lunedì 29 novembre 2010

Se le pale girano nel verso sbagliato


Carlo Stagnaro
Ieri Report ha dedicato una puntata alle fonti rinnovabili, col titolo un po’ scontato “girano le pale”.

Purtroppo, la bella trasmissione di Milena Gabanelli non è sfuggita allo stereotipo del derby. In tv si parla delle rinnovabili solo in due modi: o per denunciare le forze oscure della reazione in agguato contro le belle-buone-convenienti-ecologiche-democratiche fonti verdi, oppure per tremonteggiare. La Gab ha tremonteggiato.

La puntata si apre con un paio di immagini “forti”. Tullio Fanelli che dice l’ovvio, cioè che i sussidi sono troppo generosi. Un assessore (credo calabrese) che casca dal pero quando gli dicono che la mafia ha messo le mani su alcuni appalti eolici. Il sottosegretario Stefano Saglia spiazzato di fronte a un decreto pubblicato in gazzetta ufficiale con un commentaccio tra parentesi. La conduttrice che indugia sui piccoli-che-annegano-nella-burocrazia e i grandi-che-speculano. Un agricoltore bolognese che parla come Bersani e si lamenta di non ottenere i finanziamenti dalla banca, l’ex patron del brand di abbigliamento intimo “La Perla” che invece sta mettendo in campo un mostro fotovoltaico senza problemi (“mi considerano ancora un buon cliente”) anche se pure lui ha avuto le sue magagne, come tutti. Anche uno scivolone molto brutto per chi crede che la liberalizzazione vada anzitutto comunicata (“siamo a Milano e qui la bolletta è di A2A”). Comunque, in generale, buona la spiegazione della composizione della bolletta, e di cosa è e quanto vale la componente A3. (Un po’ ambigua la spiegazione sulla componente A2, da cui il telespettatore ingenuo potrebbe capire che noi paghiamo per il nucleare – che non abbiamo – e non per la scelta scellerata di chiudere prematuramente le centrali negli anni successivi al referendum, ma vabbé). Ma poi qual’è la tesi forte della trasmissione?

Un po’ si rintraccia l’implicito sostegno all’idea che le rinnovabili siano effettivamente alternative alle centrali tradizionali. Grande enfasi per Carlo Vulpio che, in sostanza, dice che i sussidi hanno senso se servono a sostituire capacità convenzionale – se la cosa viene presa sul serio, si arriva alla posizione dell’Ibl: i sussidi non hanno senso, perché (tra le altre cose) la potenza intermittente e imprevedibile deve essere comunque rimboccata da centrali convenzionali pronte a entrare in funzione quando il sole non splende o il vento non soffia. Poi c’è la continua e sotterranea tensione tra la voglia di verde ma l’indisponibilità a pagare per sostenerlo. C’è Vittorio Sgarbi che se la prende con l’eolico (“sta merda qui”) in quanto paesaggisticamente scorretto. Qui cominciamo ad avvicinarci al cuore della trasmissione, non prima di aver aperto una ampia digressione su Enel Green Power e i paradisi fiscali (questa volta, il Delaware).

Il centro della trasmissione è il servizio sui certificati verdi, quindi, soprattutto, l’eolico. Ma prima di arrivarci c’è altra ciccia: le false certificazioni di energia verde nelle importazioni e lo scandalo dell’acquisto di certificati verdi da parte del Gse. Apro una parentesi: è uno scandalo anche secondo me, perché alza artificialmente il prezzo, ma è uno scandalo scolpito nel momento in cui tutto l’ambaradàn è cominciato ed è controproducente cancellare tutto con un tratto di penna (come voleva fare il ministro dell’Economia con poca sensibilità per la certezza del diritto). E finalmente, si arriva alla Calabria.

Si ritorna sull’assessore che visibilmente non sa nulla di ciò di cui parla. Ma la questione clou è la mafia nell’eolico, di cui i magistrati si stanno occupando da tempo (“non ci credo”, dice l’assessore, e chiosa: “sono favole, sono barzellette”) e di cui sappiamo tutto e quello che non sappiamo lo sospettiamo. Nel fango viene scaraventata la Edison per un percorso autorizzativo non chiarissimo, ma anche questo non aggiunge nulla al teorema perché, nella peggiore delle ipotesi, rappresenta un caso isolato (e nella migliore una pista falsa, come onestamente ritengo probabile dato che trovo improbabile che una grande società quotata in borsa faccia un simile passo falso). La domanda che io avrei voluto porre all’autore del servizio (Alberto Nerazzini) e alla Gab è però un’altra: so what? A me non piace fare il difensore d’ufficio dell’industria verde, che del resto può contare su difensori più convinti di me, ma la questione è, al tempo stesso, semplice e complessa. Complessa perché le infiltrazioni mafiose non sono in alcun modo specifiche dell’eolico: “sono dappertutto”, dice una delle persone sentite da Report. Bisogna dunque semmai chiedersi perché la ‘ndrangheta è dappertutto e come fare a sconfiggerla, cioè a rintracciare le responsabilità, ingabbiare i delinquenti, e rimuovere tutte quelle circostanza (anzitutto di ordine normativo, regolatorio e istituzionale) che favoriscono la criminalità.

Ma la questione, almeno per quel che riguarda l’eolico, è anche davvero semplice: come abbiamo spiegato assieme a Carlo Durante, il rischio implicito dell’investire in Italia (non solo nelle rinnovabili) è fonte di un rischio “Paese” più elevato della media. Ci si aspetta, dunque, una remunerazione più elevata. Ecco il risultato di troppo compromesso, di mancata chiarezza delle regole, o di regole mancate. Ecco come si spiega, e si volatilizza, un’altra fetta dell’incentivo.

Il punto, cioè, è che la confusione burocratica e la moltiplicazione dei passaggi amministrativi crea una naturale alcova per le infiltrazioni e, nella migliore delle ipotesi, per comportamenti non cristallini. Sarà contato – ma evidentemente non lo è – dire che l’opacità dipende… dalla scarsa trasparenza. Ed è nell’opacità che si incista l’illegalità. Dunque, un conto è condurre un’inchiesta su casi specifici nei quali la criminalità ha preso il sopravvento, altra cosa è generalizzare, o dare l’impressione di generalizzare, istituendo il collegamento tra eolico e mafia. In altre parole, non conta quanti siano i casi di incesto tra la mafia e l’eolico: sono tutti casi isolati, e non è una battuta. Sono casi isolati perché non sono specifici dell’eolico, ma specifici della burocrazia italiana. Volete sconfiggere la mafia eolica? Semplificate, semplificate, semplificate.
Tutto il resto viene dal demonio.
29 novembre 2010

Eolico, verso la fine dell'inchiesta in Calabria
Alla realizzazione dei numerosi parchi eolici in Calabria è stata dedicata la puntata di ieri sera della trasmissione 'Report' di Milena Gabbanelli, in onda su Rai3

29/11/2010 Verso la stretta finale l'inchiesta sull'eolico in Calabria che vede indagate 35 persone, tra politici e imprenditori, per il pagamento di una presunta tangente finalizzata all’approvazione di una legge regionale che avrebbe favorito la realizzazione di numerosi impianti.
Sull'inchiesta da mesi c'è l'attenzione della Procura della Repubblica di Catanzaro che sta andando avanti nelle indagini per cercare di giungere alla definizione della posizione degli indagati. Che l’attività investigativa sia intensa lo conferma anche il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, il quale, nonostante l’abituale riserbo che mantiene sulle indagini, non nasconde che si sta lavorando a pieno ritmo: “In breve tempo – dice – speriamo di poter chiudere tutte le attività in corso e avere una definizione complessiva della posizione di tutti gli indagati".
Per giungere in tempi brevi alla chiusura delle indagini la Procura ha chiamato a raccolta tutte le forze dell’ordine che stanno compiendo accertamenti, acquisizione di atti e interrogatori. Gli investigatori hanno compiuto verifiche su tutti i parchi eolici per accertare se sono stati realizzati in maniera difforme rispetto ai progetti autorizzati dalla Regione Calabria. La Procura è orientata a chiedere il sequestro di tutti i parchi eolici per i quali saranno riscontrate irregolarità o violazioni delle procedure amministrative. Una forte accelerazione dell'inchiesta è legata a due motivi: le dichiarazioni di un imprenditore indagato, che si aggiungono a quelle di altri due testi d’accusa, che hanno deciso di raccontare quanto di loro conoscenza circa il pagamento della presunta tangente; l'imminente scadenza dei termini per la durata delle indagini, a dicembre, e per i quali la Procura ha intenzione di chiedere una proroga. L’inchiesta ruota intorno alle linee guida della Regione per la costruzione dei parchi eolici e venne avviata negli anni scorsi dalla Procura di Paola (Cosenza) su fatti avvenuti dal 2006 al 2008.
Gli inquirenti hanno raccolto anche le dichiarazioni dei due testimoni che avrebbero svelato il pagamento di una tangente di 2 milioni e 400 mila euro a esponenti politici da parte di imprenditori interessati a entrare nell’affare dell’eolico. Per un problema di competenza territoriale l’inchiesta da Paola fu trasferita alla Procura di Cosenza e solamente da alcuni mesi, visto il coinvolgimento di ex amministratori regionali, è approdata a Catanzaro. Recentemente il voluminoso fascicolo, che contiene numerose intercettazioni telefoniche, si è arricchito anche di una consulenza tecnica, disposta dalla Procura, dalla quale emergono delle prime conferme al pagamento della tangente.
Sull'affare dell’energia eolica si sono scatenati anche gli appetiti della 'ndrangheta che tenta di infiltrarsi nelle società che gestiscono gli impianti. In particolare l'attenzione degli investigatori si sta concentrando sugli impianti realizzati nel crotonese e nella zona a ridosso tra le province di Catanzaro, Vibo Valentia e Reggio Calabria. Proprio in quest’ultima area nei mesi scorsi sono stati compiuti numerosi omicidi nell’ambito di una faida tra le cosche interessate a entrare nella gestione delle energie rinnovabili. Al vaglio della Dda di Catanzaro ci sono anche una serie di intimidazioni e danneggiamenti subiti da alcune società che si sarebbero opposte ad avere una diretta compartecipazione societaria da parte di esponenti della 'ndrangheta.

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