sabato 11 dicembre 2010

Sgarbi: L'Italia si salva se non si costruisce più nulla

Roma, 11 dic (Il Velino) - "L’Italia non si salva se non si parte dal principio di non costruire piu’ nulla. Hanno costruito abbastanza e inutilmente. Hanno costruito negli ultimi 50 anni piu’ del doppio del costruito precedente. 25 milioni di edifici, di cui 12 milioni fatti dal 3000 a.C al 1950. 13 milioni dal 1950 ad oggi, di cui 4 milioni non abitati.

Per cui continuare a costruire vuol dire semplicemente favorire questa logica del mattone, che e’ quella che manderebbe avanti l’economia secondo uno schema mentale idiota. I lavori pubblici sono intesi come costruzioni di edifici nuovi mentre i lavori pubblici dovrebbero essere un segmento dei beni culturali e preoccuparsi del restauro e della manutenzione del patrimorio. Uno ha un edificio del '700 in rovina, poi costruisce un condominio. I governanti dovrebbero fare una legge molto precisa: non si costruisce piu’ niente di nuovo finche’ non sara’ restaurato l’ultimo edificio storico. L’edificio storico puo’ essere restaurato per finalita’ private o pubbliche".
In un'intervista che uscirà domani sul Quotidiano della Calabria, Vittorio Sgarbi si pronuncia a favore di una nuova politica dei lavori pubblici che punti sul recupero e il restauro  dell'ìmmenso  patrimonio  italiano nel quale coinvolgere i privati. Ipotesi  percorribile, come dimostra la disponibilità di Diego Della Valle a sponsorizzare, finanziandolo, un progetto per mettere in sicurezza il Colosseo:  "Della Valle potrebbe spendere i 23 o 25 milioni di euro per fare un condominio, per fare appartamenti, venderli e trarne un beneficio. Perche’ li mette nel Colosseo? Perche’ ha capito che il futuro e’ il Colosseo. Investire nel Colosseo e’ investire in una cosa che ha senso, fare un condominio e’ fare un’altra porcheria, in cui tu magari aumenti il tuo benessere, che non si capisce poi a cosa ti serva, ma in ogni caso deturpi, e quindi diminuisci, il valore oggettivo e il valore sostanziale del tuo Paese". E ancora: "Lo Stato deve intendere i Lavori pubblici come manutenzione, restauro e recupero. Lo Stato ha delle priorita’, e i privati devono essere obbligati per legge a non costruire niente di nuovo, incomincino a comprare, come fa Grauso a Cagliari, gli edifici storici e li mettano a posto. Meglio abitare negli edifici abbandonati nel centro storico piuttosto che abitare nei condomini in periferia. Quando avremo finito questo immane lavoro dei lavori pubblici sia rispetto agli impegni dello Stato per il suo patrimonio, sia rispetto ai privati risistemato, si potra’ ricominciare a costruire qualcosa. Adesso si spendono 220 milioni di euro per fare il nuovo palazzo della regione in Piemonte  si danno 22 milioni a Fuksas... Ma come ’si puo?".

Sgarbi si dichiara favorevole a una rivisitazione del ruolo delle soprintendenze che, a suo avviso, "dovrebbero unicamente preparare dei moduli da fotocopiare e distribuire su cui sia scritto NO a qualsiasi richiesta e parere. No su Tutto". E cita, come esempio di  un modello di intervento intelligente, quanto ha realizzato lo svedese Daniele Kihlgren che ha comprato un paese quasi abbandonato in Abruzzo e l’ha completamente recuperato: "Ci sono almeno 2000 paesi da comprare e da rimettere in ordine - sostierne Sgarbi -, uno rimette in ordine quelli e ha finito di fare speculazione. Il lavoro c’e’, fai un borgo bellissimo, e’ semplice". Sgarbi nell'intervista al Quotidiano di Cosenza, ha poi rilanciato la proposta di un Super Ministero del Tesoro che assembli tutte le competenze divise e spezzettate in materia di beni culturali. Spiega: "Il Ministero dell’economia non puo’ essere un ministero che prescinde dall’economia reale, che e’ il patrimonio. Se uno in casa ha 100 Picasso, 50 de Chirico, 40 Morandi, 300 Pollock è povero? No, è ricco. Noi abbiamo Giotto, Michelangelo... siamo ricchi. Ergo: il ministero del Tesoro deve chiamarsi Ministero del Tesoro dei Beni culturali, essere un unico ministero che accorpa anche il turismo, lo sviluppo economico. ...Un solo ministero che intende il suo tesoro nei beni artistici, i suoi lavori pubblici nella loro manutenzione, nel loro restauro e recupero, il turismo come conseguenza di questo, lo sviluppo economico come valutazione progettuale".

Nel corso dell'intevista Sgarbi si sofferma anche sul crollo del muro della Casa dei Gladiatiori a Pompei e sul dibattito e le polemiche che ha provocato e osserva: "Il destino delle rovine e’ finire in rovina, nulla di piu’ logico e sensato, quindi il crollo di Pompei e’ malinconico perche’ crolla il frammento di un’epoca che aveva una qualche sensibilita’, e invece non crollano ancora gli edifici fatti negli ultimi 50 anni, ma c’e’ da sperare che crollino. D’altra parte le testimonianze dell’antichita’ sono quasi tutte crollate.Pompei resta come un fossile, e il fossile puo’ essere esposto ad ulteriori evoluzioni come quella di un crollo, uno se lo vuole lo rimette in piedi, altrimenti lo lascia crollare e si tiene in piedi il resto. Mi pare che nessuno si fosse particolarmente preoccupato della Casa del gladiatore fino a qualche tempo fa, il che vuol dire che nella percezione delle persone si puo’ vivere benissimo senza. Quanti sono gli italiani che vivevano senza Casa del Gladiatore? Il 99.9%. Quanti sono gli stranieri che sono andati a vedere Pompei e non hanno visto la casa del Gladiatore? Il 99.9% Quanti sono quelli che tornano a Pompei e ricordano la Casa del Gladiatore? Il 99.9% non lo ricorda. Allora e’ una cosa che non esiste,e’ la percezione degli idioti. Uno si lamenta di una cosa che non aveva percepito. Il crollo della Casa del gladiatore e’ una cosa che non riguardava nessuno, adesso riguarda tutti chissa’ perche’, prima non vi erano affezionati quando e’ morto hanno pensato che era un loro parente. E invece non e’ parente di nessuno, e’ crollato un muro, che si deve rimettere in piedi".

Sgarbi infine ricorda come a suo tempo scoprì il centro storico di Cosenza: "Ero stato a Soveria Mannelli dove c’era un sindaco che aveva delle intuizioni analoghe a quelle che poi io avrei tentato di realizzare, in parte ho realizzato con piu’ successo forse di lui, essendo io piu’ noto, ma lui era stato molto svelto, ed e’ Mario Caligiuri, che   mi aveva invitato ad un convegno in questo luogo remoto del mondo che e’ Soveria Mannelli ed io arrivato ero pieno eil desiderio di vedere le cose, e comunicai che volevo andare a vedere il centro storico di Cosenza, come da guida. Tutti i presenti, tutti calabresi,  ignoravano che ci fosse un centro storico, compreso un medico di Lamezia che mi accompagno’, e che arrivo’ con il binocolo, la macchina fotografica, come se andassimo ad un safari, tanto era convinto di trovare delle  cose particolari, e invece si entro’ in una parte della citta’ totalmente abbandonata, c’era un solo abitante forse, ma con i monumenti intatti non ristrutturati ne’ riqualificati ... e quindi ci si rese conto che esisteva un centro storico di Cosenza, e lo  stupore  del mio accompagnatore fu quello che io presi come modello per comunicare, in tv, che esisteva il centro storico, e i cosentini lentamente presero coscienza di questa cosa di cui non avevano avuto una percezione e una memoria. Un po’ come quando si cominciò  a capire cosa erano le antichita’ greche con l’arrivo di Winkelmann a Paestum. Ecco e’ un po’ come se io fossi un Winkelmann di Cosenza. Arrivando da fuori vedevo con occhi diversi quello che per i cosentini era una non realta’, pensando che la citta’ fosse soltanto quella moderna, di edifici nuovi. Diedi  percezione e coscienza ai cosentini di una cosa che c’era, non che non c’era, esattamente come i templi di Paestum erano dei luoghi per pastori  e pecore fino a quando Winkelmann non li vide come il simbolo dello spirito greco e quindi comincio’ una nuova vita cosi come e’ poi cominciata nel centro storico di Cosenza". (red) 11 dic 2010 16:53
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