domenica 23 gennaio 2011

Notizie Federali del Mattino: speciale veneti, una ne fanno cento ne pensano, 23 gennaio 2011.

Sezione una ne fanno cento ne pensano:
1. Belluno. Il fallimento, unica via possibile.
2. Comacchio. Un'altra piscina sequestrata.
3. Jesolo. Tagli in Regione, è allarme spiagge.
4. Treviso. Sequestrata discarica di 3 mila metri.
5. Treviso. Polisia veneta, gli atti alla Corte Costituzionale.
6. Venezia. E' scontro sulle bare di cartone.
7. Padova. Meglio pasta in bianco formaggio e patate lesse.

Sezione non muovete foglia:
8. Matera. Il Difensore civico a Matera una volta al mese.
9. Cassato siciliano.


1. Belluno. Il fallimento, unica via possibile. Panificio Rudy: Bressan (Cgil) chiede che ora qualcuno si faccia avanti. BELLUNO. «Non è colpa dei lavoratori se il Panificio Rudy è fallito: abbiamo proposto dei piani di rientro ma non sono stati seguiti». Renato Bressan, segretario della Cgil, respinge le accuse mosse dai titolari a chi ha presentato istanza di procedura fallimentare, cioè una decina di ex dipendenti. «Speriamo che in questa fase si riesca a trovare qualche acquirente che subentri perchè non possiamo permetterci aziende così».  «Più di un anno fa questi lavoratori sono venuti alla Flai Cgil denunciando la mancata corresponsione delle retribuzioni», attacca Bressan. «A quel tempo avanzavano un paio di mensilità: era il periodo in cui il Panificio iniziava a non pagare. Poi ha pagato a singhiozzo, si sono accumulati i ritardi e la cosa ha assunto dimensioni ingovernabili».  Dunque la categoria sindacale «ha tentato di fare un accordo, presentato anche alla Direzione provinciale del lavoro: si era decisa anche la possibilità di rateizzare per lungo tempo tutti gli arretrati accumulati, che a quel tempo iniziavano ad essere di 70-80mila euro». Nel frattempo «qualche lavoratore ha iniziato a dimettersi e al conto si sono aggiunti liquidazioni e tfr. Visto che la situazione era pesante, altri lavoratori sono venuti da noi. Ho preso in mano la situazione e con la categoria ho coinvolto la Provincia: l'assessore De Gan ha cercato di aiutarci. L'azienda ha nominato un consulente che è venuto in Provincia a un incontro: ci ha detto che la situazione era difficile ma che avrebbe cercato di trovare la soluzione attraverso un finanziamento che la banca doveva dare al panificio. Siamo andati avanti a lungo ma i lavoratori non prendevano un euro e a un certo punto anche il consulente ha detto che la situazione era più che cotta: le banche non davano liquidità, i fornitori avevano crediti anche loro e allora non c'era che andare all'ufficio vertenze».  Quindi istanza di fallimento. «Le possibilità al Panificio Rudy le abbiamo dato tutte» continua Bressan «ma la situazione si è aggravata. Il fallimento era l'unica strada possibile e ultima, lo avevamo detto da mesi: l'ultima garanzia per i lavoratori. Questo perchè l'Inps paga gli arretrati e il Tfr, e abbiamo il fondo di garanzia. Dispiace essere arrivati all'estrema sintesi ma le abbiamo provate tutte: anche il giudice ha dato quattro mesi di tempo per risolvere la situazione e abbiamo acconsentito anche a questo».  Insomma un epilogo già scritto. «Ora ci auguriamo che in questa fase si riesca a trovare un qualche acquirente perchè non possiamo permetterci di avere aziende che trattano i lavoratori così: se non sono in grado di mandare avanti un'azienda non lo facciano. E non è che non avessero fatturato e lo abbiamo anche chiesto: "Scusate, voi lavorate ma gli introiti dove finiscono? Perchè non pagate?».
2. Comacchio. Un'altra piscina sequestrata. Nuovo blitz della Guardia Costiera in uno stabilimento balneare. LIDO VOLANO. Ancora una piscina posta sotto sequestro. E' avvenuto ieri mattina nel corso di un controllo effettuato dalla Capitaneria di Porto, presso un Bagno di Lido Volano. La piscina sequestrata è pertinenza di questo stabilimento balneare, ma le forze dell'ordine non hanno voluto aggiungere altro, in quanto l'indagine è in corso. Secondo i vertici della Guardia Costiera, tuttavia, che ha sottoposto a sequestro la piscina, la struttura (50 metri quadrati) è risultata ai controlli priva di qualsiasi autorizzazione (demaniale, paesaggistica, edilizia e doganale). A quel punto, secondo la stessa Guardia Costiera, il sequestro è risultato inevitabile. La piscina ha diversi proprietari che sono in via di identificazione. Indagini ulteriori sono in corso: la Capitaneria infatti ha in programma di controllare a tappeto tutte le strutture natatorie di questo tipo.  Intanto, argomento affine e che contiene elementi di visibile coincidenza, il Piano Spiaggia non verrà portato in discussione nel prossimo consiglio comunale. Anche questa volta sfuma, dunque, la speranza dei gestori dei Bagni di avere uno strumento normativo in grado di risolvere problematiche. Il motivo? Difficile da comprendere. Da un lato gli amministratori fanno capire che loro sarebbero stati disposti ad approvarlo, per poi procedere con eventuali modifiche. Modifiche che, invece, sarebbero state volute subito da qualcuno all'interno delle diverse commissioni, ed ancora si starebbe discutendo. «Di cosa? - chiedono allora esasperati gli operatori - cos'altro c'è da togliere od aggiungere? Possibile che si fanno gli interessi di tutti, tranne che i nostri?». Intanto, dopo la raffica di multe arrivate nei giorni scorsi ai titolari dei Bagni a causa delle piscine che andrebbero rimosse durante la stagione invernale, la tensione sale. Michele Droghetti (L'Onda): «Abbiamo chiesto ed ottenuto un incontro in Regione con la consigliera Silvia Noè - spiega Droghetti - proprio per discutere la questione. Nonostante continui inviti e solleciti a tutte le forze, a Bologna ci siamo andati in tre: io, la consigliera Neda Barbieri per l'Udc, ed un rappresentante del Cesb (Cooperativa Stabilimenti Estensi e Spina). Saremmo dovuti essere in centinaia, viste le premesse!». Novità ci potrebbero essere anche per quel che concerne i canoni demaniali: «Si potrebbe pensare di pagare in proporzione a quanto si guadagna, considerato che in Italia non tutte le realtà sono uguali (un Bagno a Lido di Volano non incassa quanto uno a Rimini) - conclude Droghetti -; infine il deputato Gian Luca Galletti (Udc) presenterà una interrogazione durante un question time».
3. Jesolo. Tagli in Regione, è allarme spiagge. Il presidente di Confturismo: «Stagione a rischio senza il ripascimento».  JESOLO. Mareggiate, continua l'allarme spiagge con l'estate a rischio. Lo afferma la Confturismo che interviene con il presidente Marco Michielli, denunciando pericolosi tagli della Regione. Il mare in burrasca minaccia 90 chilometri di spiagge e otto località balneari.  Il bilancio di previsione per il 2011 della Regione avrebbe, infatti, azzerato gli stanziamenti destinati agli interventi per la tutela e la difesa delle coste venete e agli interventi strutturali per il ripascimento e il ripristino degli arenili.  «Di fatto, la Regione priva per il 2011 le spiagge venete di ogni risorsa necessaria per le opere di pulizia e ripascimento degli arenili». Michielli sembra molto preoccupato e si schiera apertamente contro le decisioni della Regione chiedendo di tornare indietro sui tagli e stanziare le risorse necessarie.  Confturismo Veneto, con le sue 17 mila imprese, ha scritto alla Sesta Commissione del Consiglio regionale - che esprime un parere sulla proposta di bilancio alla Prima Commissione - chiedendo un intervento a difesa della costa veneziana.  «Conosciamo le difficoltà in cui versa il bilancio regionale 2011 e per questo motivo non abbiamo avanzato richieste specifiche in merito alla competenza propria del settore Turismo - ha spiegato il presidente Michielli - Tuttavia ci preme segnalare un elemento di fondamentale criticità del bilancio di previsione per l'anno 2011, un elemento che rischia di mettere in ginocchio il settore turistico, con pesanti ricadute anche sul piano occupazionale».  «Se le forti precipitazioni atmosferiche e le mareggiate che hanno interessato la nostra regione durante le feste natalizie - aggiunge il presidente - hanno causato, come ampiamente riportato dalla stampa locale, ingenti danni agli arenili veneti, erodendo intere porzioni di spiagge e depositando tonnellate di detriti trasportati dai fiumi, questa costituisce una situazione di straordinaria gravità che richiede misure altrettanto straordinarie. Ci sono zone a irreparabile rischio, se non si provvede immediatamente».  I tratti più colpiti sono la spiaggia della Pineta a Jesolo, la parte centrale di Bibione, Caorle e soprattutto Porto Santa Margherita con Duna Verde, per non parlare di Eraclea e della laguna del Mort dove hanno ceduto addirittura le protezioni in cemento con conseguenze imprevedibili.  Confturismo adesso chiede sia garantito almeno lo stanziamento complessivo di 7,5 milioni di euro dell'anno scorso auspicando uno studio serio contro l'erosione anche assieme al Friuli.
4. Treviso. Sequestrata discarica di 3 mila metri. Rifiuti di tutti i tipi, dalle vernici ai metalli: blitz dei carabinieri a San Fior. SAN FIOR. Tremila metri quadrati di discarica a cielo aperto. Rifiuti di tutti i tipi, dalle vernici ai metalli passando per gli pneumatici, stoccati in totale spregio delle leggi in materia ambientale. I carabinieri hanno sequestrato l'area e denunciato il proprietario, Paolo de Zan.  Zona industriale di San Fior, via Marco Polo. Lì, tra fabbriche, capannoni, carrozzerie e attività artigianali, De Zan ha la sua: un'azienda di smaltimento rifiuti, con regolare autorizzazione della Provincia per gestire quelli «non pericolosi». La realtà scoperta dai carabinieri è però ben diversa: ci sono anche rifiuti pericolosi, tonnellate, stoccati in spregio delle norme basilari previste dal testo unico in materia ambientale (decreto legislativo 152 del 2006). Manca, per esempio, la pavimentazione: i rifiuti industriali sono a diretto contatto con il terreno, con l'altissimo rischio di inquinamento delle falde acquifere. Assenti, inoltre, tutte le misure di sicurezza antincendio. L'immobile, poi, ciliegina sulla torta, secondo i carabinieri è privo dell'agibilità. I militari del nucleo operativo ecologico di Treviso, assieme a quelli della compagnia di Conegliano, si sono presentati ieri mattina e hanno posto i sigilli a tutta l'area.  Le foto in questa pagina descrivono da sole lo stato delle cose: rifiuti ovunque. Metalli, plastica, imballaggi, pneumatici fuori uso, vernici, fusti di olio lubrificante, tutto gettato lì alla rinfusa. Paolo de Zan, 51 anni, incensurato, è stato denunciato in stato di libertà alla procura della Repubblica di Treviso per gestione illecita di rifiuti. L'area (tremila metri quadrati) è stata sequestrata e, se il giudice dovesse confermare le accuse formulate dai carabinieri, verrebbe confiscata definitivamente, previa bonifica a carico dell'attuale proprietario. Il Comune di San Fior potrebbe costituirsi parte civile in causa.
5. Treviso. Polisia veneta, gli atti alla Corte Costituzionale. Accolta l'eccezione di Fojadelli: Calderoli non poteva abrogare la legge. Sarà la Corte Costituzionale a stabilire la sorte della Polisia Veneta. Ieri mattina il giudice per l'udienza preliminare, Elena Rossi, ha infatti accolto l'eccezione di costituzionalità presentata dal procuratore Antonio Fojadelli contro l'abrogazione della norma sul divieto di associazione militare. Il gup, sostenendo che «tale abrogazione» non era possibile, ha infatti sospeso il processo ordinando la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.  Il gup Elena Rossi il 14 dicembre scorso si era infatti riservata la decisione riguardo l'eccezione di costituzionalità presentata dal procuratore capo nel corso dell'udienza preliminare che vedeva come imputati di costituzione di associazione paramilitare Daniele Quaglia, difeso dall'avvocato Luigi Fadalti e colui che nell'organizzazione avrebbe ricoperto l'incarico di governatore del popolo veneto, Sergio Bortotto, con l'incarico di ministro degli Interni e di capo della polizia, Paolo Gallina, comandante dei vigili urbani di Cornuda nella vita reale e generale della polizia veneta in quella dell'Autogoverno, la madre Giuliana Merotto, Danilo Zambon, 61 anni di San Fior, savio dell'Alta Corte di Giustizia e Dino Zorzi, 41 anni di Trevignano, colonnello della Polisia.  Il reato infatti è stato abrogato con il decreto legislativo numero 43 del 1948, firmato nel marzo scorso dal ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli, relativo al reato di associazione militare con scopi indirettamente politici. Se l'eccezione fosse stata rigettata il processo contro l'organizzazione paramilitare sarebbe stato archiviato o giudicato con una sentenza di assoluzione per gli imputati proprio perché il reato non esiste più. Ma il giudice ha deciso di presentare la questione direttamente alla Corte Costituzionale ritenendo, appunto, incostituzionale l'abrogazione del reato.  «Si tratta di un eccesso rispetto alla legge - aveva dichiarato il procuratore capo di Treviso Antonio Fojadelli, titolare dell'indagine, che ieri si è fatto sistituire all'udienza dal pm Giovanni Francesco Cicero - ho infatti molte perplessità su come questa norma sia entrata in modo surretizio nella legge finanziaria».
6. Venezia. E' scontro sulle bare di cartone. Ricorso alla polizia mortuaria contro l'utilizzo delle casse ecologiche. Sulle casse da morto ecologiche è scontro tra imprese funebri. Proprio mentre la ditta Pagliarin di Venezia si apprestava a trasferire dalla camera mortuaria dell'Ospedale Civile al cimitero di San Michele la prima salma in una bara di cartone, altre imprese si sono rivolte alla Polizia mortuaria chiedendo di avviare accertamenti sulla procedura, non ritenendola idonea alle normative.  Ieri a San Michele si sono svolti i funerali di un'anziana che ha scelto la cremazione, e i parenti si sono affidati alla Pagliarin di Cannaregio accettando la proposta di utilizzo delle nuove bare di cartone, ecocompatibili e in teoria meno costose. Lunedì scorso, durante una riunione indetta dal Comune per gli addetti ai lavori, Ca' Farsetti aveva annunciato una nuova normativa in merito alle cremazioni, ipotizzando l'uso di bare in cartone che risultino meno inquinanti all'atto della cremazione delle salme. E la Pagliarin, avendone già alcuni modelli in casa, ha colto la palla al balzo anticipando i tempi. «E' proprio su questo che ci stiamo muovendo assieme ad altri colleghi - sostengono dalle onoranze funebri Santa Barbara di Mestre - Non smentiamo ciò che ha chiesto il Comune, ma è la procedura avviata dalla Pagliarin che non quadra. L'assessore all'Ambiente Bettin ha fatto delle ipotesi, ma non essendoci norme in merito, i colleghi veneziani non potevano fare il funerale trasferendo la salma già in una bara di cartone, e dovevano attenersi ai regolamenti. Solo Veritas può utilizzare quelle casse, ma per le esumazioni. Oltretutto, la riunione che si è svolta lunedì era riservata agli operatori del settore, e nulla doveva emergere in merito ai temi trattati. Finché il Comune non dirà come vanno modificate le procedure, si continuerà con l'utilizzo delle bare classiche in legno». La Pagliarin ieri ha comunque completato le pratiche e il trasferimento a San Michele per la cerimonia. La salma dell'anziana è stata ospitata da una bara in cartone, coperta con alcuni drappi per ornare il contenitore e farlo sembrare più realistico, nonché per proteggerlo da eventuale pioggia, l'unico vero nemico del cartone, a parte il limite di 100 chili per il peso dei defunti. Un po' stupito, per la protesta, era ieri proprio Bettin. «Sinceramente non credo che ci sia nulla di irregolare in quanto fatto dalla Paglairin - osserva - Parliamo di bare in commercio dal 2007, cioè da quando il loro utilizzo è stato previsto dallo stesso ministero competente in materia. Ho chiesto tuttavia alla Polizia mortuaria che vengano fatte delle ulteriori verifiche, ma la questione è chiara». Sulla filosofia delle richieste fatte alle agenzie di onoranze funebri, Bettin aggiunge che «il lavoro avviato ha il semplice scopo di essere condiviso da tutti gli attori di questa vicenda. Il nostro obiettivo è solo quello di ridurre l'impatto ambientale della combustione delle casse di legno rivestite con vernici speciali oppure di particolari addobbi che queste stesse contengono». L'aumento dei costi di cremazione? Si era fermi al 1998, e comunque le tariffe rimangono inferiori a quelle di molte altre città».
7. Padova. Meglio pasta in bianco formaggio e patate lesse. Piatto unico, una follia. Si sono ritrovati, si sono parlati, hanno scambiato con libertà le loro esperienze sulla questione del «piatto unico». Continueranno a confrontarsi attraverso il forum di una scuola: www.emmeinformatica.eu/cremonese. Hanno costituito un gruppo di lavoro per coordinare le richieste. Probabilmente il centinaio di mamme e papà preoccupati, che ieri sera hanno affollato la sala Nilde Iotti del centro civico Forcellini, chiederanno un incontro ai capigruppo del consiglio comunale.  I genitori dei ragazzi che mangiano in mensa potrebbero pure decidere uno sciopero... in bianco. In un giorno concordato gli alunni esibiranno, sul libretto scolastico, la richiesta di sostituire il «piatto unico» con pasta all'olio, formaggio e patate lesse.  L'incontro di ieri sera è servito soprattutto ai genitori per scambiarsi informazioni ed elaborare un documento di rivendicazioni nei confronti dell'amministrazione. «Quando ho ricevuto il foglietto giallo - ha esordito Manuela, "mamma preoccupata" - in cui l'assessore Piron mi comunicava che il menù era cambiato, non mi sono immediatamente allarmata. La preoccupazione è cresciuta pian piano, rilevando delle contraddizioni. Mi chiedo perché il Comune ci ha avvisato delle novità già ad ottobre».  Per Greta, mamma che da cinque controlla la qualità dei cibi alla scuola Ardigò, «i genitori sono stati informati a cose fatte. Insieme all'associazione Progetto Città abbiamo realizzato un dossier che è consultabile su www.progettocitta.blogspot.com. Siamo andati a scuola con la bilancia: abbiamo fatto i conti della serva e calcolato quanto pane, pasta e formaggio sono stati tagliati. Quando abbiamo segnalato la cosa, ci aspettavamo che il Comune ci dicesse: "Grazie, andiamo a verificare". Invece siamo stati derisi e additati "come genitori del centro che rompono le scatole". Voglio anche dire che la scheda di controllo, che prima era molto precisa e dettagliata, da gennaio è stata cambiata ed è diventata sommaria».  Claudia, un'altra mamma, chiede al Comune di aumentare il personale addetto alle verifiche: «E' possibile che solo tre addetti possano controllare il servizio di mensa in tutto il comune?».  Come mamma Silvia i controlli li fa da sei anni, alla mensa della Cremonese, all'asilo nido Arcobaleno e alla Tommaseo. «Io - racconta - ho mangiato otto volte cibi freddi e l'ho immediatamente segnalato al Comune e alla Sodexho. La pizza era gommosa come un pneumatico da camion, ma i bambini l'hanno comunque preferita alla pasta in bianco. Sono giorni che vedo alcuni alunni andare a casa dopo aver mangiato solo una pagnottella. Tre piatti unici la settimana sono inammissibili. Molti papà arrivano all'ora di pranzo, si portano a casa i figli e li riportano indietro dopo un'ora».
8. Matera. Il Difensore civico a Matera una volta al mese. Confermando quanto annunciato nella conferenza stampa di inizio anno dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, Catello Aprea rende note le date in cui incontrerà i cittadini nella città dei Sassi. 22/01/2011 A decorrere dal prossimo mese di febbraio, il Difensore civico regionale sarà presente nell’Ufficio di Matera del Consiglio regionale (via Capelluti, 17) il primo martedì di ogni mese e riceverà il pubblico dalle ore 10,30 alle ore 13,00. Lo rende noto lo stesso Difensore civico, Catello Aprea, precisando il calendario degli appuntamenti: 2 febbraio - 2 marzo - 5 aprile - 3 maggio - 7 giugno - 5 luglio - 2 agosto - 6 settembre - 4 ottobre - 8 novembre - 6 dicembre.

Aprea informa inoltre i cittadini che, sia nella sede di Potenza (via Verrastro, 6 – sede del Consiglio regionale), che in quella di Matera, restano fermi gli orari di apertura al pubblico dell’Ufficio del Difensore civico regionale: dal lunedì al venerdì dalle ore 10,00 alle ore 13,00; il martedì e il giovedì anche dalle ore 16,00 alle ore 17,00.
9. Cassato siciliano. di Alessandro Calvi. L’aggravante mafiosa. La Cassazione respinge la richiesta di riduzione della pena del Pg, i 7 anni diventano definitivi. Il senatore è già a Rebibbia. È finita. «Vado a costituirmi», ha detto Totò Cuffaro. La Cassazione gli aveva appena confermato la condanna, compresa l’aggravante per mafia. A lui non è rimasto che arrendersi. Così, poco dopo, ha varcato il cancello del carcere romano di Rebibbia. Ma più che l’Udc e Casini, a dolersene dovrebbe essere Berlusconi: per i Responsabili è la prima vera grana pesante.
È dunque diventata definitiva la condanna rimediata da Totò Cuffaro a 7 anni per favoreggiamento aggravato di Cosa Nostra e violazione del segreto istruttorio nel processo talpe alla Dda. Lo ha stabilito ieri la seconda sezione penale della Corte di Cassazione, presieduta da Antonio Esposito che ha respinto il ricorso presentato dal senatore ed ex presidente della Regione Sicilia, confermando la sentenza emessa esattamente un anno fa dalla Corte di Appello di Palermo.
«Sono stato un uomo delle istituzioni ho avuto un grande rispetto per la magistratura. Questa prova non è stata e non è facile da portare avanti ma ha rafforzato in me il rispetto delle istituzioni», sono state le prime parole di Cuffaro quando gli è stata riferita la decisione presa dalla Corte di Cassazione poco dopo le 13. Il senatore aveva passato la mattina pregando nella chiesa della Minerva, a Roma. L’ordine di esecuzione della pena gli è stato notificato intorno alle 16. Poco dopo le 16.30 era già nel carcere romano di Rebibbia. Ed è qui che Cuffaro attenderà l’esito di un altro processo che lo vede alla sbarra a Palermo. In questo caso, però, è imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Nel giugno scorso, al termine della loro requisitoria, i pm siciliani ne hanno chiesto la condanna a 10 anni di reclusione, incluso lo sconto di pena di un terzo previsto per il rito abbreviato.
Il pronunciamento di ieri chiude invece una vicenda iniziata con l’iscrizione di Cuffaro nel registro degli indagati, datata settembre 2005. L’accusa - allora rappresentata dal procuratore Piero Grasso il quale poco dopo fu chiamato alla Direzione nazionale antimafia - riteneva che Cuffaro avesse informato Giuseppe Guttadauro, capo del mandamento di Brancaccio di Cosa Nostra, del fatto che nella sua abitazione vi fossero alcune microspie piazzate dal Ros. Cuffaro sarebbe venuto a conoscenza di quella circostanza da Antonio Borzacchelli, ex appartenente al Ros poi eletto deputato regionale in una lista vicina a Cuffaro, e si sarebbe servito della intermediazione di un ex assessore comunale Udc, Domenico Miceli, per avvertire Guttadauro.
Insomma, secondo l’accusa, era emerso un complesso quadro di complicità che si saldava con un’altra inchiesta al centro della quale c’era l’attività dell’imprenditore della Sanità Michele Aiello, ritenuto molto vicino a Bernardo Provenzano, e che a sua volta avrebbe potuto contare su complicità nell’Arma dei Carabinieri e nella Dia. Il processo di primo grado si concluse nel gennaio del 2008 con la condanna di Cuffaro per favoreggiamento semplice, senza l’aggravante mafiosa che viene invece riconosciuta in appello, tanto che la pena fu aumentata da 5 a 7 anni. Circostanza confermata ieri dalla Cassazione la quale ha anche rigettato la tesi sostenuta venerdì scorso dal sostituto procuratore generale presso la Suprema Corte, Giovani Galati secondo il quale andava esclusa l’aggravante considerata nella sentenza di secondo grado. Non è andata così.
Se sui contrasti tra la contestazione del favoreggiamento a Cosa Nostra e del concorso esterno si era spaccata la Procura di Palermo tra grassiani e caselliani, la caduta del favoreggiamento semplice e la conferma dell’aggravante mafiosa suona come la vittoria di chi, come Grasso, puntò proprio sul favoreggiamento. Allo stesso tempo, la conferma dell’aggravante ha definitivamente piegato Cuffaro. Era stato lui stesso, infatti, a indicare proprio quello come il confine da non oltrepassare, tanto da accettare la condanna in primo grado per favoreggiamento semplice quasi con sollievo. Poi, la storia del festeggiamento a base di cannoli - un grosso equivoco, ha sempre detto l’ex presidente della Regione - lo costrinse comunque alle dimissioni.
Fu allora che iniziò la decuffarizzazione dell’Udc con la quale Pier Ferdinando Casini ha cercato di mettere al sicuro un partito nel quale la presenza di Cuffaro iniziava ad essere piuttosto ingombrante. Tra i due, allora, sembra quasi esserci un tacito patto, anche perché la politica dei due forni sulla quale si attesta in quel momento Casini non metteva politicamente in difficoltà Cuffaro. Nell’ultimo anno, però, le cose son cambiate ancora. Messo ormai al sicuro il partito dalle vicende siciliane e rotti gli indugi sui due forni, Casini ha finito per dar vita al Terzo Polo mentre Cuffaro ha spostato decisamente l’asse dei suoi interessi verso Berlusconi fino alla nascita del gruppo dei Responsabili che dovrebbero fare da terza gamba al governo.
E, però, appena nata, quella terza gamba deve già fare i conti con la pesantissima condanna rimediata da Cuffaro. Ecco perché a dispiacersene sarà soprattutto Berlusconi. Quanto a Casini ieri poteva addirittura togliersi lo sfizio di firmare a quattro mani con Marco Follini una nota per non rinnegare «tanti anni di amicizia» e dirsi «umanamente dispiaciuti». Roba da vecchia Dc.

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