sabato 2 aprile 2011

Federali-Mattino. 2 aprile 2011. Bologna. Comune blindato questa mattina per la seconda protesta dei clochard. Diversi mezzi delle forze dell’ordine sono stati schierati in piazza Maggiore e gli ingressi di Palazzo D’Accursio sono presidiati. Oltre all’accesso dell’anticamera del sindaco è stato chiuso anche il cancello all’imbocco dello scalone dei cavalli, tanto che per accedere ai piani superiori del municipio occorre servirsi dell’ascensore (presidiato dai vigili urbani). Zaia alza le mani: Esodo biblico. Ora - dice - non posso che affermare la mia vicinanza al governo.

Fermenti tribali:
Costa d'Avorio. Il regime di Gbagbo ha le ore contate.
Siria, l’opposizione su Internet: tornare in piazza contro Assad

Sarko' e' scarso:
Libia, Germania: «No soluzione militare ma politica»
Libia, uomo di Tripoli a Londra: i figli del rais per exit strategy
Libia, vescovo di Tripoli: “A Sirte uccisi donne e bambini”
Immigrati, Ue: Francia non può chiudere frontiere dentro Schengen

Panico:
Immigrati, Cei: Vescovi Ue solleciteranno intervento comunitario
Immigrati, Cei: Chiesa pronta ad accogliere 2.500 persone
Berlusconi: una tendopoli in ogni Regione, ponti aerei per rimpatriare cento persone alla volta
Immigrati, Polverini: No alle tendopoli, alimentano tensioni
Lampedusa, le Regioni  dicono no alle tendopoli
Immigrati, Maroni: Valutiamo permessi soggiorno per ricongiungimenti
Aosta. Emergenza immigrati: l'idea delle tendopoli non piace alla Valle d'Aosta
Trento. Massimo 450 profughi
Vipiteno. Migranti: profughi da Lampedusa in arrivo anche a Vipiteno.
Aosta. Emergenza profughi: Rollandin a Roma alla prima riunione della Cabina di Regia
Milano. Arrivati in treno 150 tunisini
Venezia. Profughi, l’appello di Zaia «Enti e privati ci aiutino»
Zaia alza le mani: «Esodo biblico»
Padova. Tendopoli degli immigrati, c'è anche Padova tra i siti del governo.
Bologna. Protesta dei clochard, Comune blindato
Bologna. Profughi, si decide oggi
Parmalat: assemblea rinviata a fine giugno


Costa d'Avorio. Il regime di Gbagbo ha le ore contate. Scontri ad Abidjan, pallottola centra funzionaria Onu. L'Africa è in subbuglio è un altro regime potrebbe presto cadere: quello di Laurent Gbagbo, 65 anni, presidente uscente della Costa d'Avorio, il primo produttore mondiale di cacao. «E' una questione di ore», ha dichiarato un diplomatico Occidentale al Times. Gbagbo non sembra intenzionato ad arrendersi e, per bocca del suo rappresentante in Europa, Toussant Alain, denuncia un «colpo di stato» del suo rivale Alassane Ouattara, 69 anni, unico candidato riconosciuto dalla comunità internazionale quale legittimo vincitore del ballottaggio presidenziale del 28 novembre scorso, prime elezioni da dieci anni.

La defezione fatale
Il colpo fatale è stato inferto ieri dal capo di Stato maggiore Philippe Mangou che ha abbandonato il regime di Gbagbo, rifugiandosi nell'ambasciata sudafricana in Costa d'Avorio con la moglie e i cinque figli. La defezione di Mangou avrebbe incoraggiato altri due ufficiali di alto grado a lasciare le forze armate.

L'offensiva di Quattara
Le forze di Ouattara, che controllano il nord del Paese, hanno lanciato nei giorni scorsi un'offensiva nel sud, cuore del regime di Gbagbo. Dopo aver preso il controllo della capitale Yamoussoukro e conquistato il porto di San Pedro, grosso centro per l'esportazione del cacao, e la città di Aboisso, vicino alla frontiera col Ghana, 110 km a est della ex capitale, le forze di Ouattara si sono dirette ad Abidjan, la capitale economica abitata da circa quattro milioni di persone, dove stanotte ci sono stati violenti scontri con armi pesanti.

Gli scontri ad Abidjan
Dopo diverse ore di combattimenti le forze fedeli ad Alassane Ouattara hanno a conquistato la sede della televisione di Stato e lanciato l'assalto alla roccaforte di Gbagbo, nel quartiere residenziale a nord della città, difesa dalle unità di elite della Guardia Repubblicana e dei commando chiamati 'Cecos'. La conferma è arrivata da Patrick Achi, portavoce del governo parallelo nominato da Ouattara.

Una vittima
Un funzionario svedese delle Nazioni Unite é rimasto ucciso nel corso degli scontri tra le forze di Ouattara e di Gbagbo. La vittima, una donna sulla trentina, è stata centrata «da un proiettile, probabilmente vagante», ha riferito un portavoce del ministero degli Esteri di Stoccolma, Anders Joerle. La notizia era stata data poco prima dal ministro degli Esteri, Carl Bildt, durante un dibattito in Parlamento sulla partecipazione della Svezia all'intervento multinazionale in Libia.

Chiuse le frontiere
Intanto ad Abidjan vige da ieri il coprifuoco notturno, fino a domenica prossima, dalle 21 alle 6, mentre il governo di Ouattara ha annunciato la chiusura, fino a nuovo ordine, di tutte le frontiere terrestri, aeree e marittime. Molti cittadini stranieri, circa 500, hanno cercato rifugio nel campo delle forze francesi ad Abidjan. Lo ha reso noto lo stato maggiore delle forze armate a Parigi.

Il prezzo del cacao
Il prezzo del cacao intanto continua a scendere: una conferma che il mercato vede come imminente lo sblocco della situazione e la ripresa regolare delle forniture dalla Costa d'Avorio. Al Liffe di Londra i future di maggio del cacao sono in calo dello 0,5% a 1.905 sterline la tonnellata, come all'Ice di New York dove quotano 2.936 dollari la tonnellata. Le forniture si erano interrotte lo scorso 24 gennaio, quando Quattara ha bloccato le esportazioni per tagliare le fonti di finanziamento del rivale. Da allora i prezzi sono schizzati fino al massimo da 32 anni, raggiunto lo scorso 4 marzo, di 3.775 dollari la tonnellata. Da allora sono scesi e hanno perso il 9% in dieci giorni.

La guerra civile
Da quattro mesi in Costa d'Avorio è in corso una ennesima recrudescenza della guerra civile che insanguina il paese dal 2002. Il nuovo scontro è iniziato quando entrambi i candidati alle elezioni presidenziali del 31 ottobre - 29 novembre 2010 hanno detto di avere vinto. La comunità internazionale ha riconosciuto Ouattara come vincitore, ma il presidente uscente Gbagbo e i militari a lui fedeli hanno rifiutato di accettare il verdetto. Quest'ultima vampata di guerra civile secondo l'Onu ha fatto finora 500 morti.

Siria. Siria, l’opposizione su Internet: tornare in piazza contro Assad
Roma, 1 apr (Il Velino) - C’è attesa in Siria per la possibilità che il venerdì di preghiera si trasformi in una nuova giornata di manifestazioni contro il regime di Bashar Assad. Il portale 20minutes.fr riporta le parole di un attivista dei diritti umani rimasto anonimo secondo cui “la principale causa delle manifestazioni oggi è il discorso del capo dello Stato che ha gelato le nostre speranze”. La pensa così anche il difensore dei diritti dell’uomo Haytham Maleh che ha chiesto di “continuare ad esercitare le pressioni sul potere”. Molti appelli in questo senso sono circolati su Facebook. E tuttavia resta forte il rischio di una repressione violenta di eventuali proteste per ordine di Bashar Assad. Rivolto mercoledì al Parlamento e al Paese, il presidente ha puntato l’indice contro “il complotto ordito in patria e all’estero” contro la Siria.

Il presidente appare insensibile alle richieste dei dimostranti per più democrazia e un editoriale pubblicato su Gulf News cerca di spiegare il perché. Da un lato Assad “punta a galvanizzare i propri sostenitori”, come si è visto quando ha chiuso scuole e uffici per far affluire martedì decine di migliaia di simpatizzanti in piazza a Damasco. Dall’altro crede che il ritmo delle riforme non possa essere impresso da nessun altro se non da se stesso. Se è quindi vero che davanti ai parlamentari siriani ha ammesso un certo ritardo sul cammino della modernizzazione da lui impostato quando prese il potere nel 2000, dall’altro, ricorda Gulf News, “Bashar Assad è l’uomo che a gennaio dichiarò al Wall Street Journal: ‘Se non ci si era accorti del bisogno di riforme in Tunisia e in Egitto, era ormai troppo tardi. Se invece si fanno le riforme solo perché è successo in Tunisia e in Egitto allora si compie una reazione, non un’azione. E se tu fai solo reazioni poi perderai”.
(red/dam) 1 apr 2011 12:54

Libia, Germania: «No soluzione militare ma politica»
01 aprile 2011
Pechino - «La crisi in Libia non può essere risolta militarmente». Lo ha detto oggi da Pechino il ministro degli Esteri tedesco, lanciando un appello per una soluzione politica della crisi. La Germania non si è allineata con Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, preferendo astenersi insieme a Cina, Russia, India e Brasile sulla risoluzione dell’Onu sull’uso della forza in Libia per far rispettare la no-fly zone e proteggere i civili. «La situazione in Libia non può essere risolta con mezzi militari», ha detto Guido Westerwelle ai giornalisti, dopo un incontro con la controparte cinese Yang Jiechi. «Ci può essere soltanto una soluzione politica e dobbiamo avviare questo processo con un cessate il fuoco che Gheddafi deve accettare». Westerwelle ha detto che le critiche della Lega Araba contro i raid aerei hanno dato confortato la riluttanza tedesca ad entrare in azione.

La Nato è da ieri al comando delle operazioni militari in Libia ma il suo primo annuncio è stato quello di un’indagine su 40 vittime che i raid aerei della coalizione, secondo l’autorevole denuncia di un vescovo, avrebbero fatto a Tripoli. E dato che le bombe e gli agenti della Cia non sembrano per ora bastare per spingere in esilio Muammar Gheddafi, da Londra si lavora per trasformare la defezione del ministro degli Esteri libico, Mussa Kussa, nell’inizio di un `effetto domino´ che sgretoli il regime. Anche i figli del rais a quanto pare stanno voltandole spalle al padre: secondo il quotidiano britannico Guardian, un emissario di Saif al-Islam, terzogenito del colonnello, avrebbe visitato la capitale britannica in gran segreto alla ricerca di una `exit strategy´, anche contro la volontà del padre. D’accordo con i fratelli Saadi e Mutassim, Saif avrebbe spedito a Londra Muohammed Ismail, un abile e discreto funzionario, per sondare il terreno.

Una delle proposte messe sul tavolo sarebbe stata quella di costringere il padre alle dimissioni per insediare al suo posto Mutassim quale capo di un governo provvisorio di unità nazionale. Una soluzione, osserva il Guardian, che non piacerebbe né agli insorti né alla comunità internazionale. La denuncia su almeno 40 morti a Tripoli a causa dei «raid cosiddetti umanitari» è venuta dal vicario apostolico della capitale libica, monsignor Giovanni Martinelli, che cita «diverse testimonianze di persone degne di fede». La Nato, che ieri ha completato le operazioni di trasferimento del comando dalla `coalizione dei volenterosi´ all’Alleanza, ha subito annunciato un’inchiesta. E attraverso l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, presidente del suo Comitato militare, ha ribadito che la missione Unified Protector ha l’obiettivo di difendere la popolazione civile dall’aria, senza l’impiego forze speciali di terra.

Libia, uomo di Tripoli a Londra: i figli del rais per exit strategy
Tra le ipotesi quella della cessione dei poteri a Mutassim Gheddafi
Roma, 1 apr (Il Velino) - Dopo la fuga ieri da Tripoli dell'ex ministro degli Esteri Mussa Kussa, Londra è di nuovo al centro delle trame diplomatiche riguardanti la crisi in Libia. Citando fonti del governo britannico, il Guardian rivela che in questi giorni Muammar Gheddafi avrebbe inviato a Londra Mohammed Ismail. Si tratta di uno dei primi consiglieri di Saif al-Islam, figlio del Colonnello e lo scopo della sua missione sarebbe trattare con la Gran Bretagna una “exit strategy” per il regime. Il quotidiano informa poi che l’ambasciatore britannico in Libia Richard Northern ed esponenti dell’M16 hanno iniziato un lungo interrogatorio con Kussa ma che i colloqui con l’ex stretto collaboratore del rais saranno lenti “perché Kussa si troverebbe in un stato psicologico difficile dopo aver lasciato la sua famiglia in Libia”. Nel frattempo, aggiunge il Guardian, i contatti con Ismail “rivelerebbero nuove recenti prove per cui i figli di Gheddafi stanno cercando una via d’uscita”.
(red/dam) 1 apr 2011 11:27

Libia, vescovo di Tripoli: “A Sirte uccisi donne e bambini”
di Markez 1 aprile 2011 -
Otto donne, bambini e una quarantina di militari: sono le vittime delle incursioni aeree della scorsa notte a Sirte. Lo riferisce al Servizio di Informazione Religiosa della Cei mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario Apostolico di Tripoli, che ha appreso la notizia proprio dall’ospedale di Sirte.
Ieri mattina il vescovo aveva già denunciato altre 40 vittime civili, sulle cui morti la Nato si è detta disposta ad investigare. ”La Nato venga a vedere se è vero che ci sono state vittime civili – afferma oggi mons. Martinelli -.

E’ bene parlare con i libici colpiti, – aggiunge - andare all’ospedale di Sirte e verificare con i propri occhi”. Negli ospedali ”fanno quello che possono ma le urgenze sono tante”. Spesso, prosegue il vescovo, ”devono chiedere aiuto ad altri ospedali”.

Mons. Martinelli ribadisce il suo pensiero sull’intervento militare: ”E’ impossibile una guerra chirurgica: come si può pensare di bombardare un sito militare quando non si sa cosa c’è dentro. Ci può essere un deposito di armi, di bombe. Di conseguenza tutta la zona è colpita dalle ripercussioni di un bombardamento. Sirte è piena di campi militari ovunque, è ovvio che possano essere colpiti dei civili”.

”Bisogna avere il coraggio di dialogare con Gheddafi – ripete ancora una volta mons. Martinelli -. So che è possibile incontrarlo. Bisogna aprire una trattativa per cercare di riconciliare le parti”.
Su un eventuale esilio di Gheddafi il vescovo dice: ”Tutto è possibile, a condizione sia fatto nel rispetto della persona, chiunque essa sia, perchè si possa convincerlo e trovare il modo di farsi da parte, se necessario”. Tutto ciò, sottolinea, ”facendo entrare nel dialogo anche l’Unione africana e la Lega Araba. E’ l’unico modo per poter capire e decidere insieme cosa fare”.
Nel frattempo continua la fuga di civili libici verso l’interno della Libia. La maggioranza degli eritrei assistiti dalla Chiesa di Tripoli è invece partita, sono in Tunisia, Sicilia, Malta.
”Nei giorni scorsi – riferisce il vescovo – a Malta sono arrivati 800 eritrei”. In questo momento, per la Chiesa cattolica ”l’urgenza importante sono gli immigrati sub sahariani rimasti senza lavoro, che ci chiedono aiuto. Il gruppo si è ridimensionato del 75% rispetto alle centinaia che nei giorni scorsi bussavano alle porte della Caritas. Ma sono comunque decine e decine di persone”.

Immigrati, Ue: Francia non può chiudere frontiere dentro Schengen
I controlli sistematici e capillari sono incompatibili con l'area di libera circolazione
Roma, 1 apr (Il Velino) - La Commissione non ha criticato la Francia per il blocco a Ventimiglia “ma perché all’interno dell’area Schengen non si possono reintrodurre controlli capillari e sistematici alle frontiere”. Una fonte della Commissione spiega al VELINO il senso delle ultime dichiarazioni del commissario agli Affari interni Cecilia Malmstrom sul caso degli immigrati che dalla Tunisia risalgono lo Stivale per entrare in Francia ma che finiscono per essere respinti a Ventimiglia. “Il regolamento di Schengen è molto chiaro al riguardo: i controlli sistematici sono banditi. Certo – prosegue la fonte – se le autorità francesi trovano qualcuno senza documenti possono impedirgli l’accesso”, tuttavia Schengen non permette di rimandare in Italia un clandestino trovato a Marsiglia. Nella fattispecie, ad ogni buon conto, si inseriscono le norme derivanti dall’accordo bilaterale franco-italiano siglato nel 1997 dall’allora presidente del Consiglio Romano Prodi (primo ministro francese era Lionel Jospin). Quell’intesa permette all’Italia di rimpatriare un irregolare in Francia - e viceversa - se si può provare che il clandestino proviene dall’altro Paese. “È una questione bilaterale non di competenza della Commissione – riprende la fonte – ma l’esecutivo europeo è a disposizione degli Stati per capire bene la situazione, fermo restando che Bruxelles è solo competente per l’applicazione delle norme di Schengen sui controlli sistematici”.

Quanto alle parole pronunciate da Malstrom a Tunisi sulla disponibilità dell’Europa di farsi carico di una parte dei richiedenti asilo, la fonte chiarisce che “non stiamo parlando dei rifugiati ‘economici’ di Lampedusa, sul cui rimpatrio la competenza è dell’Italia”. E neppure di coloro che nell’isola delle Pelagie richiedono asilo: “Sono tra il 15 e il 20 per cento del totale, ovvero circa 2 mila persone. Non un numero così vasto da richiedere al momento un intervento europeo. A meno che in futuro non arrivi un'ondata massiccia di immigrati dal Nordafrica”. Malstrom ha invece sondato la disponibilità dell’Unchr di proteggere e degli Stati membri di accogliere non coloro che si dirigono in Italia ma “coloro che hanno necessità di protezione là dove già si trovano. Come per esempio i somali bloccati sul confine libico”. Si tratterebbe in sostanza della replica di un’operazione analoga condotta nel 2009, “quando sul territorio dell’Ue furono distribuiti circa 10 mila profughi iracheni che erano bloccati in Siria e in Giordania”.
(dam) 1 apr 2011 15:27

Immigrati, Cei: Vescovi Ue solleciteranno intervento comunitario
Roma, 1 apr (Il Velino) - Il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) “interverrà per dire una parola a favore dell’esigenza di coinvolgimento delle istituzioni europee di fronte a questa esigenza umanitaria” e “di fronte al momento politico attuale rispetto ai rapporti con i Paesi del Nord Africa”: lo ha annunciato in conferenza stampa monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei, invitando tutti a “sentire l’appello e il richiamo che viene da persone che rischiano la vita”. L’arcivescovo ha ribadito che l’emergenza immigrati delle ultime settimane può essere risolta “solo con un coinvolgimento delle risorse e delle istituzioni a livello europeo” poiché essa “supera” le possibilità di una unica nazione. Un intervento comunitario è auspicabile per “una tenuta e una crescita dell’unificazione sempre più grande e una capacità di assumere iniziativa unitaria”.
(ban) 1 apr 2011 12:45

Immigrati, Cei: Chiesa pronta ad accogliere 2.500 persone
Roma, 1 apr (Il Velino) - La Chiesa italiana mette a disposizione 2.500 posti in 93 diocesi per l’accoglienza degli immigrati giunti a migliaia in questi giorni dal Nord Africa sulle nostre coste. Lo ha detto monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei. Si tratta di strutture che appartengono alla Chiesa a vario titolo, non solo della Caritas. Di questi, 200 sono quelli della Casa della fraternità di Agrigento, nella cui diocesi si trova Lampedusa. Tale disponibilità – ha specificato – non è limitata al posto per dormire ma “al sostentamento materiale che fa fronte a tutte le necessità: vitto, alloggio, vestiario”. Si tratta di “un segno per dire come l’accoglienza è il nostro impegno per ragioni non sociali e politiche, ma per ragioni ecclesiali, evangeliche” ha sottolineato. Poi ha voluto ricordare: “Tutte le diocesi e le Caritas fanno quotidianamente fronte a richieste di servizi, sussidi, pasti nei confronti dei poveri, tra cui in percentuale sempre consistente anche immigrati che hanno bisogno di tutto. Questo si fa, si è sempre fatto” al di là dell’emergenza. “Non abbiamo soluzioni o opzioni politiche, rispondiamo a un appello che viene da persone che sono nel bisogno e invitiamo a rispondere. È un ‘appello evangelico’”.
(ban) 1 apr 2011 13:0

Berlusconi: una tendopoli in ogni Regione, ponti aerei per rimpatriare cento persone alla volta
di Nicoletta Cottone
Il Governo ha individuato i siti per accogliere migranti in ogni regione, ma ogni Regione potrà indicare un sito alternativo dove allestire le tendopoli. Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi, nella riunione della cabina di regia sull'emergenza immigrazione. I siti, avrebbe sottolineato Berlusconi, sono temporanei. Per fare fronte all'emergenza immigrati sono pronte 7mila tende, per sei posti ciascuno, da montare in 48 ore. I governatori delle Regioni presenti all'incontro hanno ribattuto che le tendopoli non sarebbero la soluzione migliore anche alla luce dell'arrivo dell'estate. Il governo avrebbe quindi rinviato a dopo l'incontro a Tunisi di lunedì un ulteriore approfondimento.

No a rimpatri massicci, ma ponti aerei per riportare a casa 100 tunisini per volta
Berlusconi nel corso della cabina di regia si sarebbe detto contrario a rimpatri massicci in Tunisia, perché sarebbero destabilizzanti per la nuova democrazia. Sui rientri dal Governo tunisino sarebbe arrivata la richiesta di una certa indulgenza, per non destabilizzare il Paese appena uscito dalla crisi. Tutto sarà definito nell'incontro con il Governo tunisino in programma per lunedì a Tunisi: si punta ad allestire ponti aerei in grado di rimpatriare cento tunisini per volta.

L'accordo vale per profughi e clandestini
Il governo ha chiarito che l'accordo per la suddivisione dei migranti tra le regioni italiane deve valere non solo per iprofughi, ma anche per i clandestini. Il 30 marzo Berlusconi aveva annunciato che in 48-60 ore Lampedusa sarebbe stata solo dei lampedusani. A Manduria è già nata, tra le proteste degli abitanti, una Lampedusa bis.

La magistratura? Comunisti ma mica ciula
«Comunisti, ma mica ciula». Così il premier Berlusconi ha definito nel corso della cabina di regia sull'immigrazione le toghe rosse italiane, che a suo giudizio agiscono a fini eversivi e sono il problema principale del paese.
1 aprile 2011

Immigrati, Polverini: No alle tendopoli, alimentano tensioni
Roma, 1 apr (Il Velino) - "Nessuno di noi vuole le tendopoli, e per questo ho riproposto il modello di fare accordi con le congregazioni religiose attraverso l'impegno di Regioni, Comuni e Protezione civile, per coinvolgere le popolazioni e non far calare dall'alto le decisioni". Lo dichiara il governatore del Lazio Renata Polverini, al termine della cabina di regia tra governo ed enti locali sull’emergenza sbarchi, che si è tenuta stamani a Palazzo Chigi. In quella sede, Polverini si è manifestata d’accordo con l’intenzione del governo di concedere permessi di soggiorno temporanei per i ricongiungimenti familiari. “Ciò consentirebbe – ha detto - un trattamento paritario per le persone che stanno arrivando e attraverso i ricongiungimenti famigliari consentirebbe di mandare gli immigrati che transitano in Italia a anche in altre Regioni, ad esempio in Francia, Germania o dove vogliono andare". Il governatore dice no, al pari dei suoi colleghi, alle Tendopoli: “Diventano ghetti e alimentano momenti di tensione. Il premier è stato molto disponibile a venire incontro alle esigenze delle Regioni, Maroni vuole attendere ancora l'esito dell'incontro con il governo tunisino".
(red/baz) 1 apr 2011 13:30

Lampedusa, le Regioni  dicono no alle tendopoli
01 aprile 2011
Roma - L’Italia è fiduciosa di poter convincere le autorità tunisine a rispettare l’accordo per bloccare l’arrivo di migranti in Italia ed ha offerto aiuti per 100 milioni al paese nordafricano a partire da metà aprile. Lo ha detto oggi il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che lunedì prossimo 4 aprile volerà a Tunisi per incontrare il nuovo governo formatosi dopo la rivolta che ha portato alle dimissioni dell’ex presidente Zine al- Abidine Ben Ali.

Berlusconi, usando l’espressione ‘tsunami umano’ per definire l’afflusso di oltre 20.000 migranti sulle coste italiane dallo scoppio delle rivolte in nord Africa, ha spiegato che gli aiuti alla Tunisia - sia finanziari che destinati all’addestramento delle guardie di frontiera - avranno un «valore vicino a 100 milioni, con forniture che dovrebbero iniziare da metà aprile». Tunisi in cambio dovrebbe garantire il blocco degli arrivi e accettare i migranti respinti dall’Italia perché considerati clandestini e non profughi.

Per il ministro dell’Interno Roberto Maroni, il governo si recherà in Tunisia per «convincere e se servirà costringere» al rispetto dei patti. «Sono ottimista perché è interesse della Tunisia di far tornare giovani lavoratori nel suo territorio. Penso che saranno allettati dal piccolo Piano Marshall che sto promuovendo anche in Europa. Un piano per paesi come la Tunisia e altri che stanno passando da certi regimi alla democrazia», ha detto il premier aggiungendo che oggi sentirà per telefono anche rappresentanti della commissione Ue per perpetrare le «pressioni» sui partner affinché l’Italia, che per la sua posizione geografica è il paese più esposto al flusso migratorio, sia sostenuta.

«Pensiamo di poter istituire centri in prossimità delle frontiere e, di fronte alle dichiarazioni dei migranti di volersi recare in altri paesi, concedere permessi di soggiorno temporanei affinché vi si possano recare con la possibilità di circolare liberamente in Europa», ha detto Berlusconi riferendosi all’attuazione dell’articolo 20 del Testo unico per l’immigrazione.

Fino ad oggi Bruxelles è stata sorda alle richieste di Roma sostenendo che i migranti che stanno approdando in questo periodo in Italia sono cosiddetti «economici», cioè non rifugiati e per questo di competenza delle autorità locali. Secondo la Ue, l’Italia ha avuto a disposizione dalla Ue 80 milioni di euro nel 2010-11 per l’immigrazione. Quanto agli spostamenti dei migranti da Lampedusa agli altri siti italiani, Berlusconi che aveva promesso di `liberare´ l’isola siciliana entro sabato, ha parlato di un rallentamento delle operazioni da attribuire «al mare agitato e ai venti che soffiano a 40 chilometri orari».

Si è invece conclusa con un rinvio a martedì prossimo la riunione della cabina di regia a Palazzo Chigi che vede il coinvolgimento di Regioni, enti locali e Protezione civile, per la individuazione di siti da destinare all’accoglienza degli immigrati in attesa dei rimpatri. Tutte le Regioni, tranne l’Abruzzo, sono coinvolte. Ma per oggi è stato respinta perché «ingestibile» l’idea del governo di montare delle tendopoli in aggiunta ai centri di identificazione ed esplusione.

Immigrati, Maroni: Valutiamo permessi soggiorno per ricongiungimenti
Roma, 1 apr (Il Velino) - "La strada maestra è la collaborazione con la Tunisia. Fino a che la Tunisia non attua l’accordo, sarà difficile porre fine al’emergenza. Se necessario, dovremo costringere la Tunisia ad attuarlo. Valuteremo la possibilità di concedere il permesso di soggiorno temporaneo a coloro che vogliono attuare i ricongiungimenti familiari sul territorio europeo. E’ uno strumento di pressione, per far capire all’Europa che non si tratta solo di un problema italiano". Lo dichiara il ministro dell'Interno Roberto Maroni, parlando in conferenza stampa a Palazzo Chigi.
(baz) 1 apr 2011 11:4

Aosta. Emergenza immigrati: l'idea delle tendopoli non piace alla Valle d'Aosta
01/04/2011. AOSTA. Anche la Valle d'Aosta dice "no" alle tendopoli per accogliere le migliaia di immigrati giunti negli ultimi giorni a Lampedusa.
Il presidente della Regione Augusto Rollandin oggi ha partecipato alla prima riunione della Cabina di regia per l'emergenza profughi, convocata dai Ministri dell'Interno e dei Rapporti con le Regioni, alla presenza del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. «Abbiamo ribadito l'impegno preso e la disponibilità ad ospitare i profughi, secondo le modalità già definite» ha spiegato Rollandin. Ogni regione si farà carico di un numero di migranti definito in rapporto alla popolazione: la Valle potrà ne accogliere fino a cento.
«Ci siamo espressi contrariamente sull'opportunità di organizzare tendopoli per i clandestini» ha però precisato Rollandin. Di questa soluzione aveva parlato in mattinata il presidente del Consiglio, ottenendo in risposta un "no" da parte di Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni: «le tendopoli non sono gestibili» ha affermato.
«Il Governo incontrerà lunedì i rappresentanti tunisini per poi riaggiornare il tavolo dell'emergenza - ha spiegato Rollandin -. Sarà quella l'occasione per riaffrontare la questione».

Trento. Massimo 450 profughi
Ma Dellai è preoccupato. 01/04/2011 15:09
TRENTO - Conferenza stampa di un preoccupato Dellai in merito al possibile arrivo di profughi dal nord Africa in Trentino. Il governatore ha confermato quanto detto qualche giorno fa, ovvero che, in base agli accordi con il governo, in provincia arriveranno al massimo 450 profughi. Dellai ha sottolineato come all'interno del governo si stiano facendo strada due correnti di pensiero. Una prima che prevede il rimpatrio immediato dei clandestini dopo essere passati attraverso il CIE (Centri di identificazione ed espulsione). Centri che sarebbe impossibile creare in Trentino per l'assenza di strutture. La seconda linea di pensiero darebbe a tutti gli immigrati lo status di rifugiati temporanei. Una situazione che, inevitabilmente, andrebbe ad aumentare il numero di arrivi anche in Trentino. Dellai, dicendosi preoccupato per le idee poco chiare che ci sono a Roma al cospetto di un problema così drammatico, avrà un nuovo incontro con il governo martedì prossimo e in seguito deciderà con i rappresentanti delle Comunità di Valle e del Consiglio delle Autonomie la collocazione dei profughi in arrivo.

Vipiteno. Migranti: profughi da Lampedusa in arrivo anche a Vipiteno. ROMA. C' anche Vipiteno tra le località scelte per trasferire alcuni dei profughi sbarcati a Lampedusa.
Sono altri tre, oltre a Torino, le localita' del nord dove in queste ore si sta decidendo di trasferire gli immigrati tunisini sbarcati a Lampedusa.
Le città sono, secondo quanto si apprende, Padova, Vipiteno e Brescia. Nei giorni scorsi era stata annunciata la possibilità che i migranti arrivassero in Alto Adige, anche se il loro numero dovrebbe essere di poche decine.

Aosta. Emergenza profughi: Rollandin a Roma alla prima riunione della Cabina di Regia
Aosta - Rollandin è impegnato in queste ore alla prima riunione della Cabina di regia Governo-Regioni-Autonomie locali istituita nell'ambito dell'accordo sottoscritto in sede di conferenza unificata il 30 marzo.
Dopo aver riconfermato ieri nella consueta conferenza stampa della Giunta regionale la disponibilità della Valle d'Aosta ad ospitare una parte dei profughi, il Presidente della Regione Augusto Rollandin è impegnato in queste ore alla prima riunione della Cabina di regia Governo-Regioni-Autonomie locali istituita nell'ambito dell'accordo sottoscritto in sede di conferenza unificata il 30 marzo.

"Abbiamo preso contatti con il Ministero - ha sottolineato ieri Rollandin - e rimane la nostra disponbilità per i profughi e non per gli immigrati da inviare nei centri di identificazione ed espulsione. Nel momento in cui ci saranno delle richieste vedremo come organizzarci per numeri che vanno dai 25/30 fino ad un massimo di 100"

Durante la riunione il Ministro dell'Interno Maroni presenterà ai governatori un elenco dei siti dove allestire strutture per l'accoglienza di profughi ma anche di clandestini.

L'emergenza immigrazione sarà al centro nei prossimi giorni anche di un incontro fra Rollandin e i sindaci valdostani e del Consiglio Valle. In particolare martedì prossimo il Presidente della Regione si confronterà con il Cpel per verificare l'esistenza di strutture fisse che possano essere adibite per l'accoglienza temporanea di stranieri provenienti dal Maghreb.
In Consiglio Valle il Partito democratico ha presentato un'interpellanza per conoscere da Rollandin le aree individuate per ospitare i profughi e il numero di migranti che la Valle d'Aosta ha stimato di poter ospitare.
di Silvia Savoye 01/04/2011

Milano. Arrivati in treno 150 tunisini
La Polfer ne ha bloccati 40
Si sono allontanati dai luoghi di raccolta e di identificazione e sono saliti sul convoglio a Bari
MILANO - I primi tunisini che si sono allontanati dai luoghi di raccolta e di identificazione con l'intenzione di recarsi verso nord, a Milano, sono stati bloccati nel capoluogo lombardo; la maggior parte però sono riusciti a far perdere le loro tracce. Gli immigrati sono giunti a Milano venerdì mattina in treno. In Stazione Centrale era stato predisposto un servizio di osservazione da parte della Polfer che li ha intercettati, bloccandone una parte, mentre molti altri sono riusciti ad eludere i controlli. Secondo quanto si è appreso, gli immigrati tunisini sono i primi tra quelli dell'emergenza sbarchi di questi giorni, a giungere a Milano. Ne erano stati segnalati oltre un centinaio sui treni in arrivo dal sud, e in effetti, intorno alle 9.30 di venerdì, ne sono scesi in stazione Centrale circa 150.

40 BLOCCATI - La Polfer aveva predisposto un servizio di osservazione e ne ha bloccati una quarantina, che sono stati accompagnati in questura per le pratiche di fotosegnalamento. I nordafricani, quasi tutti ragazzi sui vent'anni, erano saliti in treno a Bari. Sono arrivati in stazione Centrale con il treno 784 proveniente da Reggio Calabria, che è arrivato nel capoluogo lombardo con un'ora di ritardo. I ragazzi sono scesi tutti insieme dal convoglio confondendosi con i viaggiatori, e quindi è stato possibile bloccarne solo una parte. I servizi di controllo nelle stazioni milanesi proseguono perché si ritiene che a breve possano arrivare altri immigrati.

Venezia. Profughi, l’appello di Zaia «Enti e privati ci aiutino»
Il governatore: «Chi può ospitarli in case o centri, lo dica» Netto il rifiuto per i tunisini: accoglienza solo ai minori
VENEZIA — «Se ci sono enti caritatevoli, associazioni o privati disposti a ospitare i profughi libici ce lo segnalino, si facciano avanti. Tra le varie opzioni al vaglio di governo, Regioni ed enti locali per affrontare l’emergenza in corso c’è anche l’ipotesi di microinnesti in appartamenti di cittadini, in comunità protette o in strutture gestite dal volontariato ». E’ l’appello che il governatore Luca Zaia lancia all’indomani del vertice a Roma tra i ministri Roberto Maroni, Raffaele Fitto e Ferruccio Fazio, il sottosegretario alla presidenza Gianni Letta, Regioni, Province e Comuni sul problema rifugiati del Nordafrica. «Abbiamo firmato un accordo che prevede l’equa distribuzione in tutte le regioni di libici, somali ed eritrei in fuga da fame e guerre—precisa il presidente —ma per ora sono solo 2 mila. Quanti ne toccheranno al nostro territorio non è ancora noto, la situazione è in evoluzione, l’Onu segnala altri 60 mila libici in movimento. Si aggiungono ai 423 mila che hanno già lasciato il loro Paese. Forse venerdì, in sede di cabina di regia con Maroni, ci daranno i primi numeri. Ma non sappiamo esattamente dove eventualmente sistemeremo queste persone, perchè nella relazione inviata al Viminale su potenziali centri di accoglienza il prefetto di Venezia, Luciana Lamorgese, segnala l’assenza di strutture adeguate nel breve e medio periodo. Sono escluse anche le caserme ubicate in centro città, come quelle di Feltre e Treviso, in compenso potrebbero essere utilizzati i presidi militari di proprietà dei ministeri di Difesa e Interno».

Niente numeri nè luoghi. Nel caso in cui in Veneto approdassero davvero i 4/5 mila profughi derivanti dalla «equa distribuzione » di un massimo di 50 mila dati in arrivo in Italia dal Viminale, «ci arrangeremo per vedere di sistemarli. Si tratta di donne, bimbi, anziani e disperati ai quali non possiamo chiudere le porte ». Intanto la sola certezza è la disponibilità della Regione ad accogliere nelle comunità protette per minori una quota dei 600 bambini, libici ma anche tunisini clandestini, sbarcati a Lampedusa, molti senza genitori. Ma la partita che preoccupa realmente Zaia è quella dei clandestini tunisini. «Sono già 20 mila e devono tornare a casa — sentenzia—la Tunisia organizzi un rientro coatto e di massa. E’ un esodo biblico, che rischia di esplodere in una situazione catastrofica e che nulla c’entra con il dramma dei profughi. Nella loro terra la vita è ripresa normalmente e le aziende lavorano: quelle venete danno da mangiare a 30 mila persone, 15 mila delle quali impiegate da Benetton. Del problema si occupa direttamente il Viminale insieme alle Prefetture, noi abbiamo chiaramente detto di non volere immigrati irregolari. Ecco perchè è importante sottolineare la netta distinzione tra loro e i rifugiati, tracciata nel vertice di Roma». Fatto sta che «la grande preoccupazione e l’ansia» con cui il governatore segue i continui sbarchi a Lampedusa («tra mille e duemila al giorno») sottaciono il timore di non potersi sottrarre, in caso di vera invasione, a subirne una quota decisa dal ministero dell’Interno. «Il nostro punto debole è la mancanza del Cie—riflette Zaia —. La soluzione di Campalto? Maroni non ne ha più parlato, in questo momento ha ben altre priorità». Ma non era già finanziato? E non doveva nascere al massimo in 12 mesi? L’aveva detto lo stesso ministro a Venezia l’11 febbraio scorso...
Michela Nicolussi Moro

Zaia alza le mani: «Esodo biblico»
IMMIGRAZIONE. Il governatore preoccupato nonostante l'accordo raggiunto tra Stato e Regioni sulla gestione degli sbarchi a Lampedusa
«Siamo disponibili ad accogliere i profughi ma non i clandestini» Ma Maroni potrebbe dare il via libera a una tendopoli in Veneto. 01/04/2011. Marino Smiderle
INVIATO A VENEZIA
Zaia è uscito piuttosto scosso dalla riunione di Roma. Certo, ieri ha tenuto a sottolineare la differenza tra profughi (duemila, al momento) e clandestini (ventimila, sempre al momento), con le regioni che, tutte, indipendentemente dal colore politico, si sono dette disponibili ad accogliere, pro quota, i primi. «Ma bisogna che ci rendiamo conto - ha alzato le mani il governatore del Veneto - che siamo di fronte a un esodo biblico. Con l'Europa che ci ha abbandonato o, peggio, con la Francia che alla frontiera di Ventimiglia ha stracciato il trattato di Schengen e con i barconi carichi di nordafricani che continuano ad arrivare a Lampedusa.
MARONI. Nella sala Canaletto dell'Holiday Inn di Marghera il cellulare di Zaia suona in continuazione. «Scusate - dice ai cronisti - devo rispondere, può essere che ci siano novità importanti». Tutti aspettano che il governatore indichi il sito, o i siti del Veneto in cui il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, spedirà qualche migliaio di clandestini che, codici alla mano, dovrebbero essere espulsi. «No, vi assicuro, non è stato indicato alcun luogo preciso - ripete - ma non possiamo negare che la situazione dei clandestini sia spinosa. Ma è di esclusiva competenza del governo e già domani mattina (oggi) Maroni riunirà la cabina di regia per verificare le possibili soluzioni».
PROFUGHI. Ricapitolando: il Veneto e le altre regioni si sono dichiarati disponibili ad accogliere coloro che hanno lo status di profughi, in particolare eritrei, somali e libici, che sono però una netta minoranza. «Il ministro ha fatto un piano di accoglienza di 50 mila profughi - spiega Zaia - per non rivedere le cifra ogni giorno. Al momento ne sono arrivati poco più di duemila. Tutti gli altri sono tunisini, che tecnicamente sono migranti economici, e quindi clandestini. Noi siamo per rispedirli tutti in Tunisia, tutti la pensano così. Il problema è che ne sono arrivati tanti, 20 mila. Per dare un'idea, l'anno scorso a Lampedusa, di questi tempi, in tutto erano sbarcate clandestinamente 27 persone».
VICINANZA. Il governatore ribadisce il concetto: «Noi veneti abbiamo una tradizione di solidarietà e daremo una mano a chi ha bisogno». Cioè ai profughi. Per i quali, visti i numeri attuali, basterebbero poche strutture protette. Ma oggi, nonostante Zaia incroci le dita, potrebbe dare lo scomodo annuncio: «Vi spedisco una quota di clandestini». Anche in veneto, va da sè. Ma dove? «Le caserme dismesse da troppo tempo - sostiene il governatore - non sono strutture utilizzabili. Piuttosto, in queste emergenze, il Veneto sconta il problema di non avere un Cie (Centro identificazione ed espulsione). Solo con una struttura organizzata in modo da vigilare sui clandestini ospitati, si potrebbe dare una risposta immediata».
TENDOPOLI. A proposito del Cie, proprio Zaia e Maroni avevano ventilato l'ipotesi, poi apparentemente tramontata, di allestirne uno a Zelo, nel Rodigino, nel sito che aveva ospitato una ex base missilistica. «Di questo non abbiamo più parlato - assicura il governatore - anche perché, purtroppo, il ministro è in tutte altre faccende affacendato». Il faldone potrebbe però essere ripreso in considerazione, non certo per partire con il Cie ma per allestirvi una tendopoli ad hoc per accogliere provvisoriamente questi clandestini: lontano dal centro, controllabile, dotato di qualche struttura, un candidato sicuro, insomma. Può essere che dalla Difesa arrivi la disponibilità di qualche caserma agibile. Ma Zaia non voleva solo i profughi? «Ora - dice - non posso che affermare la mia vicinanza al governo».

Padova. Tendopoli degli immigrati, c'è anche Padova tra i siti del governo. Alla "cabina di regia" sull'immigrazione illustrati i siti scelti dal governo. Ci sono Torino, Padova, Vipiteno e Brescia al Nord. L'assessore Ciambetti: "Padova? Non risulta". Ma non c'è l'accordo con le Regioni. PADOVA. Sono altri tre, oltre a Torino, le località del nord dove in queste ore si sta decidendo di trasferire gli immigrati tunisini sbarcati a Lampedusa. Le città sono, secondo quanto si apprende, Padova, Vipiteno e Brescia. Dunque anche la città del Santo potrebbe ospitare una tendopoli di tunisini.
La prima smentita però arriva dall'assessore regionale Roberto Ciambetti che era presente alla riunione a Roma: ''Questa cosa - puntualizza - non è stata detta in riunione''.
A Torino si stanno montando 300 tende. Per ospitare i profughi nell'Arena Rock di Torino è previsto che siano montate 300 tende entro domenica sera. Ogni tenda può ospitare otto persone per cui la capienza massima del campo sarà di 2.400 posti letto. Nella struttura, però, sono attesi 1.500 profughi. La tendopoli è in fase di costruzione da parte dei Vigili del Fuoco.
Maroni annulla la visita a Venezia. Nel frattempo però il ministro dell'Interno Maroni ha annullato la visita a Venezia prevista per il pomeriggio. Avrebbe dovuto incontrare i rappresentanti dei comuni del Veneto.

Bologna. Protesta dei clochard, Comune blindato
Diversi mezzi delle forze dell'ordine schierati in piazza Maggiore e ingressi di Palazzo d'Accursio presidiati
Comune blindato questa mattina per la seconda protesta dei clochard. Diversi mezzi delle forze dell’ordine sono stati schierati in piazza Maggiore e gli ingressi di Palazzo D’Accursio sono presidiati.
Oltre all’accesso dell’anticamera del sindaco è stato chiuso anche il cancello all’imbocco dello scalone dei cavalli, tanto che per accedere ai piani superiori del municipio occorre servirsi dell’ascensore (presidiato dai vigili urbani). Assente il commissario Anna Maria Cancellieri, della «crisi» dei senza fissa dimora si stanno occupando il subcommissario Raffaele Ricciardi e il direttore del dipartimento Servizi alle famiglie Maria Grazia Bonzagni.

Questa mattina alcuni senza fissa dimora erano radunati nei pressi del voltone del Podestà. Già ieri una ventina di senzatetto si erano ritrovati in piazza Maggiore per tentare un incontro con qualche esponente dell’amministrazione e avere garanzie sul dormitorio di via Capo di Lucca attivato per affrontare l’emergenza freddo di quest’inverno e non solo su quello. Infatti, nonostante la notizia della proroga di due mesi per Capo di Lucca, molti senzatetto rimangono in allarme. Il rifugio di via Capo di Lucca chiuderà per una settimana, e si prevede la riapertura per il 7 aprile. Quello che però agita gli animi di molti senza casa è la decisione comunale di porre fine al piano per l'emergenza freddo: con essa finirebbe anche l’apertura delle strutture ai non residenti, «tollerata» durante l’inverno, ma vietata dai regolamenti municipali. In ogni caso, l’unico centro del piano freddo a riaprire sarà quello in via Capo di Lucca, con proroga fino a giugno, mentre è prevista la chiusura per le strutture di Lazzaretto e Beltrame.

Bologna. Profughi, si decide oggi
Circa un migliaio attesi a Bologna
Si punta sulla caserma di via Prati di Caprara se si deciderà di usare le strutture militari
Dopo uno stallo di quindici giorni arriva finalmente il piano del Viminale per l’accoglienza dei profughi libici e degli immigrati sbarcati negli ultimi mesi a Lampedusa. Questa mattina il ministro dell’Interno Roberto Maroni illustrerà il piano alla cabina di regia con le regioni e gli enti locali.

A Roma, nonostante lo strappo sulle decisioni «unilaterali» prese dal governo sui migranti irregolari, saranno presenti il governatore Vasco Errani, l’assessore alla protezione civile Paola Gazzolo e il direttore della protezione civile Demetrio Egidi. Ma le polemiche non mancano. Ieri è arrivata l’accelerazione del Viminale sugli irregolari, con l’individuazione a sorpresa di una tendopoli realizzata nella base militare di Poggio Renatico (Ferrara).

Una decisione passata sopra la testa di viale Aldo Moro che nel tavolo con province e Comuni aveva seccamente rifiutato l’ipotesi di nuovi Cie, campi o tendopoli: «L’accordo con il Governo riguarda i profughi. Le Regioni non hanno condiviso invece le questioni relative alle tendopoli per gli irregolari: quella è una scelta unilaterale del Governo», ha detto Errani dopo la Conferenza delle Regioni. Ora viale Aldo Moro è in attesa che il governo faccia chiarezza sul numero di profughi in fuga dalle zone di guerra da ospitare e sui siti per l’accoglienza.

Si parla di 50 mila rifugiati, di cui 3.700 in Emilia-Romagna e un migliaio da sistemare a Bologna. Sono però numeri potenziali, visto che per ora i profughi «reali» sono tra i 2.000 e i 2.500. Il nodo è quello dei siti. Sia il prefetto Angelo Tranfaglia che il governatore Vasco Errani hanno chiesto ai Comuni di fornire una lista dei luoghi compatibili ma la scelta dipenderà da quale sarà la catena di comando decisa a Roma. Se si dovesse decidere di usare le strutture militari la scelta potrebbe ricadere sulla caserma di via Prati di Caprara, ex reparto infrastrutture dell’esercito, una struttura di 40 mila metri quadri passato al demanio e in attesa di bonifica. Scartata invece l’area Tre Poggioli di Monghidoro. Un’altra ipotesi riguarda l’ex cantiere dell’Alta Velocità di Reggio Emilia. Se invece si decidesse di bypassare le strutture militari potrebbero entrare in campo quelle bolognesi della Croce Rossa. Per quanto riguarda i minori invece si punterà sulle case famiglia. Molto dipenderà dall’effettivo numero di profughi. Se fossero davvero poco più di duemila su base nazionale, si potrebbe trovare una soluzione transitoria. «Non c’è ancora chiarezza su catena di comando e scelta dei siti, aspettiamo il piano da tempo — spiega Demetrio Egidi —. Oggi capiremo cosa ha deciso il Governo e poi verrà stilato un piano regionale condiviso con i comuni e le province».
Gianluca Rotondi

Parmalat: assemblea rinviata a fine giugno
Il cda di Parmalat ha rinviato l'assemblea: lo ha confermato all’uscita dalla riunione il consigliere Andrea Guerra, che è anche amministratore delegato di Luxottica. Il consigliere Carlo Secchi interpellato dai cronisti al termine del cda sulla nuova data dell’assemblea ha risposto: «A giugno». In una nota si legge che l'assemblea è fissata per il 25, 27 e 28 giugno, anziché il 12, 13 e 14 aprile. Quell'assemblea deciderà la nuova governance del gruppo di Collecchio.

UNA DECISIONE ATTESA. Il rinvio era considerato come probabile. La normativa contro le scalate emanata dal governo dà la possibilità di rinviare l'assemblea nel caso ci siano concrete manifestazioni di interesse da parte di soggetti alternativi a quelli già in campo. Così è stato. Ieri sera è arrivata la notizia: Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Unicredit inviano una lettera annunciando la cordata italiana. Il tutto mentre la Cassa depositi e prestiti, sull'assist del Governo con l’allungamento dei tempi, incassa il «via libera» a scendere in campo.
«Ci sono contatti preliminari per valutare che cosa si può fare», ha aggiunto oggi Claudio Sposito, amministratore delegato del fondo Clessidra, in merito alla possibile partecipazione a una cordata italiana per Parmalat a margine del forum Ambrosetti di Cernobbio.

LACTALIS AVEVA SCRITTO AL CDA: "NO AL RINVIO". Lactalis ha inviato una lettera al consiglio d'amministrazione di Parmalat. Secondo quanto apprende l'agenzia Ansa in ambienti vicini al gruppo francese, nella missiva è scritto che l’Antitrust Ue non è un motivo per rinviare l'assemblea e che sono stati superati i termini previsti dallo statuto e dalle legge per procedere a una nuova convocazione dei soci.

LA CORDATA ITALIANA SI «PRESENTA» AL CONSIGLIO. La lettera spiega che i tre istituti di credito intendono prestare consulenza nella strutturazione di un’operazione coerente col provvedimento adottato dal Consiglio dei ministri. Resta in standby la Ferrero ma sono pronti a partecipare alla cordata pure Tamburi, Palladio e Granarolo.
Sicuramente in campo invece c'è la Cassa depositi e prestiti (Cdp) che grazie a un decreto già in Gazzetta Ufficiale ha ora i poteri per investire in società ritenute strategiche al sistema Paese. La Cassa depositi e prestiti potrà infatti «assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese».
Il decreto è stato emanato subito dopo il provvedimento varato in sede di consiglio dei ministri che ha autorizzato Giulio Tremonti «a predisporre e attivare strumenti di finanziamento e capitalizzazione, analoghi a quelli in essere in altri Paesi europei, strumenti mirati ad assumere partecipazioni in società di interesse nazionale rilevante in termini di strategicità del settore». E il riferimento all’estero ricorda molto la francese Caisse des Depots et Consignation che possiede il 51% del Fond Strategique d’Investissement (Fsi), costituito nel 2008 su iniziativa di Nicolas Sarkozy per intervenire a sostegno del capitale delle imprese francesi in caso di scalate straniere.

L'UNIONE EUROPEA "OSSERVA" LACTALIS. A tutto questo si aggiunge Bruxelles, dove il blitz di Lactalis sul capitale di Parmalat (che ha il 28,97%) è finito sotto la lente di due commissari: il responsabile Antitrust Joaquin Almunia e il responsabile del Mercato interno Michel Barnier. Ieri Lactalis ha detto che l’ingresso nel capitale di Parmalat «non va considerato come un’acquisizione del controllo della Parmalat», precisando che il regolamento comunitario «prevede, per il caso in cui sussista un passaggio di controllo». E che in definitiva sono con la loro quota (quasi il 30%) intenzionati solo ad esercitare «il voto in occasione della prevista riunione dell’assemblea dei soci» del prossimo 12, 13 o 14 aprile. Sempre che, appunto, l'assemblea non venga rimandata.

CONFCONSUMATORI CONTRO LACTALIS. L'associazione Confconsumatori ha annunciato di aver presentato un esposto alla Consob contro Lactalis, per chiedere all'organo di vigilanza sulla Borsa di effettuare verifiche sul rispetto della normativa sulle opa (chi superasse il 30% del capitale di un'azienda quotata in Borsa sarebbe obbligato, per legge, a lanciare un'offerta pubblica d'acquisto - opa su tutto il capitale). L'iniziativa è oggetto di una conferenza stampa in Ateneo.

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