martedì 23 novembre 2010

Marcegaglia: «Ecco come puntiamo sulla Puglia»

di DOMENICO PALMIOTTI 
Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, sarà stamattina all’Ilva di Taranto per partecipare alla presentazione da parte del gruppo Riva del Rapporto Ambiente e sicurezza 2010.
Il leader degli industriali torna in una regione dove il gruppo di cui è amministratore delegato insieme al fratello Antonio (il padre, Steno, è invece presidente e fondatore) ha interessi nell’energia, nel trattamento dei rifiuti per ricavarne sempre energia e nel turismo. 
Attività diverse rispetto al «cuore» del gruppo che, con 7mila dipendenti e 3,7 miliardi di euro di fatturato, è saldamente collocato nella trasformazione dell’acciaio, ma pur sempre significative. E proprio Taranto, dove Marcegaglia è approdato dieci anni fa, è oggi al centro di un piano di riconversione: dismessa la produzione di caldaie industriali, il gruppo si appresta infatti a produrre già dai primi del 2011 pannelli e lamiere per il fotovoltaico.

Ne parliamo con Antonio Marcegaglia.
Perchè su Taranto cambiate business? «Il piano originario, che portò anche ad un trasferimento di produzione da Ravenna a Taranto, prevedeva le caldaie industriali e la produzione di pannelli per tetti e pareti. Problemi di costi e di competizione, uniti al fatto che le caldaie industriali sono un’attività diversa rispetto alla vocazione del nostro gruppo, ci hanno portato a passare la mano in questo settore già da alcuni anni. E così abbiamo ceduto il ramo turbogas ai nostri partner americani, che ora producono presso terzi, mentre le caldaie per incenerimento industriale le abbiamo cedute ad Ansaldo Energia».

E a Taranto cos’è rimasto? «A Taranto ci siamo concentrati sui pannelli fono-assorbenti per copertura ma soprattutto - questa è la novità - si lavorerà nel fotovoltaico. Per lo stabilimento, 90mila metri quadrati, abbiamo definito un piano di investimenti da 15 milioni di euro che, sommato alla ristrutturazione della logistica, sale a 30 milioni. Faremo le prove a metà dicembre per partire con la produzione tra un mese-un mese e mezzo. In particolare, costruiremo pannelli e lamiere grecate con lamine fotovoltaiche a filo sottile al selicio amorfo, nonchè lamiere curve fotovoltaiche. Altra iniziativa importante è la costituzione di “Taranto Solar” insieme ad EnelGreenPower per realizzare e gestire un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica della potenza nominale di 3,2 MW. I pannelli sono installati su tutti i fabbricati industriali del complesso di Taranto. Produrremo energia per il nostro fabbisogno cedendo all’Enel la parte eccedente. A Taranto, a seguito della riconversione, peraltro condivisa dai sindacati, l’occupazione è scesa da 200 a 150 unità attraverso pensionamenti ed esodi, ma contiamo comunque di risalire».

Se la riconversione del sito di Taranto è ormai fatta, nel trattamento dei rifiuti, dove pure siete presenti, incontrate ancora grosse difficoltà. Perchè?
«Stiamo operando nella prima parte del ciclo, ovvero raccolta, trattamento e preparazione del cdr, il combustibile derivato dai rifiuti, che dev’essere essere poi termovalorizzato per produrre energia. Con investimenti per 150 milioni di euro, questa filiera è stata totalmente realizzata. L’altra parte del ciclo sono i termovalorizzatori. Ma qui, eccetto quello di Massafra che funziona in joint venture col gruppo Albanese, siamo ancora fermi, a distanza di anni, sia su Manfredonia che su Modugno. Per partire ci manca sempre l’ultimo pezzo di carta, l’ultima autorizzazione utile».

E chi frena secondo lei?
«Penso che scattino delle vere e proprie barriere ideologiche e culturali. A livello locale basta che uno o due gruppi o comitati, anche se minoritari, urlino e alzino i toni della protesta per far fermare tutto. Davvero singolare se si pensa che mentre sui nostri progetti registriamo dichiarazioni di apertura che ne attestano la bontà industriale, anche perchè esprimono il massimo delle cautele ed hanno un impatto ambientale ben al di sotto dei limiti, nella realtà è tutto è bloccato, perdiamo soldi e non riusciamo a completare gli investimenti».

Marcegaglia è un gruppo che lavora l’acciaio, Taranto l’acciaio lo produce con l’Ilva, eppure è in arrivo un referendum che, forte delle ragioni ambientali (gli altiforni inquinano), a marzo chiederà ai tarantini di pronunciarsi sulla chiusura totale o parziale della fabbrica. Che ne pensa?
«Il problema ambientale è sicuramente importante, la difesa dell’ambiente merita attenzione, però attenti ad arrivare alla chiusura totale o parziale dell’Ilva. Un problema così credo meriti una riflessione approfondita. Ho grande rispetto per le opinioni dei cittadini, la qualità della vita non va certo trascurata, ma sarebbe pericoloso se pensassimo di restringere la base manifatturiera dell’Italia, quella base che ha permesso al nostro Paese di distinguersi in meglio. Un’altra Ilva non la si rifà. Da Taranto dipendono tanti assetti produttivi italiani e prima di dire se u n’azienda va chiusa tutta o in parte, bisogna fare un ragionamento serio. Lontano da ogni strumentalizzazione».
23 Novembre 2010
Fonte:
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=384674

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