venerdì 12 novembre 2010

L'Italia unita la fa la pioggia


di LINO PATRUNO - 12 Novembre 2010
Non è per stare a fare la solita storia del Nord e del Sud, specie quando ci sono i morti di mezzo. Hanno ragione i veneti a chiedere di essere estratti dal fango della loro alluvione. Ma quando, un annetto fa, ci fu a Messina, a stento se ne occuparono le prime pagine: se l’erano voluta loro, questi terroni, con la distruzione del territorio, ma si può costruire nel greto di un fiume? E chissà quante mani della mafia. Vite di serie B, anche quando le si perde. L’acqua però non è razzista, se qualcuno si mette lungo il suo corso prima o poi lo spazza via, fosse nel paradiso Nordest o nell’inferno Sicilia. Qualche voce meno leghista si è alzata dalle parti di Padova-Vicenza-Verona: chiediamoci se col nostro sviluppo caotico non abbiamo finito per cementificare troppo. Cioè costruire nel greto del fiume. Tutti avrebbero voluto crescere come loro, che si sono dati da fare. E che da tempo tirano l’italica carretta. Ma loro per primi sanno come sono passati dalla povertà all’opulenza, non sono stati a pensarci troppo né con l’evasione fiscale, né con i diritti del lavoro, né con i capannoni che hanno asfaltato tutto. Avviene anche altrove, spesso regola non sembra far rima con ricchezza. Ma capita che la ricchezza senza la regola possa incontrare tre giorni di pioggia. E’ vero anche che non si è sentita aria di mobilitazione come in altre occasioni. Nemmeno per il Salento, che si è trovato anch’esso sotto il fango. Ma il Salento è Sud, e sappiamo cosa combinano al Sud, piangano dei loro mali. Forse il buon cuore nazionale ha pensato che, essendo i veneti ricchi e anche un po’ egoisti e mediamente intolleranti, e sempre pronti a rinfacciare qualcosa agli altri, se la prendessero se si fosse parlato di sottoscrizioni o minuti di raccoglimento. Del resto fra loro stessi si era cominciato a dire che si sarebbero rimboccate le maniche e dimostrato ancora una volta di essere un’altra Italia. Poi però hanno lamentato che si parlasse solo dei rifiuti di Napoli, loro che su quei rifiuti campano di propaganda antimeridionale. E il governatore leghista Zaia ha chiesto un miliardo di euro a Roma, mentre il primo stanziamento era stato di 20 milioni. Anzi ha aggiunto che, quel miliardo, il Veneto lo pagherà in meno di Irpef. E anche gli industriali hanno sibilato di sciopero fiscale se lo Stato non li aiuterà: <è ora che i veneti, che in tante occasioni hanno dato, ricevano>.
Non è una novità, da sempre la pensano così e sono nemici sparati delle tasse romane. E in fondo è la base del loro federalismo, ciascuno si tenga il suo e faccia da sé. Si tenga magari anche i danni che ha creato, come si ruggisce sempre col Sud. Tranne che chiedere allo Stato quando fa comodo. Ma è anche giusto che lo Stato in questi casi intervenga, benché senza tasse non potrebbe muovere una pala.
Il problema è che se si lavora alla dis-unità d’Italia, la dis-unità d’Italia si vendica. A proposito di federalismo, ad esempio. Uno fra i contenziosi è il <fondo di perequazione> statale, quello che dovrebbe continuare a intervenire a favore delle regioni che partono svantaggiate, diciamo il Sud. Magari ora si potrebbe pensare di estenderlo anche alle zone a rischio alluvione, Veneto in testa, perché un po’ di Stato fa sempre comodo, sempre continuando rigidamente a sputargli in faccia. Nello stesso modo lo Stato ha fatto comodo per le multe europee ai produttori di latte, pagate scippando i soldi destinati al Sud. Anche se i vuoti di memoria affliggono il solito Salvini, quello di Radio Padania, informatissimo sulle pensioni di invalidità della Basilicata ma smemorato sulle casse integrazione dalle sue parti pagate col consueto Bancomat, i soldi per il Sud. Si consiglia una cura di fosforo. Perché così si fa: si demonizza tutto ciò che accade al Sud, lo si fa passare per il regno dello spreco e della corruzione, si miscela accuratamente, si convince che nulla laggiù potrà mai cambiare e si conclude che è inutile, anzi dannoso, dargli soldi. Anche quando piove come ha piovuto da loro. Ma tanto, il delitto perfetto è in corso anche se nessuno se ne accorge, meno che mai i sempre distratti politici meridionali. E’ vero che se l’Italia non taglia, esce dall’Europa ed entra nel mirino dei caimani della finanza pronti a sciacallare sul suo fallimento. Ma con un taglio di qua e uno di là, quando si arriverà al fondo di perequazione sarà già bell’e tagliato in partenza. E’ vero anche che questo Stato spende tanto male da far tremare non solo quando taglia. Però non dovrebbe essere solo un’alluvione a far capire ai sior veneti sempre con la secessione alla bocca che se il federalismo non fosse brandito come un’arma contro i <parassiti> del Sud, si potrebbe pensare a farlo meglio per tutti. E a far trovare ai veneti una solidarietà che ora, chissà perché, sembra strappata con la forza alla freddezza degli italiani brava gente.
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