lunedì 4 aprile 2011

Federali-Mattino. 4 aprile 2011. Veneto. Clandestini in arrivo, l'ira di Zaia. Rimpatrio. Rimpatrio. Rimpatrio. Luca Zaia ripete ossessivamente il suo mantra ma il flusso dei magrebini in partenza da Lampedusa non risparmierà la piccola patria veneta.

Clandestini europei:
Vescovi europei: “L’emergenza immigrazione riguarda l’Europa intera”
Roma. Lampedusa, trovati 68 cadaveri in mare
Venezia. Clandestini in arrivo, l'ira di Zaia: "Europa scandalosa".
Genova. Profughi, mons. Poggi: «Attrezzare le nostre strutture costerebbe troppo»

Altre:
Bozen. Il ritardo della politica sulla società.
Modena. Emergenza casa, un piano salva-famiglie.
Padova. L'Inps di Padova lascia a casa 60 lavoratori, servizi a rischio.



Vescovi europei: “L’emergenza immigrazione riguarda l’Europa intera”
di BlogSicilia 3 aprile 2011 -
L’emergenza immigrazione dal nord Africa non può riguardare solo l’Italia, “ma richiama la solidarietà, anche istituzionale, di tutti i popoli del continente europeo, come anche quella delle strutture dell’Unione Europea e degli altri organismi continentali“.
Lo afferma la presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee in una dichiarazione firmata dal presidente, card. Peter Erdo, arcivescovo di Esztergom-Budapest e dai vicepresidenti, card. Josip Bozanic, arcivescovo di Zagabria, e card. Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux.

Nella nota, i tre porporati ricordano come “l’afflusso commovente degli emigrati che arrivano in Europa, richieda una soluzione urgente da parte di tutti i responsabili”. “Dobbiamo vedere in ogni persona umana – scrivono – l’inalienabile dignità della creatura che porta in sè l’immagine di Dio”.

Roma. Lampedusa, trovati 68 cadaveri in mare
Premier: lunedì a Tunisi per stop partenze
Dopo la giornata di caos nuov sbarchi. Berlusconi: l'ospitalità è un dovere. Lega: chi vuole clandestini se li prenda. Regioni: no a tendopoli, sì a permessi temporanei
ROMA - Ancora sbarchi in mattinata a Lampedusa, dove oggi sono arrivati due barconi, uno alle 4.30 di stamane con 133 migranti a bordo, l'altro con un centinaio di persone, tra le quali 3 donne. Il tutto all'indomani di una giornata di caos e tafferugli. Un'altra imbarcazione, che era stata intercettata ieri intorno a mezzogiorno a 50 miglia da Lampedusa, probabilmente - dicono alla Capitaneria di porto dell'isola - è stata intercettata da una motovedetta tunisina in acque internazionali e riportata indietro. Nel frattempo nell'isola è arrivata la nave "Excelsior", della "Grandi Navi Veloci", per caricare a bordo 1.600 migranti, la metà di quelli ancora presenti nell'isola. In rada ci sono "La Superba", capace di trasportare oltre 2mila persone, e la "Catania", della compagnia Grimaldi che ne può imbarcare 800. Si dovrebbero così concludere in giornata le operazioni di svuotamento dell'isola.

I cadaveri di 68 persone, quasi certamente migranti morti durante una traversata verso le coste italiane, sono stati recuperati davanti alle coste libiche, nei pressi di Tripoli. La notizia, che risale a giovedì scorso, è stata confermata all'Ansa da padre Joseph Cassar, responsabile del servizio dei Gesuiti per i rifugiati a Malta, che ha detto di averla appresa da alcuni profughi eritrei che si trovano ancora in Libia. I corpi sono stati sepolti nella stessa giornata di giovedì senza che fossero stati riconosciuti. Le vittime potrebbero essere i 68 migranti, in gran parte somali ed eritrei, partiti dalle coste libiche e di cui non si avevano più notizie dal 25 marzo scorso. A dare l'allarme era stato don Mosè Zerai, presidente dell'agenzia Habesha che si occupa di rifugiati e richiedenti asilo. Il sacerdote aveva ricevuto una richiesta di aiuto lanciata attraverso un satellitare dagli immigrati che avevano riferito di trovarsi in difficoltà, senza viveri e con poco carburante. Un altro barcone con 335 persone a bordo risulta disperso da due settimane. L'agenzia Habesha e l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr) hano anche in questo caso dato l'allarme chiedendo che vengano intensificate le ricerche nel Mediterraneo.

Berlusconi: lunedì andrò a Tunisi. «Domani - ha detto oggi Berlusconi - andrò a Tunisi per vedere se questo governo, che certamente non è un governo forte e non è un governo eletto dai cittadini, potrà trovare il modo o avrà una polizia capace di imporsi e di evitare che ci siano nuove partenze».

Errani: no a clandestini, sì a permessi temporanei. «Noi sui profughi non ci tiriamo indietro - dice Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, ribadendo il "no" alle tendopoli - E' il governo che ha cambiato linea. Fino all'altro giorno la scelta dell'esecutivo era di gestire in prima persona l'immigrazione irregolare, poi nella riunione della cabina di regia è emerso che su 22mila nuovi arrivi 19.800 sono clandestini, abbiamo chiesto al governo di fare chiarezza e la risposta è stata quella delle tendopoli. Quella delle tendopoli è una scelta sbagliata perché mettere in piedi tendopoli da mille o duemila irregolari significa creare situazioni potenzialmente esplosive». La soluzione, sostiene Errani, potrebbe essere quella già proposta a Berlusconi, e cioè la concessione agli immigrati di un permesso temporaneo per circolare nella Ue. «In questo modo - dice - potremmo organizzare un sistema di accoglienza umanitario e governabile. Con la possibilità, visto che nella direttiva Ue c'è una norma simile all'articolo 20 (della Bossi-Fini), di stare con autorevolezza al tavolo europeo, chiedendo agli altri paesi coerenza e reciprocit໫.

La polemica Berlusconi-Lega. Ieri sul problema immigrati era scoppiato lo scontro tra Berlusconi e Lega. «Ricordo che abbiamo 9mila comuni - aveva detto il premier - e se restassero 9mila nuovi cittadini, basterebbe restituirli uno per comune e non sarebbe difficile trovare loro un’occupazione. Dobbiamo ricordarci di essere stati anche noi un Paese di migranti. Per questo, dobbiamo essere comprensivi e ospitali, perché siamo un Paese civile e cattolico». La Lega aveva ribattuto con il ministro Calderoli: «Se qualcuno la pensa diversamente, ospiti i clandestini a casa sua - diceva Calderoli - Il nostro dovere è difendere il nostro territorio, difendere i nostri posti di lavoro, garantire la sicurezza dei cittadini e l'ordine pubblico. L'unica soluzione è quella che ha sintetizzato Bossi: "fora da i ball". E questo lo pensa non soltanto la Lega, ma tutti i cittadini».

Venezia. Clandestini in arrivo, l'ira di Zaia: "Europa scandalosa". Torino, Padova, Vipiteno e Brescia destinate a ospitare i tunisini. Il governatore veneto: «Rimpatrio immediato». L'assessore Ciambetti contro i poteri forti: «Finanza e multinazionali vogliono una massa di manovra di disperati». VENEZIA. Rimpatrio. Rimpatrio. Rimpatrio. Luca Zaia ripete ossessivamente il suo mantra ma il flusso dei magrebini in partenza da Lampedusa non risparmierà la “piccola patria veneta”. La scelta definitiva (si fa per dire, stante la girandola di veti incrociati) è attesa martedì ma nell’elenco dei siti individuati dal Viminale per alloggiare i clandestini figura anche Padova e l’insolito via vai segnalato ieri nella caserma «Romagnoli» suona come ulteriore conferma.

In queste ore il governatore leghista di Palazzo Balbi ha un diavolo per capello. Vorrebbe tenere i “barbari” fuori dai confini ma non può certo contrapporsi al ministro Maroni, al quale anzi esprime apprezzamento e solidarietà. Così se la prende con l’Unione di Bruxelles - «E’ scandaloso che l’Europa abbia lasciato sola l’I talia in piena emergenza» - e confida, con una buona dose di ottimismo, nella collaborazione di Tunisi: «Un’intera generazione di giovani sta abbandonando il Paese per raggiungere l’Italia, il governo tunisino deve porsi il problema, non si può tirare fuori».

E non è solo questione di bon ton diplomatico. Zaia fa i conti e rimarca come gli imprenditori veneti diano lavoro a circa 50 mila persone in Tunisia. Che, en passant, ogni anno è meta di un milione di turisti italiani... «Non si può ripagare tutto questo con i continui sbarchi di clandestini», è la conclusione stizzita.

Così nel Carroccio c’è chi la mette giù dura. Come l’eurodeputato di Verona Lorenzo Fontana, lesto ad annunciare il «boicottaggio turistico» delle infide coste africane del Mediterraneo. Che fare allora? «I 22 mila clandestini sbarcati in Italia devono essere identificati, espulsi e riportati nel loro Paese», ribadisce Zaia «e questo in coerenza col trattato del 1951 che limita l’ospitalità a profughi e rifugiati politici, come gli eritrei, i somali o i libici. Chi
entra clandestinamente, invece, va rimandato a casa».

Nella cabina di regia istituita dal Governo per fronteggiare la crisi, c’è anche l’assessore veneto Roberto Ciambetti, che dà voce all’irritazione dei “padani”, stretti tra le scelte dell’esecutivo e i malumori del territorio: «I giorni che stiamo vivendo stanno smascherando l’incredibile castello di menzogne che si cela in tante forze politiche e in interi settori della società», si sfoga «dai salotti borghesi pronti a tutto purché tutto avvenga nelle periferie e ben lontano da casa loro, a quei movimenti pacifisti a fasi alterne che si guardano bene dal protestare contro i raid in Libia; per non parlare dei paladini dell’ospitalità ad ogni costo, prontissimi ad accogliere personaggi a dir poco ambigui, uno per tutti Cesare Battisti, ma ben lesti a chiudere ermeticamente le frontiere alla bisogna: “Dobbiamo distinguere se si tratta di profughi o di clandestini” ci sentiamo ripetere da sindaci di centrosinistra. Quando queste parole le dice la Lega, sono espressioni razziste; se lo dicono i postcomunisti è una analisi organica, argomentata e fondata». E’ tutto? Niente affatto.

Perché Ciambetti punta l’indice contro i poteri forti, tradizionale bestia nera del Carroccio: «La grande finanza e la grande impresa hanno tragici interessi da coltivare nei Paesi ricchi di materie prime o preziose e con una popolazione poverissima», arringa «a loro fa comodo disporre, a casa nostra, di una massa disperata di manovra i cui costi gravano sulle casse pubbliche».

Genova. Profughi, mons. Poggi: «Attrezzare le nostre strutture costerebbe troppo»
03 aprile 2011 Genova - Questa mattina, alle “Due ore del Secolo”, la trasmissione di Radio 19, si è affrontato un tema ‘scottante’ rispetto all’emergenza profughi: dopo l’appello di Bagnasco che ha invitato prima la società civile italiana e poi l’Europa “ad accogliere i fratelli più poveri da qualunque parte provengano”, ci si è posta una domanda: la Chiesa, in Liguria, quali porte ha aperto e quali è disponibile ad aprire tra gli immobili di sua proprietà per dare ospitalità ai migranti che sbarcano sulle coste italiane e che devono essere distribuiti nelle diverse regioni?

«Molte strutture che potrebbe mettere a disposizione la diocesi per ospitare i profughi non sono attrezzate e, per farlo, andremmo incontro a costi troppo alti»: questo in sintesi è quanto ha detto ai microfoni di Radio 19 mons. Marino Poggi, responsabile della Caritas Genova, a proposito dell’impegno della Chiesa nell’accoglienza dei profughi del Nord Africa. «Molte volte attrezzare un immobile significa affrontare delle spese impossibili anche perché le richieste standard di sicurezza hanno aumentato la qualità dell’accoglienza ma l’hanno resa anche un po’ più difficile» ha spiegato mons. Poggi. In risposta è intervenuto Andrea Chiappori della Comunità di Sant’Egidio di Genova. «Noi siamo disponibili ad aumentare i nostri interventi di aiuto e siamo anche pronti ad attrezzare le strutture che sono già disponibili».

Ma all’interno della Chiesa c’è anche chi critica apertamente l’operato delle autorità nella gestione di questa emergenza umanitaria. E’ il caso di Don Paolo Farinella, parroco dei vicoli genovesi, non nuovo a parole forti contro la politica. «A livello locale non abbiamo informazioni precise su come organizzare l’accoglienza, proprio perché c’è un blackout da parte del governo e della maggioranza che ha gestito l’emergenza solo in funzione delle prossime elezioni amministrative», ha detto don Farinella.

Bozen. Il ritardo della politica sulla società.
di Sergio Baraldi
In queste settimane le dinamiche istituzionali dell’Alto Adige sembrano essere entrate spesso in una sorta di corto circuito. Dall’ aeroporto al centro commerciale, dalla cultura a Bolzano fino alla scuola, i governanti hanno reagito di fronte all’esplodere degli interessi divergenti dentro la Svp e fuori nella società in modo incerto, dando l’impressione di sbandare di fronte al manifestarsi di contraddizioni difficili da ricondurre all’unità.

Non avevo fatto in tempo a proporre, domenica scorsa, il ritratto di una Svp arena di ceti e interessi configgenti che hanno prevalso sui valori, che questi interessi sono apparsi battaglieri sulla scena pubblica, chiamati a schierarsi dai nodi che la giunta provinciale doveva affrontare. Ed è questa dialettica in cerca di una composizione che, forse, può aiutarci a focalizzare un secondo fattore d’instabilità che emerge: il ritardo della politica rispetto alle domande e ai bisogni della società.

Sul giornale di oggi troverete un’interessante intervista dell’a ssessore provinciale Kaslatter Mur che, come i lettori sanno, gestisce la scuola e la cultura tedesca dell’Alto Adige. Contrariamente alla sua immagine di “Frau nein”, che lei si è pazientemente cucita per i tanti “no” che ha pronunciato, la Kastlatter Mur stavolta apre alla sperimentazione nella scuola. E’ un segnale importante, perché la scuola italiana ha il merito di avere accelerato sulla riforma, ma la collaborazione tra i due sistemi scolastici è decisiva per aprire il grande libro del bilinguismo, anche nella direzione indicata ieri dal nostro Mauro Fattor, cioè di porre all’ordine del giorno l’esperienza interetnica nel mondo del tempo libero, dallo sport alle associazioni.

Ma perché “Frau nein” stavolta dice “ja”? Lo spiega lei: perché si è accorta che c’è una domanda che arriva anche dalla società tedesca. Ha scoperto che pure la “sua” scuola vuole muoversi, e ha chiesto un rapporto per capire che cosa accade nel “suo” assessorato. Chiedo ai lettori: com’è possibile che “frau nein” non abbia compreso prima che il bilinguismo comincia a unire società italiana e tedesca? Che le due scuole premono
per compiere un passo avanti? Bastava leggesse con più attenzione il nostro giornale.

Si accorge solo ora di cosa succede in casa sua? Sì, se ne accorge solo ora. Ed è meglio tardi che mai, perché questo è il limite contro il quale urta la politica in Alto Adige: di fronte a una società che intuisce che è iniziato un difficile processo di adattamento alla complessità, al pluralismo sociale, alla dura competizione internazionale, all’Europa che avanza, in una parola alla rottura dell’ordine che ha retto il mondo finora, è la politica che non riesce ad avere la velocità di decisione che richiederebbe la velocità del cambiamento. In modo particolare, è la Svp che rischia di posizionarsi in retroguardia: il partito-sistema fatica a rappresentare il “suo” sistema.

Se non fosse stato per il richiamo severo di Durnwalder su aeroporto e centro commerciale, staremmo a discutere invece che a fare. Tuttavia, questo ritardo non è imputabile solo alla natura composita della Svp come arena di ceti e interessi che sempre meno riescono a raggiungere una mediazione in nome di un disegno unificante. Occorre aggiungere la crisi del ceto politico tedesco e italiano: esiste una lacerazione nella capacità di rappresentanza tra politica e società civile. In questo senso possiamo parlare di solitudine dei cittadini: nella comunità italiana è emersa in occasione della ricorrenza dei 150 anni dell’Unità. Politici tedeschi e italiani riflettono la difficoltà di funzionamento del sistema di legittimazione. Il legame tra governanti e governati è sfidato da nuove forze. Hobbes aveva spiegato che questo patto si fondava sullo scambio tra sicurezza e protezione, e questa regola in Alto Adige è stata applicata in maniera ferrea.

La novità è che non basta più. Il rapporto tra cittadini e governanti sta cambiando all’interno di una diversa configurazione del rapporto tra rappresentanza (politica) e decisione (governo). Uno spostamento che avviene all’ombra del diritto con il passaggio dal governo alla “governance”, dalla legge al contratto. La legge è innanzitutto comando; la “governance” è una procedura che fa spazio alle dinamiche variabili tra interessi pubblici e privati, nel quale emerge un nuovo protagonismo sociale. E’ ciò di cui si è accorta la Kaslatter Mur: la società torna ad appropriarsi della sua autonomia, dei suoi spazi, come i medici dell’ospedale che si oppongono alla decisione burocratica, piovuta dall’alto, di sospendere le visite private, ignorando il loro lavoro e le loro responsabilità professionali di fronte ai pazienti-cittadini. Una politica che appare debole, perché sembra di colpo rimanere senza una propria razionalità quando settori rilevanti della società compiono un passo avanti. Il nostro giornale, che crede in questa ripresa di sovranità, non può che valutarlo positivamente. E’ sufficiente osservare il ruolo conquistato dai quartieri che si auto organizzano a Bolzano o Merano per giudicare quale novità stia scendendo in campo. La riappropriazione sociale della legittimazione non deve essere letta come un atto necessariamente contro la politica.

Modena. Emergenza casa, un piano salva-famiglie. Dall'Acer nuovi alloggi. E domani il Comune riapre il bando per i contributi all'affitto. MODENA. L'allarme casa lanciato da Cgil e Cisl è stato chiaro: ci sono 11mila famiglie in provincia di Modena in grosse difficoltà nel pagamento degli affitti, mentre sono 1800 quelle già raggiunte dallo sfratto. I sindacati hanno sollecitato l'Acer a utilizzare il "tesoretto" da quattro milioni in cassa e le amministrazioni comunali a mettere a disposizione risorse. Subito qualcosa si è mosso: il Comune di Modena ha annunciato la riapertura del bando per i contributi all'affitto e l'Acer ha risposto ai sindacati che interventi di recupero edilizio sono già stati programmati. Il presidente dell'Acer Vito Tedeschini spiega che - contrariamente a quanto affernato dai sindacati - "non esiste alcun tesoretto a disposizione di Acer e inutilizzato". I quattro milioni in cassa "sono gestiti da Acer per conto di tutti i Comuni della provincia e sono già stati destinati a numerosi interventi". Saranno usati per ristrutturare appartamenti e in investimenti in Edilizia residenziale. "C'è una necessità abitativa, nel nostro territorio, che negli ultimi anni è stata accentuata dalla crisi economica - spiega Tedeschini - Per questo abbiano in programma di riqualificare il patrimonio esistente e di creare nuovi alloggi: 30 nuovi alloggi di Edilizia residenziale pubblica saranno consegnati entro l'anno, per altri 70 nuovi alloggi cominceranno le procedure per gli appalti e l'avvio dei lavori". Tra i lavori di ristrutturazione e recupero di alloggi vuoti, da segnalare i 16 di via Bazzini a Modena, i 9 a Camposanto e i 3 a Sassuolo, uniti ad altri interventi a Savignano, Pavullo e Castelnuovo. Le ristrutturazioni riguarderanno anche lavori di riqualificazione energetica (uno solo di questi riguarda un edificio con oltre 100 alloggi a Modena), l'installazione di ascensori in palazzine che ne sono sprovviste (per agevolare gli utenti più anziani) e di altre strutture a favore dei portatori di handicap. "In questo modo - conclude Tedeschini - Acer continua a fare la sua parte per rispondere in modo efficace alla domanda abitativa della nostra provincia: non c'è nessun tesoretto da sbloccare. Per le migliaia di famiglie che hanno chiesto un alloggio popolare senza poterlo ottenere, i nuovi appartamenti e quelli ristrutturati sono saranno la risposta definitiva. E i numeri parlano chiaro: solo nel comune di Modena nel 2010 sono state 4mila 150 le domande di contributo per l'integrazione all'affitto previsto dal Fondo sociale nazionale "e di queste, 3mila 722 presentavano i requisiti e sono state accolte". Da lunedì si riapre il bando, che si chiuderà il 31 maggio: e vista la situazione le domande di contributo saranno ancora più numerose. Come per gli alloggi Acer, purtroppo, anche questi contributi saranno una goccia in un mare di difficoltà e ristrettezze economiche: i sindacati inquilini di Cgil e Cisl (Sunia e Sicet) hanno infatti sottolieato che da 600 euro si passerà a 300: "meno di una mensilità". Poco per chi ha perso il lavoro, per chi è in cassintegrazione, soprattutto in una città come Modena dove i canoni di affitto sono elevati. Per ottenere il contributo - spiegano dal Comune di Modena - i cittadini aventi diritto devono presentarsi, con copia della Dichiarazione sostitutiva unica e dell'attestazione Isee rilasciata da uno dei Caf convenzionati, all'ufficio Area servizi per la casa in via Cesare Costa 13, dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 13 e il lunedì e giovedì pomeriggio dalle 14.30 alle 17.30". Requisiti indispensabili sono il fatto di avere un contratto d'affitto regolarmente registrato e risiedere a Modena. Il contributo non è invece rivolto a coloro che sono assegnatari di appartamenti di Edilizia residenziale pubblica o di proprietà comunale. Devono fare domanda anche coloro che l'hanno presentata nel 2010. "ma prima di inoltrare la richiesta di contributo affitto - si sottolinea - i cittadini devono valutare la convenienza a usufruire delle detrazioni fiscali previste dalla legge rispetto all'entità del contributo".

Padova. L'Inps di Padova lascia a casa 60 lavoratori, servizi a rischio. Sono scaduti i contratti degli ex interinali che non sono stati rinnovati a causa dei tagli al lavoro precario imposti dal governo. Gli impiegati licenziati garantivano le pratiche di disoccupazione, invalidità e indennità di Cig. PADOVA. Sessanta lavoratori in meno all’Inps di Padova mettono a rischio la continuità dei servizi. Dal 1 aprile l’Inps di piazza Insurrezione è a organico ridotto. Sono scaduti infatti i contratti degli ex interinali che garantivano i servizi strutturali.

Ad esempio le pratiche per l’erogazione di indennità di cassa integrazione, disoccupazione e invalidità civile. Gli effetti dei tagli al lavoro precario imposti dalla manovra di bilancio del luglio 2010 (1240 lavoratori rimasti senza occupazione in tutta Italia, oltre ai 550 lasciati a casa dal 1 gennaio) si trasformano in una vera batosta a livello di organico per l’ente padovano. Sulla questione intervengono Alessandro Peruzzi, segretario generale della Cisl Funzione Pubblica di Padova e Francesco Ferrarese, responsabile provinciale della Federazione lavoratori somministrati autonomi atipici (Felsa). «Siamo estremamente preoccupati per il futuro di questi lavoratori e per il funzionamento degli uffici Inps, poiché lo stesso istituto dichiara di avere assoluta necessità di queste figure professionali. I vertici Inps hanno riconosciuto l’importanza del lavoro svolto dai precari e manifestato la volontà di procedere al rinnovo dei contratti. In assenza di questi professionisti l’istituto impiegherà parecchio tempo ad esaminare migliaia di domande e liquidare le relative prestazioni. Saranno inevitabili i disservizi. Lavoratori, cittadini e imprese dovranno pazientare a lungo prima di ottenere il saldo delle loro spettanze».

Sono in corso trattative a Roma per sbloccare i fondi necessari al rinnovo dei contratti degli ex interinali Inps. «Ci auguriamo che si arrivi in tempi rapidi - proseguono i due sindacalisti - a una positiva definizione di una vertenza che rischia di mandare in tilt uno dei settori strategici della pubblica amministrazione. Non possiamo più accontentarci di annunci e promesse. Queste professionalità vanno difese e valorizzate attraverso un percorso che porti alla stabilizzazione nelle strutture Inps».

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