lunedì 6 dicembre 2010

Napoli rassegnata al flop

 
 Francesco Prisco 06 dicembre 2010Provincia di Napoli fanalino di coda nella classifica della qualità della vita?   
La notizia non sorprende rappresentanti delle istituzioni, del mondo delle imprese e del sindacato.
Non è affatto stupito Diego Guida, assessore al Decoro urbano del comune capoluogo, oltre che editore con la storica etichetta di famiglia. Prendiamo per esempio le statistiche che relegano Napoli al penultimo posto nell'ordine pubblico. «Era fin troppo facile immaginarsele – commenta –. Qui, in mancanza di opportunità lavorative, la criminalità diventa purtroppo a tutti gli effetti fonte di reddito».
Ma dove cercare le responsabilità per una qualità della vita tanto scarsa? Guida non ha dubbi: «Dal governo nazionale a quello della regione, dall'ente provincia al comune, ce n'è per tutti. Per troppo tempo si è osservato senza agire, sventolando i mali di Napoli soltanto sotto elezioni». Dove bisognerebbe intervenire, allora? «Prendo in prestito le parole di Gesualdo Bufalino – risponde l'assessore napoletano –. Bisogna ripartire dai maestri elementari, per sperare in un cambiamento in positivo da qui ai prossimi trent'anni. Serve inoltre attrarre sviluppo sul territorio, creando occupazione». Quello del lavoro – femminile e giovanile in particolare – è un punto debole evidenziato dalla ricerca (104° posto in entrambi i casi).
I dati sul basso numero di imprese registrate (8,6 ogni 100 abitanti, per un 96° posto finale) danno sostanza alle idee di Paolo Scudieri, ad del gruppo Adler di Ottaviano, attivo nel comparto automotive, e vicepresidente dell'Unione industriali di Napoli con delega all'internazionalizzazione. «Dico sempre – premette – che fare l'imprenditore a Napoli significa gareggiare nei cento metri con una zavorra di cento chili sulle spalle. Per le imprese c'è un serio gap di competitività, tanto più che quando ci affacciamo sui mercati esteri dobbiamo vincere il pregiudizio di chi mette in dubbio che, dove ci sono emergenze perenni, sia possibile produrre all'insegna della qualità».
Secondo Lina Lucci, segretario campano della Cisl, «finora è mancata una strategia complessiva di sviluppo produttivo, con l'individuazione dei settori su cui puntare, così da finalizzare anche le attività di ricerca da una parte e di formazione di figure professionali dall'altra. Solo in questo modo si può invertire un trend che vede tutta una generazione chiusa tra la scelta di emigrare e quella di rimanere senza grandi opportunità». Intanto, il costo della casa rimane alto, contrariamente a quanto suggerirebbe la logica in uno scenario del genere. Con 3.700 euro al metro quadrato, le valutazioni di Napoli sono inferiori soltanto a quelle di altre cinque province. Questo – conclude Lina Lucci – «impone alle istituzioni di intervenire sia per verificare la sussistenza di un mercato bloccato, sia per favorire una politica della casa che finora è apparsa del tutto insufficiente».
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