venerdì 17 dicembre 2010

Al via finalmente la Strada dei formaggi e dei mieli d’Irpinia

Dopo una lunga, attenta e laboriosa attività di ottimizzazione delle produzioni, programmazione degli eventi e organizzazione generale, "La strada dei formaggi e dei mieli d'Irpinia" verrà presentata ufficialmente domani presso il Carcere Borbonico di Avellino .
Tratto da: http://www.qualeformaggio.it/

Oltre ai rappresentanti degli enti locali che l’hanno voluta e promossa, presenzieranno all’iniziativa le centoventi aziende coinvolte nel progetto, per buona parte caseifici aziendali, aziende apistiche, agriturismi e artigiani che esporranno e faranno degustare i loro prodotti.
La Strada dei Formaggi e dei Mieli d’Irpinia si ripropone innanzitutto l’obiettivo di promuovere il territorio attraverso un’offerta turistica integrata, fondata su bellezze naturali, ambientali e culturali poco valorizzate rispetto al loro alto valore intrinseco, e facendo leva su prodotti gastronomici di vera eccellenza quali formaggi e mieli, per l’appunto, a cui si aggiungono altri prodotti tipici dell’agricoltura locale, le offerte del turismo rurale e i prodotti di un artigianato ancora autentico.
Tra i formaggi prodotti nell’area e recentemente recuperati al loro più alto valore  grazie al supporto dei tecnici Anfosc e Stapa-Cepica, figurano i Pecorini Bagnolese, Carmasciano e Laticaudo, ma anche i Caciocavalli Podolico e Irpino, vere punte di diamante della produzione regionale. Altri prodotti caseari a torto considerati “minori” sono il Burrino, il Caso Muscio, la Treccia, la Scamorza, i Nodini, le Ricotte fresca e salata, il Cacioricotta e il Formaggio ‘mbriaco, quest’ultimo un po’ meno tradizionale degli altri. Tra i mieli, oltre al diffuso millefiori di collina spiccano quelli di acacia, di castagno, di sulla e la melata. E poi quelli di tiglio, rovo, ciliegio e trifoglio.
Unica nota stonata in questa iniziativa, la reiterata proposta modaiola di abbinare i formaggi ai mieli. Una tendenza da respingere quando ad essere proposti sono formaggi di qualità reale come questi, meritevoli nella gran parte dei casi di essere gustati con un buon bicchiere di vino locale e del pane casereccio.
16 dicembre 2010
La scheda - Il recupero del Pecorino Bagnolese
Il Pecorino Bagnolese prodotto con il latte dell’omonima razza ovina, è una delle realtà casearie e pastorali più interessanti del nostro Meridione, presente nel territorio del comune di Bagnoli Irpino e ampiamente diffuso nelle province di Avellino, Salerno e Benevento, e in particolare nella zona dei Monti Picentini.
Fondamentali per il rilancio e la valorizzazione della razza Bagnolese sono stati e saranno gli interventi messi in atto e in programma per il futuro, tra cui si evidenziano:
• il progetto di studio della facoltà di Agraria dell’Università di Portici sulla “caratteristiche morfo-funzionali della razza Bagnolese”, concluso due anni fa;
• i numerosi corsi di aggiornamento tecnico svolti in favore degli allevatori, in special modo negli ultimi due anni, attraverso l’adesione al PSR 2007-2013 Misura 214 “Pagamenti Agroambientali” Azione e2) “Allevamento di specie animali locali in via di estinzione”, che ha visto l’inserimento della razza Bagnolese nell’elenco delle razze in via d’estinzione e il conseguente incremento del numero di capi allevati (i dati di cui alla tabella di pagina 32 sono relativi ad aziende che hanno aderito alla misura, e l’incremento dei capi si è registrato negli ultimi due anni). Da notare che i capi di Bagnolese vengono inseriti nel Registro Anagrafico e non in un Libro Genealogico in quanto la stessa non è riconosciuta come razza;
• la prima Mostra regionale Ovini di razza Bagnolese (iscritti al libro anagrafico) che si è tenuta nel 2009;
• il programma antiparassitario sugli allevamenti, promosso dalla Regione Campania e svoltosi a tappeto su tutto il territorio;
• l’inaugurazione della Strada dei Formaggi e dei Mieli d’Irpinia (il Pecorino rientrerà nel 2° percorso, “Lungo la Valle del Calore”);
• il 5° concorso La Catarina d’Oro, che si terrà nel mese di ottobre 2010 e sarà aperto a tutti i formaggi irpini;
• la creazione - in tempi ancora da definire - del consorzio per la valorizzazione dell’agnello Bagnolese.
Infine, meritano un accenno gli altri prodotti caseari legati alla razza Bagnolese:
- il “Caso muscio”, formaggio a pasta morbida che, a differenza del pecorino tradizionale, subisce una cottura più blanda (34-35°C) per poi essere posto in fuscelle alte 3-4 cm. La salatura avviene in una sola volta e durante la conservazione, di circa 20 gg, il formaggio si rivolta a giorno alterni.
- “Formaggio ‘mbriaco”, ottenuto o con latte di pecora o con latte bovino - in ogni caso latte appena munto - che si presenta con crosta di color violaceo, dovuta all’ultimo periodo di stagionatura che viene effettuata tramite immersione nelle vinacce vergini di vino Aglianico.
La razza ovina Bagnolese
Dopo aver rischiato l’estinzione per via del diffondersi di razze più produttive, Comisana in testa, la pecora Bagnolese è stata in questi ultimi anni recuperata grazie all’impegno di appassionati allevatori artefici oggi di un suo progressivo recupero.
La pecora Bagnolese (detta anche “malvizza”*) ha una buona adattabilità ad ambienti anche marginali e una discreta produzione di latte con un buon tenore di grasso e proteine, in grado di consentire un’alta resa in formaggio.
Razza a duplice attitudine (latte e carne), dal vello caratterizzato dalle tipiche picchiettature nere, la pecora Bagnolese ha tratti somatici che ricordano la Barbaresca, e anche quando allevata in condizioni ambientali difficili, fornisce buone produzioni sia di latte sia di carne. La genuinità del prodotto è garantita dall’alimentazione naturale al pascolo e dagli allevamenti a gestione familiare, lontani dai grandi insediamenti urbani.
Zona di Produzione
L’area dei Monti Picentini, intorno al Pianoro del Laceno, dove l’altitudine supera i 1000 m s.l.m.
Il Pascolo
Il pascolo è quello dei pianori dei Monti Picentini (Laceno, Acernese, etc.), caratterizzato da molte essenze, selezionatesi nel corso del tempo e in grado di arricchire il latte e i formaggi di aromi particolarmente ricchi.
Tecnica di Produzione
Dopo aver portato a 40°C il latte della mattina, unito a quello munto la sera precedente, il casaro aggiungerà il caglio di agnello liquido e romperà la cagliata quando la sua consistenza sarà tale da mantenere in piedi un piccolo bastone. Una volta lasciata depositare sul fondo della caldaia, la cagliata verrà estratta e costipata nelle fuscelle, per favorire la fuoriuscita del siero. Dopo un’ulteriore sgocciolatura di dodici ore il formaggio verrà salato una prima volta e di nuovo salato il giorno dopo. La stagionatura - in genere di 30-90 giorni - avviene in idonei locali aziendali, in cui le forme sono rivoltate di frequente.
Il Caglio
Gli abomasi degli agnelli lattanti vengono essiccati al sole per quindici giorni e poi lasciati all’aria, quindi lavorati e immersi in acqua. Per regolare il potere coagulante del caglio, durante la sua utilizzazione, viene aggiunta acqua o altro caglio (a volte anche succo di limone). Durante il periodo più caldo, alcuni produttori utilizzano caglio liquido in quanto quello tradizionale conferirebbe al formaggio un sapore troppo piccante.
Utilizzo
Può essere consumato sia fresco che stagionato, come pietanza (2-3 mesi di stagionatura) o come formaggio da grattugia (5 mesi e più). Nella zona di produzione viene spesso abbinato in cucina al tartufo nero locale, e accompagnato in tavola da vini rossi di buona struttura.
* in avellinese, “malvizzo” sta per “tordo”; qui è riferito al vello della Bagnolese, che per la sua pigmentazione ricorda il piumaggio di quell’uccello.


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