lunedì 15 novembre 2010

Piano per il Sud una strategia sempre in ritardo


15 novembre 2010 - trigilia@unifi.it
Ironia della sorte: il Piano Sud dovrebbe approdare al Consiglio dei ministri questa settimana, in piena crisi politica. È difficile dire se arriverà davvero al traguardo, ma certo la responsabilità dell'ennesimo rinvio non si potrebbe attribuire solo alla crisi. È da oltre un anno, infatti, che Silvio Berlusconi ha promesso un "nuovo" e decisivo Piano per il Sud. Difficile dire perché finora non sia accaduto nulla, ma è innegabile che il problema dello sviluppo delle regioni meridionali non sia stato una priorità.
Alcuni esponenti della maggioranza - non solo della Lega - hanno fatto intendere che di fronte all'inefficienza di regioni e governi locali del Sud è meglio non alimentare dei flussi di spesa che rischiano di generare effetti perversi, favorendo anche corruzione e criminalità. Che ci siano seri problemi nell'utilizzo di risorse pubbliche a fini di sviluppo nel Mezzogiorno è indubitabile. Che ci siano responsabilità gravi delle classi dirigenti meridionali è altrettanto chiaro.
Ma non ci si può però fermare qui. Occorre riconoscere le responsabilità non minori dei governi centrali. Nel passato, il centro ha distribuito risorse senza preoccuparsi di valutare l'efficacia della loro allocazione. In pratica, ha a lungo funzionato uno scambio tra centro e periferia: risorse senza controlli e vincoli dati ai governi del Sud, in cambio di consenso per le maggioranze di governo (si pensi, di recente, alle elargizioni graziosamente concesse ad alcuni Comuni "amici" in difficoltà).
La responsabilità principale dell'attuale governo va però cercata in un altro aspetto. Limitarsi a restringere i flussi di spesa verso il Sud, anche in concomitanza con l'aggravio dei problemi di finanza pubblica, finisce per essere una strategia miope, che indebolisce non solo le chance di sviluppo del Sud, ma le prospettive complessive del Paese. Difficilmente l'Italia potrà uscire dalle difficoltà in cui versa senza un allargamento complessivo della base produttiva, una crescita di efficienza delle istituzioni, una riqualificazione dei territori. Restare fermi per non fare peggio porta in realtà a stare comunque sempre peggio; e penalizza seriamente anche il Nord, non solo perché si restringe la domanda complessiva di consumi e di investimenti, ma perché diventa ancora più oneroso il mantenimento di alcune prestazioni in termini di diritti sociali (istruzione, sanità, assistenza) per tutti i cittadini italiani.
In definitiva, la responsabilità maggiore della politica è di aver perso il filo di una politica di sviluppo per tutto il Paese, di cui il Mezzogiorno è componente essenziale.
Arriverà al traguardo il Piano Sud? C'è da augurarselo, sapendo però che il nodo cruciale non è l'ennesima rimodulazione contabile e la promessa di una riapertura dei rubinetti di spesa. Né l'impegno, pure positivo, a concentrare le risorse su obiettivi strategici come infrastrutture, sicurezza, ricerca e innovazione. La sfida è mettere in cantiere nuovi strumenti capaci di trasformare risorse e obiettivi in risultati efficaci in tempi ragionevoli. È sul terreno di una strategia di sviluppo credibile che ci sarebbe bisogno di un'innovazione forte. Diversamente, tutto diventerà ancora più difficile, non solo per il Sud, ma per tutto il Paese.
Fonte:
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2010-11-15/piano-strategia-sempre-ritardo-063745.shtml?uuid=AY2mLojC

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