martedì 3 maggio 2011

I dati sulla disoccupazione (21%) spengono i sogni di Zapatero

di Edoardo Narduzzi – Italia Oggi
I disoccupati spagnoli hanno superato la soglia del 21%. Un record assoluto per un paese importante dell'eurozona e un valore di gran lunga superiore alle statistiche del 2004, anno della prima vittoria elettorale di José Louis Rodriguez Zapatero.


Il premier spagnolo, dopo i suoi due mandati al governo, lascia una Spagna in condizioni ben peggiori, tanto che lo stesso Zapatero ha già annunciato che non si ricandiderà alla guida del paese. Resta il fatto che la disoccupazione spagnola è enorme per un paese avanzato e occidentale. Segnala, con il suo valore assoluto e percentuale, inequivocabilmente quanto le sole politiche sul lato della offerta di lavoro, cioè quelle finalizzate a rendere più competitivi e flessibili i contratti di impiego, possano non bastare quando la domanda ristagna. Il problema spagnolo, infatti, non è legato a un mercato del lavoro «alla francese», cioè burocratizzato e poco favorevole all'adozione di contratti cosiddetti atipici. Una parte importante degli occupati spagnoli lavora da tempo con l'equivalente dei nostri contratti a progetto o a termine e la cultura della flessibilità occupazionale ha fatto breccia in Spagna. Il problema iberico è molto dipendente dalla domanda di lavoro, cioè dall'articolazione del pil spagnolo. Con un'industria manifatturiera di fatto insignificante in termini di contributo alla crescita, l'economia di Madrid è stata ed è dipendente più di altre nell'eurozona dai servizi, in particolare da quelli finanziari, e dal settore immobiliare. Due comparti che sono stati nell'epicentro della crisi mondiale del 2007/2008 e che faticheranno a riguadagnare la dinamicità pre fallimento di Lehman brothers. Riassorbire gli occupati, molti flessibili, impiegati fino a qualche tempo fa in questi settori è compito della domanda di lavoro, cioè del lato produttivo dell'economia. Chi cerca lavoro, l'offerta, al massimo può accettare di lavorare in condizioni di iper flessibilità, ma di certo non può inventarsi una domanda che non c'è. È proprio questa assenza di domanda il segnale principale del fallimento delle politiche del governo socialista di Zapatero. In due mandati Bambi, così è anche conosciuto il premier, non è riuscito a riposizionare la composizione del pil spagnolo per renderlo più europeo. Si è cullato nei sogni di gloria pre crisi, immaginando ipotetici sorpassi nella ricchezza per capita ai danni dell'Italia o del Regno Unito, mentre l'economia iberica rimaneva rischiosamente esposta ai venti del ciclo negativo. Ora la realtà dei numeri sugli occupati ha mandato a casa l'inconcludente Zapatero e la sua poco utile retorica.


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