 4625).

Appena sotto alle aree con evasione record c’è tutto, o quasi, il Sud, con un’evasione media del 64,47%. Si salvano le province guidate dalle città più grandi, come Bari, Napoli, Catania e Palermo, dove il “tax-gap” è decisamente inferiore, pari a quasi la metà, al 38,19%.

Tra le aree virtuose vi sono invece molte province del Nord-Est e dell’Emilia Romagna, la provincia di Cuneo e quella di Firenze. In Liguria, le province della Spezia e di Imperia hanno un tasso di evasione superiore a quello del resto del Nord, più simile a quello di Napoli.

Lo spaccato che emerge è anche sociologico: senza dubbio si evade di più dove è basso il tenore di vita e dove si avverte meno la presenza dello Stato. Questo spiegherebbe anche la differenza tra Napoli e Palermo con il territorio circostanza. Però, se si passa dalle percentuali ai dati assoluti, secondo gli esperti dell’amministrazione finanziaria le somme che non vengono versate all’erario sono molto più elevate. Questo ha anche un altro risvolto: dalla lotta all’evasione, nelle zone povere si recupera di meno.

Contro l’evasione, la nuova banca dati fornisce strumenti di vario tipo. Lo dimostra il caso della provincia di Prato, dove l’attività tessile vede una forte presenza cinese: produce una quantità di rifiuti urbani pro-capite tra le maggiori in Italia, dimostrando, secondo gli analisti, la presenza di molti residenti in nero. Così dalla lotta all’evasione fiscale si arriva anche a quella contributiva.

Cagliari, zona franca nel Porto Canale. Si va verso l'ennesimo rinvio
Per la Zona franca nel Porto Canale di Cagliari si va verso un altro rinvio: il punto è all'ordine del giorno della riunione del comitato portuale di domani. Ma, probabilmente, nella seduta si parlerà soprattutto degli altri argomenti, anche quelli molto importanti, inseriti nel programma dei lavori dell'assemblea: bilancio e tasse di ancoraggio.

"L'esempio di Tangeri - spiega il presidente dell'Autorità portuale, Paolo Fadda, riferendosi al Porto Canale e alle possibili occasioni di sviluppo - è emblematico: lì, in un'area anche meno estesa rispetto a quella retroportuale di Cagliari, sono stati creati ventimila posti di lavoro diretti, più altri ventimila indiretti. Tutto nel giro di pochi anni". La Zona franca viene considerata la chiave per far decollare l'area: "L'Autorità portuale - aggiunge Fadda - è da tempo pronta a partire". La riunione di domani potrebbe invece dare il via libera alla riduzione delle tasse di ancoraggio del 90% nel porto di Cagliari anche per il 2011. Uno 'scontò ormai diventato fondamentale per reggere la concorrenza di tanti altri porti del Mediterraneo dove la tassa di ancoraggio non esiste.

L’Aquila, la lenta ricostruzione e le manifestazioni
03 aprile 2011 L’Aquila - A due anni dal terremoto di magnitudo 6.3 che alle 3.32 del 6 aprile devastò L’Aquila e provincia, provocando 309 morti, circa 2000 feriti e la distruzione di un ingente patrimonio architettonico, la ricostruzione sembra procedere a rilento e, soprattutto, mancano certezze su «quando» la situazione tornerà normale.

Nel secondo anniversario della tragedia, gli aquilani ricorderanno le vittime con alcune manifestazioni: spiccano la fiaccolata, in partenza dalle 23 del 5 aprile dalla Fontana Luminosa per arrivare in Piazza Duomo alle 3.15 del 6 e, nella serata del 6, il concerto dei giovani musicisti del conservatorio. La Fondazione `6 aprile per la vita´ ha rivolto un appello alla politica: evitare teatrini e risse, «accetteremo la presenza solo del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in rappresentanza degli italiani».

Sono ancora 37.733 - 15 mila in meno rispetto al 2010 - le persone assistite nel Comune dell’Aquila e nei 56 del cratere sismico, secondo i dati recenti della Struttura per la Gestione dell’Emergenza (Sge). Di queste, poco meno di 23mila risiedono in alloggi a carico dello Stato; circa 13 mila sono beneficiarie del contributo di autonoma sistemazione (200 euro a persona ogni mese) e 1.328 sono ancora in strutture ricettive abruzzesi e nelle caserme.

A conferma delle problematiche esistenti, sono arrivate, a settembre scorso, le dimissioni da vice commissario vicario alla ricostruzione del sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, dovute al «preoccupante accentuarsi dello stato di confusione e difficoltà nella governance di gestione dell’emergenza e del processo di ricostruzione».

A far discutere ci sono anche le macerie, la cui stima precisa è difficile elaborare: milioni di tonnellate di materiali derivanti dai crolli e dalle demolizioni. Nel frattempo prosegue la protesta pacifica del Popolo delle carriole’ che - prima simbolicamente, poi concretamente - è riuscito a liberare alcune strade e piazze dai detriti. Migliaia di aquilani vivono in 19 `new town´, ma ciò che risulta difficile è ricostruire il tessuto sociale. C

onferma questa situazione la ricerca ‘Microdis-L’Aquila’, degli atenei di Firenze, Marche e L’Aquila, condotta su 15 mila terremotati. Dallo studio - secondo cui la ricostruzione è «più lenta che in Indonesia» - emerge la mancanza di luoghi di ritrovo per una «comunità morta assieme al sisma». Tutto ciò ha portato ad un aumento dei casi di ansia e depressione che, per il locale Dipartimento di Salute Mentale, sono causati non solo dal terremoto in sé, ma anche dal venir meno della rete sociale.

Qualche delusione i terremotati dicono di averla avuta anche dal Governo, come per la questione tasse: dopo una sospensione di 15 mesi, da luglio 2010 hanno ripreso a pagare le imposte e, dal prossimo novembre, dovranno pagare in aggiunta anche quelle non versate da aprile 2009 a giugno 2010, nell’ambito di un regime fiscale da molti definito «penalizzante» rispetto ai sismi di Umbria-Marche e Molise. Per la ricostruzione sono stati stanziati complessivamente 14.767 miliardi, ma i dati di novembre del Commissario delegato indicano una disponibilità di «cassa» pari a poco più di 3 miliardi. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che più volte ha parlato di «mistificazione» da parte dei media sui temi della ricostruzione, in questi due anni è stato all’Aquila 31 volte, decine delle quali nel primo anno dopo il terremoto.

Nei giorni scorsi, su diversi muri della città, sono comparsi striscioni del Comitato 3e32, contrario ad una eventuale visita del premier il 6 aprile: «Berluscò, non te fa revedè - recitavano - 6.4.2011 niente sciacalli». La domanda che migliaia di terremotati si pongono, quasi con rassegnazione, è: «Quando potremo tornare a casa?» In un processo di ricostruzione tutt’altro che semplice, i problemi riguardano principalmente le case classificate `E´, ovvero quelle gravemente danneggiate. I privati, infatti, non possono iniziare i lavori finché non viene redatto dai Comuni il piano di ricostruzione del centro storico; ma, ad esclusione dell’Aquila, dove è stato presentato il 30 per cento circa dei progetti di edifici `E´, nei piccoli comuni del cratere il centro abitato coincide proprio con quello storico. Nel solo capoluogo risultano danneggiati 16 mila edifici e, di questi, 8.700 sono classificati `E´. Sono circa 12 mila le richieste di indennizzo presentate e per 9.600 di esse (l’80% delle domande) è già stato erogato il contributo.

Ad oggi, nel complesso, è stata presentata la dichiarazione di fine lavori per circa 4600 edifici.

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