mercoledì 22 dicembre 2010

E' il debito pubblico in mani straniere a dover allarmare l'Europa

di Lo Prete Marco_Valerio
Da qualche mese, in Europa, sembra non ci sia rassicurazione ufficiale sulle finanze pubbliche che tenga: le agenzie di rating continuano inflessibili ad abbassare i voti assegnati agli stati del Vecchio continente.


Ieri Moody's ha messo sotto esame il Portogallo per un possibile declassamento, dopodiché ha annunciato di aver abbassato il rating a lungo termine di due regioni della Spagna. Perfino giovedì scorso, in apertura del Consiglio Ue, proprio in occasione dell'atteso varo del meccanismo permanente salva-stati, il debito pubblico irlandese è stato declassato di cinque gradini da parte della stessa Moody's. Ora a preoccupare i mercati c'è soprattutto l'ipotesi che l'effetto domino dei "downgrade" possa investire altri stati oltre a quelli della cerchia dei Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna). E' bastato che a metà dicembre Standard & Poor's attribuisse un outlook negativo al Belgio per far suonare qualche campanello d'allarme. Certo, il paese è senza un governo degno di questo nome da almeno sei mesi, eppure è tornato a crescere più della media Ue e ha già dimostrato in passato una capacità quasi unica nell'abbattere il peso del debito pubblico. Secondo alcuni analisti sentiti dal Foglio, sarebbero altri però i fattori da prendere in considerazione, a partire dalla quota di debito pubblico sottoscritta da investitori stranieri.

"II rapporto tra deficit e pil e quello tra debito e pil sono dati importanti, ma non gli unici significativi - dice al Foglio Peter Zeihan, vicepresidente dell'unità d'analisi strategica della società americana di intelligence Stratfor - si prendano i casi di Grecia e Irlanda, ovvero i due stati finora propriamente salvati' dall'Unione europea. Atene ha venduto oltre metà del proprio debito pubblico a entità straniere, Dublino addirittura i quattro quinti". Secondo Stratfor, sarebbero proprio i paesi più esposti nei confronti di creditori ubicati al di là dei confini nazionali a correre i rischi maggiori. Non è un caso che dalla rielaborazione che Stratfor ha fatto di dati Eurostat e Bce, emerge che anche il Portogallo - da molti ritenuto alla vigilia di un salvataggio da parte dell'Ue - si trova in una situazione simile a quella dell'ex tigre celtica. Ma alla lista degli stati al centro delle tensioni, Zeihan suggerisce di aggiungere anche il Belgio e l'Austria. Ancora una volta, a indebolire i due paesi non ci sono soltanto, rispettivamente, una bolla immobiliare simile a quella spagnola e un sistema bancario invischiato nella bolla creditizia esplosa in Europa orientale, ma soprattutto il fatto che "i due stati dipendono largamente da un rifinanziamento esterno per gestire il proprio debito sovrano. Sono due piccoli stati con risorse finanziarie indigene limitate". II punto essenziale è che in tutti questi paesi, "se il panico si diffondesse tra gli investitori, una loro fuga disordinata potrebbe mettere in ginocchio le finanze pubbliche nel giro di poche ore", spiega Zeihan. Normalmente infatti "i governi hanno un certo margine di manovra e numerosi strumenti per spingere il proprio settore bancario a servire gli interessi dello stato. Basti pensare al programma Tarp negli Stati Uniti; allora di fatto il Tesoro americano costrinse le sette maggiori banche del paese a partecipare a una serie di salvataggi che non erano nemmeno nel lo- ro interesse". Anche la Grecia, continua l'analista di Stratfor, ha fatto qualcosa di simile in una prima fase della crisi, costringendo le banche nazionali ad acquistare dosi significative di debito. Gli istituti però possono fungere da diga d'emergenza soltanto fino a un certo punto: dipende dalla loro taglia e dal loro stato di salute, certo, ma anche dal fatto di non ritrovarsi improvvisamente con quantità eccessive di debito fino a un momento prima nelle mani di investitori stranieri.

Il caso italiano non preoccupa (per ora) E l'Italia?
"Attualmente non ritengo sia nemmeno da ipotizzare un intervento dell'Unione europea in soccorso del vostro paese", spiega Zeihan. Roma è "in una situazione più stabile" essenzialmente per due ragioni: "Intanto perché il rapporto debito/pil attuale, vicino al 120 per cento, non è una novità, ed è gestito senza scossoni ormai da anni. Inoltre meno della metà del vostro debito pubblico è detenuto da entità extra territoriali e quindi, in caso di peggioramento dell'outlook, credo che lo stato possa tamponare un'emergenza almeno per un anno. E in un anno tante cose possono cambiare".
 

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