venerdì 3 giugno 2011

Atene fuori dall'euro (per un po')


Martin Feldstein
Il Governo greco, la Commissione europea e il Fondo monetario internazionale negano ciò che i mercati percepiscono in modo evidente, ovvero che la Grecia risulterà prima o poi inadempiente nei confronti dei suoi creditori pubblici e privati. I politici preferiscono procrastinare l'inevitabile investendo i soldi pubblici in aree non più coperte dai privati, in quanto questo procedimento permette ai creditori di continuare a far credere che il valore contabile delle obbligazioni greche in loro possesso non abbia bisogno di essere diminuito. Ciò permette, in cambio, di evitare ulteriori richieste di capitale bancario.
 Ma sebbene i prestiti aggiuntivi che la Grecia riceverà a breve dall'Unione Europea e dall'Fmi abbiano tassi di interesse relativamente bassi, il livello del debito greco aumenterà rapidamente fino a diventare insostenibile. Ecco perché i tassi di interesse di mercato sulle obbligazioni greche dei privati e i prezzi dei credit default swap indicano imminente una situazione di consistente inadempimento. E un contesto simile, insieme a una riduzione significativa del deficit di bilancio annuale, è in realtà necessario per ripristinare la sostenibilità fiscale della Grecia. Nello specifico, anche nel caso in cui l'inadempimento riesca a ridurre il debito del Paese fino al 60% del Pil, la Grecia dovrebbe comunque ridurre il suo deficit annuale rispetto al Pil dall'attuale 10% fino al 3% per prevenire un eventuale nuovo aumento dell'indice di indebitamento. In tal caso la Grecia dovrebbe essere in grado di finanziare i suoi deficit annuali futuri attraverso risorse interne.
 Ma la sostenibilità fiscale non rappresenta comunque una cura sufficiente per l'enorme deficit commerciale cronico che la Grecia si trova ad avere. Un processo di eliminazione o riduzione di questo divario commerciale in grado di evitare la depressione delle attività commerciali e dell'occupazione greca implica da parte di Atene un aumento delle esportazioni e una riduzione delle importazioni. Ciò comporta, dall'altro lato, una maggior competitività dei beni e dei servizi greci rispetto a quelli dei suoi partner commerciali. Un Paese con una valuta flessibile può raggiungere questo risultato attraverso un deprezzamento del tasso di cambio, ma l'appartenenza all'Eurozona non permette alla Grecia di optare per questa soluzione.
 Atene si trova quindi a dover affrontare l'arduo compito di ridurre i prezzi dei suoi beni e dei suoi servizi rispetto a quelli degli altri Paesi con altri mezzi, ovvero riducendo in modo consistente i salari e gli stipendi dei dipendenti del settore privato. Ma anche nel caso in cui riuscisse a farlo, il divario commerciale rimarrebbe coperto solo fino alla durata della competitività dei prezzi della Grecia. Per mantenere tale competitività, il divario tra l'aumento degli stipendi greci e la crescita della produttività del Paese (ovvero rendimento per ora di ciascun dipendente) non deve essere superiore al divario presente in altri Paesi dell'Eurozona. Il che non sarà facile. Il divario commerciale greco si è sviluppato nell'ultimo decennio a causa di un aumento troppo rapido dei prezzi rispetto a quello degli altri partner commerciali. Ciò è dipeso a sua volta da un aumento altrettanto veloce degli stipendi in Grecia rispetto alla crescita della produttività e rispetto agli altri membri dell'Eurozona.
 Per capire perché sarà difficile che la Grecia mantenga la sua competitività, ipotizziamo che il resto dell'Eurozona registri un aumento della produttività annuale del 2%, mentre la politica monetaria limiti l'inflazione dei prezzi su base annuale al 2 per cento. In un contesto simile, gli stipendi nel resto dell'Eurozona potrebbero aumentare anche fino al 4% su base annuale. Ma se la produttività in Grecia dovesse aumentare solo dell'1%, gli stipendi aumenterebbero solo del 3 per cento. E un tasso più elevato provocherebbe un aumento dei prezzi più rapido rispetto ai partner commerciali dell'Eurozona.
 Pertanto, la Grecia si trova di fronte a una sfida tripla, ovvero quella fiscale di ridurre il debito pubblico e i futuri deficit, quella di ridurre i prezzi tanto da eliminare il divario commerciale, e infine la sfida di mantenere la crescita degli stipendi al di sotto della media dell'Eurozona o di elevare il tasso di aumento della produttività.
 Da quando è iniziata la crisi in Grecia, il Paese ha dimostrato di non essere in grado di risolvere i suoi problemi come l'Fmi e la Commissione europea avevano sperato. I Paesi che hanno affrontato problemi simili in altre parti del mondo hanno sempre alternato periodi di contrazione fiscale con periodi di svalutazione monetaria, operazione tuttavia non autorizzata all'interno di un'unione monetaria.
 Un recesso temporaneo dall'Eurozona permetterebbe alla Grecia di raggiungere una riduzione del livello dei prezzi mettendosi alla pari con gli altri Paesi dell'area. Inoltre, se non esistesse l'imposizione di un limite agli stipendi, sarebbe più semplice per il Paese regolarsi con il livello dei prezzi standard. Il Trattato di Maastricht vieta espressamente a ciascun Paese membro di lasciare l'euro, ma non si pronuncia riguardo a un eventuale recesso temporaneo (e pertanto non lo vieta neppure). È giunto il momento per la Grecia, per gli altri membri dell'Eurozona e per la Commissione europea di iniziare a pensare seriamente a quest'opzione.

asterisco.
La Grecia non e’ un paese vocato all’esportazione. Non lo e’ mai stato. Inoltre, la base numerica industriale totale e’ inferiore a quella della provincia di Treviso. O pari - all’incirca - a quella della regione Puglia. Per il futuro si puo’ congetturarne un restringimento statistico, non un incremento. Per le ragioni descritte nell’articolo sopra.
Le attivita’ di codesta struttura industriale sono obsolete, storicamente datate. I costi di produzioni sono troppi alti e fuori da qualsiasi controllo di gestione; per le stesse ragioni che hanno mandato in guerriglia civile e mattanza la Iugoslavia.
La realta’ diventa ancor piu’ buia se si prende in considerazione il parametro qualita’ del prodotto. Quello greco non ha possibilita’ di competere sul mercato Ue.
La Grecia e’ un importatore storico. Che ha vissuto di deficit e svalutazione, a beneficio della popolazione corrente, a danno dello stato e delle generazioni future.
Sperare nelle forze ed energie interne al paese e’ fuori della realta’, metterlo sotto tutor serve a ben poco. Farlo uscire dall’euro – per sempre o per poco – serve a niente.
La verita’ e’ che siamo di fronte ad un fenomeno che siamo impreparati a capire e che non capiremo perche’ utilizziamo chiavi interpretative che afferiscono alle democrazie occidentali industrializzate. Altra storia, altra cultura, altra visione della modernita’. Altra concezione della moneta.
grecanico

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