sabato 11 dicembre 2010

Countdown Italy

Italia sotto pressione, ma non è la Spagna. 
Nell'eurozona Nord e Sud inseparabili.
di Paul Krugman

Di recente ho seguito gli interventi online di Kevin O'Rourke e osservato con stupore e ammirazione come questo mite storico dell'economia si sia trasformato in Isaia, pronto a denunciare con veemenza ciò che sta passando per una politica responsabile in Irlanda, ossia i rimedi imposti a una popolazione innocente. Ma O'Rourke, professore di economia al Trinity College di Dublino, ha prodotto anche un articolo molto sentito e splendidamente scritto sulle tribolazioni del paese, pubblicato su Eurointelligence, un sito web di commenti. Leggendolo vengono le lacrime agli occhi.

Eccone un brano: «Sapere che una persona cara ha una malattia terminale non renderà la sua morte meno sconvolgente. Di certo non voglio paragonare a un lutto l'arrivo della squadra Ue-Fmi a Dublino la scorsa settimana. Ma sono rimasto sorpreso dal turbamento che mi ha provocato, considerando che non si è trattato sicuramente di un evento inatteso. Ma sapere che qualcosa succederà è molto diverso dal vederlo accadere».

Signori, la situazione in Europa si sta facendo più grave. Dopo le difficoltà finanziarie dell'Irlanda, sono già abbastanza preoccupanti i timori diffusi di recente circa la possibile richiesta di aiuto da parte della Spagna. E con il costo del prestito vicino ai massimi record, gli occhi sono tutti puntati sull'Italia. Sono un po' confuso al riguardo. Da un lato, l'Italia ha un debito enorme (pari a circa il 118% del Pil) e, se si guardano i prezzi e i salari, la situazione non sembra molto diversa da quella spagnola. Dall'altro, però, il deficit italiano non è così grave (5,1% del Pil nel 2010) e l'economia appare meno sofferente di quanto ci si potrebbe aspettare.

Ora l'Italia si trova sotto pressione. «L'Italia è diventata fonte di preoccupazione perché l'economia non sta crescendo a un ritmo abbastanza rapido da tenere il passo con il debito pubblico», ha detto di recente al New York Times Giacomo Vaciago, docente di economia politica all'Università Cattolica di Milano.
Continuo però a ritenere poco realistica l'ipotesi di uno sfaldamento dell'Unione monetaria. Un'eurozona ridotta, senza gli europei meridionali, non mi sembra fattibile. Perché? Non per motivi economici, ma di economia politica. Affinché l'euro funzioni a livello politico è essenziale che la Germania, la più grande economia europea, non abbia un peso eccessivamente dominante. Prendiamo gli Stati Uniti. Non potrebbe esistere un'unione monetaria del Nord America perché gli Stati Uniti sarebbero troppo dominanti: in alternativa a una mera egemonia monetaria americana, gli Stati Uniti dovrebbero acconsentire a una perdita inaccettabile di sovranità a favore di altri partner minori.
L'Europa, per contro, ha quattro grandi economie e mezza. Il Regno Unito ha scelto di non entrare nell'eurozona, ma restano ancora Francia, Italia e Spagna a condividere la gestione della federazione con la Germania. Però, Francia, Germania e un manipolo di valloni e fiamminghi non danno vita a una partnership paritaria.
(Traduzione di Francesca Marchei)
11 dicembre 2010
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