venerdì 1 aprile 2011

Federali-Mattino. 1 aprile 2011. Siamo per l'accoglienza e la solidarietà, ma non ci hanno ascoltato. Ora li portino in una città leghista. Zaia non si pronuncia e lascia aperta la porta. Pugno duro di Sarko. Durnwalder: i no non ci fermeranno.

Africani rivoluzionari:
Guerra civile in Costa d'Avorio: Sarkozy invia i militari francesi
L’inquieta gioventù araba
Errani: sulle tendopoli il governo ha scelto in modo unilaterale

Forza Oltrepadani:
Bozen. Durnwalder: i «no» non ci fermeranno.
Trento. Euregio: no al nucleare e no alle Olimpiadi 2020
Aostee': La Regione delibera l'acquisizione di Deval e Vallenergie

Forza Migranti:
Aostee': Immigrazione clandestina: tre espulsi e un indagato.
Bozen. Migranti: l'Alto Adige ospiterà 30 profughi.
Modena. Il sindaco e i profughi: "Saranno poche decine".
Padova. Maroni: Tendopoli anche in Veneto.
Ferrara. Un campo profughi a Poggio Renatico.
Genova. Rambaudi: «In Liguria 1400 profughi»


Guerra civile in Costa d'Avorio: Sarkozy invia i militari francesi
Le truppe francesi si sono schierate oggi in alcune zone di Abidjan, capitale della Costa d'Avorio. Militari del battaglione francese Licorne si sono schierati nella Zona 4, nel sud della città. Altri militari transalpini sono stati inviati a mettere in salvo alcuni cittadini francesi nel sobborgo di Deux Plateaux, dove è in corso un attacco da parte di giovani supporter del presidente uscente Laurent Gbagbo.

Pugno duro di Sarko
Sarkozy, ha convocato per il tardo pomeriggio di domani una riunione straordinaria con il premier Francois Fillon e ministri degli Esteri e della Difesa, Alain Juppè e Gerard Longuet. per «fare il punto sulla situazione in Costa d'Avorio». Lo ha riferito l'Eliseo. Al vertice parteciperà anche Henri de Raincourt, ministro francese della Cooperazione. La riunione è stata fissata in un momento in cui la Costa d'Avorio deve far fronte a una situazione sempre più tesa, con le forze del presidente ivoriano riconosciuto dalla comunità internazionale, Alassane Ouattara, che continuano la loro offensiva lampo contro il presidente uscente Laurent Gbagbo, grande sconfitto delle scorse elezioni presidenziali di novembre scorso, che si rifiuta di lasciare il potere, nonostante i ripetuti appelli della comunità internazionale.

Il capo di stato maggiore dell'esercito lascia Gbagbo
Il generale Philippe Mangou, capo di stato maggiore dell'Esercito ivoriano e finora stretto alleato del presidente uscente Laurent Gbagbo, nella tarda serata di ieri si è rifugiato insieme alla moglie e ai loro cinque figli nella residenza ufficiale ad Abidjan dell'ambasciatore del Sudafrica in Costa d'Avorio, Zodwa Lallie: lo ha reso noto il portavoce del ministero degli Esteri sudafricano, Clayson Monyela. Quest'ultimo ha precisato che il suo governo ha avviato «consultazioni con le autorità ivoriane competenti, con l'Onu, con l'Unione Africana e con l'Ecowas», la Comunità Economica dell'Africa Occidentale. Monyela ha inoltre smentito categoricamente che lo stesso Gbagbo abbia lasciato il suo Paese per raggiungere il Sudafrica.

Finora almeno 500 morti e migliaia di profughi
Nella totale indifferenza mediatica occidentale la guerra civile in Costa d'Avorio ha fatto circa 500 morti da novembre e prodotto centinaia di migliaia di profughi. La Francia già nei giorni scorsi in un comunicato auspicava «la rapida adozione» di una risoluzione dell'Onu per vietare l'uso di armi pesanti in Costa d'Avorio, soprattutto ad Adidjan. Secondo Parigi, l'Onuci, la missione delle Nazioni Unite sul terreno, avrebbe dovuto esercitare il suo mandato con «tutta la necessaria fermezza»: lo ha detto a Parigi il portavoce del ministero degli Esteri francese, Bernard Valero, aggiungendo: «La comunità internazionale deve agire. Non possiamo aspettare».

Le forze di Ouattara arrivate nel centro di Abidjan
Boati, esplosioni e raffiche di mitragliatrici pesanti sono risuonati nel pomeriggio in pieno centro ad Abidjan, a indicare l'arrivo nell'ex capitale della Costa d'Avorio delle milizie fedeli ad Alassane Ouattara. Unità scelte della Guardia Repubblicana, schierata con il presidente uscente Laurent Gbagbo, si sono dispiegate lungo tutte le strade che conducono al Palazzo Presidenziale, nel quartiere di Plateau, mentre l'eco di furiosi combattimenti giungeva da quelli vicini di Cocody, dove si trova la residenza ufficiale di Gbagbo, e di Treichville. Poco prima l'emittente televisiva statale Rti aveva smentito ancora una volta che l'uomo forte ivoriano avesse lasciato il Paese, precisando invece che «si trova sano e salvo nella sua casa, e presto si rivolgerà ai connazional». Già ieri sera tuttavia Gbagbo sarebbe dovuto comparire in televisione, ma poi era stato annunciato con grande ritardo il rinvio del suo discorso alla Nazione.

I miliziani di Gbagbo uccidono 37 immigrati
Milizie leali al presidente uscente della Costa d'Avorio Laurent Gbagbo hanno ucciso 37 immigrati dell'Africa occidentale in un villaggio dell'ovest del paese in un attacco il 22 marzo scorso. Lo ha reso noto la ong Human Rights Now. «Testimoni in Costa d'Avorio hanno detto a HRW che uomini armati, alcuni in uniforme e altri in abiti civili, hanno massacrato abitanti di un villaggio, presunti sostenitori di Ouattara», si legge in un rapporto di Human Rights Watch. La missione dell'Onu in Costa d'Avorio ha reso noto che nella missione cattolica di Duekou‚, nell'ovest, ci sono circa 40.000 profughi. La città, snodo strategico dell'ovest, è stata ripresa martedì scorso (29 marzo) dalle forze del presidente riconosciuto dalla comunità internazionale Alassane Ouattara.

Ouattara: finite le vie pacifiche per uscire dalla crisi
Le vie d'uscita pacifiche dalla crisi della Costa d'Avorio sono finite. Alassane Ouattara alza la voce, e minaccia, dopo settimane di appelli alla comunità internazionale e di violenze perpetrate dalle forze leali al presidente ivoriano uscente, Laurent Gbagbo. Il nuovo presidente, riconosciuto dalla comunità internazionale come il legittimo vincitore delle elezioni di novembre, sta ormai intensificando le offensive contro i sostenitori di Gbagbo in varie città, facendo aumentare i timori che in Costa d'Avorio si possa scatenare una nuova guerra civile. «Tutte le vie pacifiche per portare Gbagbo a riconoscere la sua sconfitta (alle presidenziali, ndr) sono esaurite» ha affermato in un comunicato. Le truppe pro-Ouattara, in gran parte formate da combattenti delle Forze Nuove (Fn), gli ex ribelli, hanno dato il via, ieri, a una vasta offensiva militare, che li ha portati alla conquista di alcune città importanti, tra cui Abengourou, 220 chilometri a nord-est di Abidjan, centro del potere di Gbagbo.

Le milizie di Ouattara hanno conquistato il porto del cacao
L'offensiva delle forze pro Ouattara è in corso da fine febbraio. Le milizie hanno preso il controllo del porto di San Pedro, nel sud ovest della Costa d'Avorio. San Pedro è il primo porto per l'esportazione del cacao nel mondo. Da gennaio sono sospese le esportazioni di cacao, di cui il paese è il primo esportatore mondiale. «Abbiamo cominciato le ostilità per mettere in sicurezza il Grande Ovest, in partyicolare Duekou‚ e Guiglo, dove le milizie seminano il terrore», ha detto alla France Presse il portavoce militare delle Forze repubblicane (pro-Ouattara), Seydou Ouattara. Le forze repubblicane raggruppano essenzialmente gli ex ribelli delle Nuove forze, che controllano il nord del paese dal 2002. «Abbiamo circondato Duekou‚ ed è possibile che le due città, Duekou‚ e Guiglo, cadano oggi», ha aggiunto il portavoce.

Rapito (e poco dopo liberato) sacerdote Caritas internazionale
Caritas International annuncia in una nota il rapimento da parte di un gruppo armato di Abidjan del suo rappresentante in Costa d'Avorio, il sacerdote Richard Kissi, di cui si chiede la «liberazione immediata». Il prete cattolico è stato appena liberato. (Ri.Ba.)

L’inquieta gioventù araba
di Jeffrey D. Sachs. NEW YORK – Dietro le recenti agitazioni, ancora in corso, in Medio Oriente ci sono una serie di fattori: decenni di governi corrotti e autoritari, società sempre più erudite e digitali e prezzi alle stelle dei prodotti alimentari. Come se non bastasse, in tutto il Medio Oriente (come nell’Africa sub-sahariana e gran parte dell’Asia) la rapida crescita della popolazione sta aumentando la pressione demografica.

La popolazione egiziana, ad esempio, è raddoppiata durante il governo di Hosni Mubarak passando da 42 milioni nel 1980 ad 85 milioni nel 2010. Questa crescita è ancor più degna di nota se si pensa che l’Egitto è un paese desertico e che i suoi abitanti sono di conseguenza concentrati sulle coste del Nilo. In mancanza di uno spazio per espandersi, la densità della popolazione sta raggiungendo livelli incontenibili, La città del Cairo è diventata una regione tentacolare con 20 milioni di abitanti che vivono gomito a gomito con infrastrutture inadeguate.

Una crescita rapida della popolazione implica un’elevata percentuale di giovani, ed infatti la metà della popolazione egiziana è al di sotto dei 25 anni. L’Egitto, come dozzine di altri paesi in tutto il mondo, si trova ad affrontare la sfida estrema, e in gran parte insoddisfatta, di assicurare a questi giovani dei posti di lavoro produttivi e proficui.

La crescita dell’occupazione non sta andando, infatti, di pari passo con l’aumento della popolazione giovanile, o per lo meno non in termini di lavori rispettabili con stipendi adeguati. Attualmente il tasso di disoccupazione giovanile (per i giovani compresi tra i 15 ed i 24 anni) nel Nord Africa e in Medio Oriente è pari al 30%, tanto che la frustrazione dei giovani disoccupati e sottoccupati si sta riversando sulle strade.

Il problema dell’elevata disoccupazione giovanile non è, ovviamente, limitato ai paesi in via di sviluppo. Negli Stati Uniti, il tasso di disoccupazione complessivo è pari a circa il 9%, mentre quello dei giovani tra i 18 ed i 25 anni è uno sconcertante 19% che si riferisce solo ai giovani con lavori temporanei o in cerca di lavoro. Molti altri, scoraggiati, dal contesto, hanno abbandonato del tutto la forza lavoro e non vanno quindi né a scuola, né a lavorare e né tantomeno cercano un posto di lavoro. Non organizzano grandi proteste, ma molti finiscono in prigione.

I mercati del lavoro a livello mondiale sono ormai interconnessi. I giovani di paesi diversi come l’Egitto e gli Stati Uniti si trovano infatti a competere professionalmente con i giovani cinesi ed indiani. La Cina, che vanta produttivi costruttori a basso reddito ed infrastrutture di alta qualità (strade, energia, porti e comunicazioni), ha stabilito lo standard della competitività a livello globale. Ne risulta che i lavoratori meno qualificati dell’Egitto, degli Stati Uniti e di altri paesi, si trovano a dover aumentare la produttività per poter competere ad un reddito rispettabile, o a dover accettare uno stipendio estremamente ridotto oppure a dover essere disoccupati.

Pertanto, creare dei posti di lavoro rispettabili con stipendi altrettanto rispettabili è il primo aspetto da considerare se si vuole essere competitivi a livello internazionale, il che richiede una buona educazione, corsi di formazione sul lavoro e infrastrutture di sostegno. Mentre il settore privato si trova a dover creare gran parte dei posti di lavoro, il settore pubblico deve porre le condizioni di fondo per un’elevata produttività, il che è un lavoro estremamente difficile.

Solo una regione ad alto reddito è riuscita a fare un buon lavoro nel preparare i suoi giovani e la sua economia per la competizione globale: l’Europa settentrionale comprese la Germania e la Scandinavia (Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia). In questi paesi l’educazione pubblica ha un ottimo livello ed il passaggio dalla scuola al lavoro prevede spesso programmi specifici come i tirocini per i quali la Germania è particolarmente famosa.

Nei paesi in via di sviluppo, i progressi più importanti si riscontrano nei paesi che promuovono l’eccellenza nell’educazione, negli investimenti pubblici a beneficio delle infrastrutture e nei corsi di formazione professionale. La Corea del Sud è il miglior esempio con un livello eccellente di educazione ed un ottimo livello di occupazione giovanile, essendo riuscita a passare da paese in via di sviluppo allo status di paese a reddito elevato in una sola generazione. Impresa compiuta pur essendo un vicino prossimo dell’estremamente competitiva Cina.

Per contro, gli Stati Uniti sono un esempio di fallimento tranne che per i giovani dei nuclei familiari più abbienti. I ragazzi americani cresciuti in famiglie benestanti riescono ad avere un’ottima educazione e buone prospettive professionali dopo aver conseguito il diploma. A causa delle pressioni per la riduzione delle tasse e della spesa pubblica da parte dei ricchi, i figli delle famiglie più povere e della classe operaia non hanno la possibilità di fruire di un’educazione di alto livello. Il governo statunitense non è stato inoltre in grado di fornire dei corsi professionali ed infrastrutture adeguate, il che ha portato ad una crescita della disoccupazione tra i giovani più poveri e della classe operaia.

I paesi del Nord Africa e del Medio Oriente dovrebbero imparare dall’Asia orientale e dal Nord Europa e darsi da fare per evitare gli errori degli Stati Uniti. Se la democrazia prenderà piede in Egitto, Tunisia e in altri paesi del mondo arabo, i nuovi governi, votati alla riforma, dovranno dare priorità alla crisi della disoccupazione giovanile.

I paesi mediorientali dovrebbero elaborare delle strategie per migliorare la qualità ed allungare la durata delle scuole, investire nei corsi di formazione professionale, istituire dei tirocini nel settore privato e sviluppare le piccole e medie imprese. Dovrebbero inoltre individuare dei progetti infrastrutturali chiave per assicurare la produttività del settore privato e dovrebbero poi collaborare per approfondire l’integrazione commerciale a livello regionale creando un mercato più ampio.

I governatori autoritari deposti, Zine El Abidine Ben Ali in Tunisia, Mubarak e presto il Colonnello Gheddafi, hanno rubato miliardi di dollari dalla tesoreria pubblica; somme che dovrebbero essere recuperate per essere stanziate a favore di un fondo dedicato alla disoccupazione giovanile.

Inoltre, con i prezzi del petrolio ben oltre i 100 dollari al barile, gli stati del golfo stanno vivendo un periodo di prosperità. Anche loro dovrebbero quindi creare un fondo speciale per l’occupazione giovanile nella regione tramite la Banca di sviluppo islamica. Non ci sarebbe modo migliore per utilizzare le risorse della regione se non quello di assicurare che le vite dei suoi giovani possano essere arricchite dall’educazione, dalle competenze e da professioni ad alto livello.

Jeffrey D. Sachs è professore di economia e direttore dell'Earth Institute presso la Columbia University. E' anche consulente speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

Errani: sulle tendopoli il governo ha scelto in modo unilaterale
di Claudio Tucci
«L'accordo con il Governo raggiunto ieri riguarda i profughi. Le Regioni non hanno condiviso invece le questioni relative alle tendopoli per gli immigrati irregolari: quella è una scelta unilaterale del Governo»: lo ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, al termine della seduta odierna della Conferenza. Sulla questione dei clandestini, ha spiegato Errani, «le Regioni non hanno condiviso le questioni relative alle tendopoli per gli immigrati e hanno avanzato alcune proposte, per esempio quella di raggiungere una intesa per gestire anche questa emergenza utilizzando norme nazionali ed europee, che il Governo non ha accolto».

Non ci sono state intese
«Avevamo avanzato dei punti - ha ribadito Errani - che non hanno trovato l'accordo del Governo. È il Governo che ci ha chiesto di intervenire sui profughi, dicendo che sul resto avrebbe deciso lui; l'esecutivo non ha voluto fare le scelte sull'accoglienza che avevano proposto le Regioni». Preoccupazione è stata espressa anche dal presidente della regione Basilicata, Vito De Filippo: «Siamo molto preoccupati dalle parole del ministro dell'Interno Roberto Maroni che ha parlato, pochi minuti fa, di una disponibilità di 10mila posti in tutte le Regioni per i migranti. Si concordano alcune cose e poi, il giorno dopo, dal Governo ne vengono dette altre che sono al di fuori di qualunque intesa».

Domani a palazzo Chigi si riunisce la cabina di regia
Intanto per domani mattina 1° aprile alle ore 9 è convocata a palazzo Chigi la prima riunione della cabina di regia sull'immigrazione a cui prenderanno parte esponenti del Governo e rappresentanti di Regioni, Comuni e Province. «L'incontro di domani dà il segno - ha spiegato il ministro per i rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto - dell'urgenza con la quale il governo vuole agire sul fronte dei flussi migratori». Il ministro ha auspicato che «si possa affrontare un percorso quanto più possibile condiviso».

Accordo sul riparto delle risorse del fondo per il trasporto pubblico locale
Errani ha detto poi che le Regioni hanno «sostanzialmente raggiunto» l'accordo sul riparto delle risorse del Fondo per il trasporto pubblico locale. Nei prossimi giorni «dovranno essere fatte alcune verifiche di tipo tecnico». Va segnalato il parere contrario espresso dalla Regione Lombardia. Il Fondo ammonta complessivamente a circa un miliardo e 200 milioni; grazie all'accordo raggiunto con il Governo la scorsa settimana le Regioni hanno riottenuto i 425 milioni del Fondo che erano stati tagliati dalla manovra di
luglio. Parlando invece di fotovoltaico e del decreto legislativo sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili e in particolare sugli incentivi per la produzione dell'energia fotovoltaica, Errani ha tagliato corto: «Stiamo attendendo la bozza di decreto che il Governo sta elaborando: dopo averla vista, metteremo a punto i nostri emendamenti».

Bozen. Durnwalder: i «no» non ci fermeranno. Il presidente: le grandi opere hanno valenza provinciale, i dissidenti Svp non ci spaventano. di Mirco Marchiodi
BOLZANO. Il partito centrale da una parte, gli organismi territoriali dall'altra. La Provincia contro i comuni. Il governo centrale contro quelli della periferia. Un copione che all'interno dell'Svp si ripete. L'anno scorso le due grandi battaglie sono state quelle sull'energia (con i "ribelli" venostani Sepp Noggler e Arnold Schuler a capeggiare la nutrita truppa di sindaci che volevano partecipare alla partita milionaria delle centrali) e quella sulla sanità, con i vari comprensori - in primis Pusteria e Val d'Isarco - a difendersi allo strenuo per evitare che la mannaia dei tagli si abbattesse su strutture e servizi dei loro territori. Trovati dei compromessi più o meno condivisi su questi due temi, lo scontro ora si sposta su altre grandi opere: l'aeroporto e il centro commerciale.
NUOVI «RIBELLI». Sul primo interviene in maniera durissima il senatore Oskar Peterlini, fino allo scorso novembre Obmann Svp della Bassa Atesina: «Con la mediazione sull'aeroporto - ricorda - si riuscì, dopo trattative durate anni a trovare finalmente un accordo tra la giunta provinciale e le associazioni ambientaliste. La Provincia assunse il seguente impegno: sì ad interventi esclusivamente legati alle misure di sicurezza, no all'allungamento della pista. Decidendo ora di voler allungare la pista, la giunta recede unilateralmente dall'impegno assunto. Un partito ed una giunta che non tiene fede a quanto deciso e promesso, mentendo agli elettori, perde credibilità. Non c'è da stupirsi se oltre a perdere credibilità, si perde anche la fiducia degli elettori. Un vero peccato per l'"Edelweiss" di Magnago e Benedikter».
A rincarare la dose arriva il no della Svp cittadina di realizzare il centro commerciale al Twenty: «Siamo molto sorpresi, riteniamo che i tecnici abbiano preso una decisione più politica che tecnica», attacca l'Obmann bolzanino Dieter Steger, che in pratica ribadisce la posizione dell'Unione commercio, di cui è il direttore e di
cui Thomas Rizzolli, capo dell'ala economica cittadina, è il fiduciario comunale.
LA PROVINCIA. Il presidente Luis Durnwalder chiama tutti all'ordine: «Le proteste degli organismi territoriali non mi sorprendono. Ma la giunta provinciale rappresenta il governo dell'Alto Adige e governare significa prendere delle decisioni. E quando si prendono delle decisioni, bisogna guardare agli interessi di tutto il territorio e non solo di qualche comune. L'aeroporto lo riteniamo fondamentale per l'Alto Adige, la sua economia e il suo sviluppo futuro. Non possiamo fermarci solo perché pochi comuni sono contrari. Sull'energia la discussione era simile: non potevamo certo bloccare tutta lì'operazione solo perché pochi comuni venostani erano contrari ad una soluzione che è andata a vantaggio di tutti i 116 comuni altoatesini e dei loro cittadini. E lo stesso vale anche per il centro commerciale: c'è una legge provinciale che lo prevede perché riteniamo che in Alto Adige un megastore sia necessario. Lo realizzeremo, anche se sappiamo che tra i commercianti non mancano i contrari».
IL PARTITO. Philipp Achammer, segretario amministrativo del partito, cerca di mediare tra il governo centrale e gli interessi territoriali: «Le critiche che arrivano dal territorio vanno lette come una richiesta ad essere coinvolti nelle decisioni. È chiaro che i responsabili dei circondari rappresentano il loro territorio, ma altrettanto chiaro deve essere il fatto che una volta che il partito come tale prende una decisione, questa decisione deve essere appoggiata da tutti. La Volkspartei oggi rappresenta ancora molto meglio degli altri il vero partito di raccolta e al suo interno deve mediare tra tanti interessi diversi. Questo significa che le decisioni che vengono prese sono già frutto di una discussione articolata e di un compromesso. L'importante è che la decisione che si prende al termine di questa discussione venga poi accettata da tutti».

Trento. Euregio: no al nucleare e no alle Olimpiadi 2020
31/03/2011 15:44. TRENTO - Abbandonare definitivamente l'idea di costruire delle centrali nucleari nell'area alpina è la proposta approvata ieri dall'assemblea congiunta dei consigli del Trentino, dell'Alto Adige e del Tirolo (Austria) riunitisi a Merano. «Dopo le scioccanti immagini della catastrofe nucleare di Fukushima - si legge nel documento sottoscritto dal "Dreier Landtag" - anche la politica energetica europea non potrà più proseguire come se nulla fosse». L'assemblea ha dunque deciso che deve essere dato impulso alle fonti energetiche rinnovabili ed a quelle alternative. La seduta congiunta di Merano è stata l'occasione per fare il punto dello stato di attuazione dell'Euroregione dell'ex Tirolo storico e da parte di tutti gli intervenuti è stato fatto un richiamo al governo italiano perchè approvi il relativo Gruppo europeo di collaborazione territoriale (Gect).

Tra i punti controversi c'è stata una mozione nella quale si chiedeva che per le Olimpiadi del 2020 la Regione europea presentasse una candidatura unitaria. La mozione è però stata respinta per il voto contrario del Trentino. Come ha spiegato il presidente dell'assemblea trentina Bruno Dorigatti, la motivazione è di carattere tecnico, visto che il Cio accetta candidature soltanto di singole città e non di intere regioni. Nel corso della seduta sono stati affrontati punti di comune interesse nella politica transfrontaliera, dai trasporti, alla cultura, allo sviluppo della regione all'interno della Ue. All'interno del pacchetto delle proposte riguardanti le materie inerenti la cultura e l'istruzione hanno trovato approvazione due documenti proposti dai consiglieri trentini. Il primo era presentato dal consigliere Giorgio Lunelli per la salvaguardia e la promozione della memoria comune delle popolazioni che abitano i territori a cavallo del Brennero. Approvata anche la mozione per la promozione del programma «2020 obiettivo bilinguismo» di Mattia Civico e Luca Zeni. L'obiettivo è quello di coinvolgere i tre Länder nell'incentivare la conoscenza delle rispettive lingue.

Aostee': La Regione delibera l'acquisizione di Deval e Vallenergie
31/03/2011. AOSTA. «Con l'atto odierno si completa il progetto avviato nel 2000, attraverso l'acquisizione delle quote di capitale di proprietà dell'Enel nelle società operanti nel settore della distribuzione e vendita di energia elettrica sul territorio valdostano». L'assessore regionale al Bilancio e Finanze, Claudio Lavoyer, ed il presidente della Regione, Augusto Rollandin, hanno commentato con queste parole la delibera approvata oggi dalla Giunta regionale per l'acquisizione di tutte le quote di Vallenergie e Deval.

L'investimento ammonta a 37,2 milioni di euro a favore dell'Enel. La firma dell'accordo è prevista nei prossimi giorni.

La Regione deteneva già il 49 per cento del capitale sociale delle due società e diviene così l'unica proprietaria di entrambe. In particolare, l'operazione di acquisizione sarà gestita dalla Finaosta, la quale cederà alla Compagnia valdostana acque - società a totale controllo regionale - il 49 per cento delle quote.

«Con questo atto - ha affermato Rollandin - si chiude un importante capitolo che porterà benefici alla Valle d'Aosta».

Aostee': Immigrazione clandestina: tre espulsi e un indagato. 31/03/2011. AOSTA. Tre cittadini stranieri, tra cui un tunisino sbarcato in Sicilia a metà marzo, sono stati espulsi dalla Questura di Aosta perché irregolari.

Si tratta di P.K, cittadino mauritano di 29 anni con precedenti per stupefacenti ed immigrazione clandestina; D.A., tunisino di 27 anni incensurato, ed O.I., cittadino rumeno di 24 anni con precedenti per reati contro il patrimonio.

L'Ufficio immigrazione ha anche posto sotto indagine il 26enne I.I., senegalese, per non aver ottemperato a precedenti decreti di espulsione.

Bozen. Migranti: l'Alto Adige ospiterà 30 profughi. Berger: no ai clandestini e a nuovi centri di identificazione ed espulsione. BOLZANO. Pronti ad ospitare i profughi provenienti dal Nord Africa, non i clandestini. Ciò significa che in Alto Adige non dovrebbero arrivarne più di trenta; cifre simili anche per il Trentino. Opposizione decisa alla creazione di nuovi Centri di identificazione ed esplusione. Questo, in sintesi, quanto emerso dall'incontro di ieri a Roma sull'emergenza immigrati a Lampedusa al quale hanno partecipato i rappresentanti di tutte le Regioni e delle Province di Bolzano e Trento.
A rappresentare la Provincia di Bolzano, alla conferenza unificata Stato-Regioni-Comuni convocata dal ministro Raffaele Fitto, c'era il vicepresidente Hans Berger. Nelle quasi quattro ore di vertice a Palazzo Chigi il governo, con il sottosegretario Gianni Letta e il ministro degli Interni Roberto Maroni, ha discusso un piano di distribuzione territoriale degli immigranti che continuano ad arrivare a Lampedusa.
«Il Viminale - spiega Berger - stima in circa 22mila il numero degli immigrati giunti nel sud del Paese, ma si presume che solo ad un 10% possa essere riconosciuto lo status di profughi. La gran parte, quindi, sarebbe costituita da clandestini, la cui gestione resta responsabilità del ministero degli Interni. Secondo la chiave di ripartizione attualmente in discussione, all'Alto Adige potrebbe toccare una trentina di profughi. Non so ancora dove saranno sistemati, ne parleremo in giunta lunedì».
Resta irrisolto il problema dei nuovi Centri di identificazione ed espulsione (Cie), strutture attraverso le quali devono passare i clandestini prima di essere rimpatriati. Gli attuali sono insufficienti e bisogna crearne altri. Non è ancora chiaro dove dovrebbero sorgere i nuovi Cie. «Mi sono opposto - assicura Berger - con il sostegno degli altri rappresentanti regionali, all'ipotesi del governo di localizzare nuovi Cie in tutte le Regioni». Risultato: non ci sarà alcuna distribuzione territoriale dei clandestini e il Ministero individuerà d'intesa con le Regioni possibili siti per la realizzazione di queste strutture. «L'Alto Adige, da quanto emerso oggi, non dovrebbe rientrare tra le aree interessate dai Cie». Nel frattempo il governo cerca di contenere i flussi degli immigrati per abbassare concretamente le stime originarie di circa 55mila arrivi. «I ministri - spiega il vicepresidente della Provincia - sperano in particolare in un accordo con la Tunisia che impegni il Paese a sorvegliare le proprie coste e a riaccogliere i tunisini espulsi dall'Italia».

Modena. Il sindaco e i profughi: "Saranno poche decine". "E' un problema che possiamo assolutamente gestire, e rispetto al quale ci siamo già organizzati".  Lo assicura il sindaco di Modena, Giorgio Pighi, smentendo alcune voci iniziali che parlano di 600 arrivi, distribuiti su tutta la provincia. MODENA. Gli immigrati che arriveranno a Modena dopo l'emergenza degli sbarchi a Lampedusa saranno "alcune unità, al massimo alcune decine a livello provinciale. E' un problema che possiamo assolutamente gestire, e rispetto al quale ci siamo già organizzati".

Lo assicura il sindaco di Modena, Giorgio Pighi, smentendo alcune voci iniziali che parlano addirittura di 700 arrivi. E non verranno accolti negli ex edifici scolastici, come ha ipotizzato qualcuno.

"E' un'idea che ci vede molto molto contrari", afferma il sindaco. "Abbiamo in testa alcune ipotesi di siti in cui possono essere collocati. Naturalmente se si tratta di immobili comunali se ne occuperàil Comune, se sono statali se ne occuperà la Prefettura, senza andare a creare situazioni che poi creino problemi sui territori", chiarisce. Infine, Pighi infine precisa che "occorre fotografare il fenomeno nelle sue esatte dimensioni. Se si tratta di 10-15 persone siamo perfettamente in grado di rispondere".

Padova. Maroni: Tendopoli anche in Veneto. Ruzzante: Niente furbate su Padova
Il ministro annuncia il piano per svuotare Lampedusa: "Tutti debbono farsi carico dell'emergenza, anche le regioni del Nord e quelle della Lega". Levata di scudi del Pd: "Siamo per l'accoglienza e la solidarietà, ma non ci hanno ascoltato. Ora li portino in una città leghista". PADOVA. Arriveranno anche in Veneto i tunisini sbarcati nelle ultime settimane a Lampedusa e che il ministero dell'Interno sta mano trasferendo in centri e tendopoli di tutta Italia per liberare il più presto possibile l'isola siciliana. La conferma - dopo le polemiche scoppiate ieri al termine dell'incontro a palazzo Chigi tra il ministro Roberto Maroni, il sottosegretario Gianni Letta, le Regioni e l'Associazione nazionale Comuni d'Italia (Anci) - è arrivata nel primo pomeriggio.  E ha già scatenato l'attacco del Partito democratico del Veneto alla Lega Nord. In particolare è Piero Ruzzante, consigliere regionale e segretario del Pd a Padova, a puntare il dito contro Maroni e il governatore Luca Zaia: "Impediremo che sorgano tendopoli a Padova. Le facciano nelle città governate dalla Lega".

Maroni: "Tendopoli per i tunisini in tutte le regioni". "Tutte le regioni tranne l'Abruzzo sono chiamate a dare il loro contributo, se Tunisi si riprenderà tre, quattro o 5 mila tunisini il problema non si porrà, altrimenti il piano è pronto e nessuno può chiamarsi fuori dalla gestione dell'emergenza, comprese le regioni del Nord e quelle amministrate dalla Lega". A dirlo è il ministro dell'Interno, Roberto Maroni. "Io ho un approccio istituzionale - ha proseguito - e non mi faccio condizionare dalla campagna elettorale o dal fatto che ci siano delle regioni del Nord amministrate dalla Lega. E' una situazione d'emergenza alla quale si risponde con misure di emergenza".

La conferma dell'arrivo degli immigrati in Veneto è al massimo livello. Uscendo dal Viminale dopo l'incontro tra Maroni e una delegazione del Popolo della libertà della Puglia - preoccupata per la situazione che si è venuta a creare nella tendopoli di Manduria - il deputato Luigi Vitali ha dichiarato che nel centro di accoglienza di Manduria non ci saranno mai più di 2.900 immigrati alla volta e quindi ha aggiunto: "Abbiamo ricevuto precise garanzie dal ministro Maroni che già nei prossimi giorni saranno avviate le operazioni di svuotamento del campo verso i siti in allestimento di Potenza, Santa Maria Capua Vetere, Pisa, Veneto, Liguria, Trentino e Valle d'Aosta". La comunicazione ufficiale della decisione dovrebbe avvenire domattina a
Roma: Comuni, Province e Regioni sono state convocate a palazzo Chigi.

Zaia non si pronuncia e lascia aperta la porta. Il presidente della giunta regionale del Veneto, Luca Zaia, per la prima volta non si dimostra intransigente e non chiude la porta agli immigrati. Commentando l'incontro di ieri a palazzo Chigi con Maroni e Letta, il governatore ha parlato di "esodo biblico" e ha ribadito il distinguo tra i tunisini ("Come mai tutti questi tunisini si dichiarano in difficolta? I tunisini devono tornare a casa loro, il governo sta tentando in tutte le maniere di rimpatriare i quasi 20 mila attuali, che sono il 98% degli arrivi in Italia") e quanti sono sbarcati a Lampedusa dalla Libia ("Per profughi, circa 2 mila oggi in Italia c'è la massima solidarieta"). Una distinzione che, in base all'accordo governo-Regioni, significa anche competenze diverse nella gestione dell'emergenza, perché ai clandestini ci penserà il ministero dell'Interno mentre ai richiedenti asilo dovranno provvedere le Regioni.

"La partita dei clandestini - dice Zaia soppesando le parole - sulla base dell'accordo di ieri è gestita direttamente dal ministero dell'Interno, è una partita spinosa, che ci vede guardare con ansia a tutta questa vicenda e che dal punto di vista logistico è gestita in collaborazione con i prefetti". Insomma, se Roma ordina, il Veneto non può rifiutarsi.

Ruzzante: "Nessuna tendopoli a Padova, se la facciano nelle città leghiste". "Sono in attesa di sapere in quale comune leghista la coppia Maroni-Zaia intende realizzare una tendopoli in grado di ospitare centinaia di cittadini tunisini evacuati da Lampedusa, perché a Padova non consentiremo che ciò avvenga". E' il pensiero di Piero Ruzzante, consigliere regionale e segretario padovano del Pd.

Ferrara. Un campo profughi a Poggio Renatico. E' in pieno svolgimento la fase di allestimento del campo profughi a Poggio Renatico che dovrà ospitare una parte dei nord africani sbarcati nei giorni scorsi a Lampedusa. Ancora non si conoscono i termini degli accordi su questa delicata situazione. Vigili del fuoco e forze dell'ordine, su ordine della prefettura, sono al lavoro per poter rendere agibile nel più breve tempo possibile una ex caserma militare. In queste ore al ministero degli Interni si sta defindendo il numero esatto dei profughi che verranno assegnati alle singole regioni. Il sindaco poggese Paolo Pavani si è detto profondamente contrariato all'eventualità di ospitare i profughi a Poggio Renatico per due ragioni: nella vicinanza del campo ci sono infatti due obiettivi 31 marzo 2011
particolarmente sensibili come la basa radar dell'Aeronautica e un gasdotto dello Snam.

Genova. Rambaudi: «In Liguria 1400 profughi»
31 marzo 2011 Genova - Nessun centro di identificazione ed espulsione (Cie) è previsto al momento in Liguria. Lo ha ribadito questa mattina, a margine del Consiglio regionale, l’assessore alle politiche sociali e coordinatrice delle regioni nell’ambito della Conferenza Stato regioni, Lorena Rambaudi, dopo l’incontro di ieri a Roma.

«Ieri nel corso dell’incontro a Roma con il Ministro Maroni - ha spiegato Rambaudi - si è capito chiaramente che si vuole distinguere tra il piano profughi, concordato con le Regioni e gli Enti locali, e l’eventuale possibilità di realizzare nuovi Cie che non verranno però costruiti in Liguria. I nuovi siti individuati dal Ministero non riguardano infatti la nostra regione».

«È previsto solo un centro di accoglienza temporaneo a Ventimiglia - ha continuato Rambaudi - per offrire un minimo di assistenza ai tunisini che sono al confine e che cercano di andare in Francia».

«Sul piano dell’accoglienza dei profughi - ha proseguito l’assessore alle politiche sociali - è stato indicato un numero massimo per ogni regione sulla base del numero degli abitanti, ad esclusione dell’Abruzzo. Per la Liguria si tratterebbe al massimo di 1.400 persone». A questo proposito la Regione Liguria si è già attivata attraverso un tavolo tecnico coordinato dallo stesso assessore Rambaudi, che verrà replicato lunedì 4 aprile in territorio savonese, alla presenza anche della Provincia e dei Comuni dell’area. «Procediamo dunque con il nostro piano - conclude Rambaudi - anche se al momento i numeri dei rifugiati in generale sono molto bassi, circa 2.000 a livello nazionale e poche decine in Liguria, che non richiederebbero misure così ampie».

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