sabato 14 maggio 2011

Siamo sicuri che la Cina non c’entra niente?

La Grecia sta implodendo assecondata dagli eufemismi
di Pierluigi Magnaschi – Italia Oggi
È inutile girarci attorno. La Grecia ha l'acqua alla gola. E coloro che le hanno prestato i soldi (banche o istituzioni internazionali; più le prime che le seconde, a dire il vero) se la stanno facendo addosso.


Tuttavia la situazione della Grecia, nelle cronache sui principali media scritti o elettronici, viene resa commestibile, adottando degli eufemismi che sono tecnicamente esatti ma anche sostanzialmente fuorvianti perché, essendo termini iperspecialistici, finiscono per fuorviare l'opinione pubblica. In questi giorni, ad esempio, si parla molto di rischio «default» della Grecia che, per il grande pubblico, sembra un termine di tipo calcistico-sportivo, come gol o corner. Invece, se lo si traduce in italiano, si capisce che si sta parlando di fallimento. E nemmeno di un'impresa, ma addirittura di uno Stato. Un altro termine, ineccepibile dal punto di vista tecnico, ma altrettanto fuorviante sul piano della grande comunicazione, è quello della ristrutturazione (del debito, si dà per sottinteso). Ora, per ristrutturazione, nel caso di un'azienda in difficoltà, la gente intende gli sforzi per renderla efficiente attraverso il miglioramento dei prodotti, la riduzione dei costi, i licenziamenti. Nessuna ristrutturazione è gioiosa ma tutte sono necessarie per uscire dalle strettoie della crisi. Le ristrutturazioni si propongono di far uscire le imprese in difficoltà dalla spirale delle inefficienze. Esse quindi, non solo sono gradite ma sono anche auspicate (e, alle volte, imposte) dalle banche creditrici. Come mai, allora, le banche creditrici dello stato greco, alla sola idea di una ristrutturazione, alzano il pelo dallo spavento come se fossero dei gatti messi all'angolo da un bulldog? Perché, in questo caso, la ristrutturazione significa che lo Stato greco vuol restituire, poniamo, solo il 50% del debito da loro contratto. E lo Stato greco ha dalla sua, per imporre queste forche caudine alle riluttanti banche creditrici (sì, sì, sono le stesse che, se non le paghi puntualmente il mutuo della casa, te la mettono all'asta senza pensarci su un secondo) lo Stato greco, dicevo, ha dalla sua il fatto che, se le banche non si accontentano di dimezzare il loro credito, c'è il rischio che non vedano un becco di un quattrino. Anche se poi la Grecia si strozzerebbe da sola, visto che non troverebbe più nessuno che gli presta un euro. Ma questo è un fatto che non interessa ai sindacati e forse nemmeno ai politici. Ecco perché il presidente della Deutsche bank, Josef Ackerman, dice che la ristrutturazione sarebbe «un enorme errore». La sua banca infatti ha un'esposizione con la Grecia di 1,6 miliardi di euro.

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