lunedì 27 dicembre 2010

L'Ungheria arriva fragile alla guida dell'Unione europea

Lunedí 27.12.2010 15:09
Sarebbe dovuta cominciare in tutt'altro clima la prima volta da presidente dell'Unione europea dell'Ungheria. Invece, Budapest arriva indebolita e disillusa a questo nuovo appuntamento con l'Europa, il più importante dopo l'adesione del 2004. E rischia di doversi impegnare, da leader dell'unione, al suo stesso salvataggio. Con una credibilità, tra l'altro, in caduta libera, dopo le feroci critiche per l'approvazione di una nuova legge sui media che rischia di limitare fortemente la libertà d'espressione.


A guidare il paese è, dalla primavera, il partito di centrodestra Fidesz con il suo leader Viktor Orban. Ex 'enfant prodige' della politica magiara, il ragazzo che dal palco dei funerali postumi di Imre Nagy nel 1989 infiammava la piazza vogliosa di chiudere la sanguinosa pagina della guerra fredda, Orban ha preso in mano il paese dopo otto anni di governo socialista. Ha trovato una situazione economica difficile e un paese sull'orlo della crisi sociale. L'Ungheria ha subito più fortemente di altri nella regione la crisi economica, tanto da dover chiedere - come primo paese nella storia dell'Europa unita - l'aiuto del Fondo monetario internazionale (Fmi) e dell'Ue.

L'aiuto è arrivato nella forma di un prestito da 20 miliardi di euro, vincolato però alla realizzazione di un pesante programma d'austerità dei conti, che è stato tra l'altro una delle cause della cattiva fama che s'è abbattuta sul predecessore di Orban, Gordon Bajnai e dell'ex uomo forte socialista Ferenc Gyurcsany.

Il rigore di questi anni ha pesato sulla vita quotidiana degli ungheresi che, dopo l'euforia dell'ingresso nell'Ue, hanno visto negli ultimi anni il lato più duro dell'Europa: quello che chiede i conti in ordine. Orban ha cercato di evitare in ogni modo di imporre nuove tasse o tagliare ancora servizi e numeri del settore pubblico. Ha anche varato una tassa una tantum sulle banche, sulle compagnie energetiche, di telecomunicazione e sulla grande distribuzione per cercare di tenere il deficit pubblico entro il 4 per cento del Pil e scendere sotto il 3 per cento il prossimo anno.

Un'operazione complessa, vista anche la difficoltà che l'Ungheria sta avendo nel riprendersi dalla crisi. Nel 2010 il Pil magiaro è cresciuto di meno dell'1 per cento, secondo le stime del governo dello 0,8 per cento. Nel 2011 la crescita, secondo il Fmi sarà tra il 2,5 e il 2,75 per cento. Ma a preoccupare è anche l'inflazione. Probabilmente il target del 3 per cento non sarà rispettato, quindi la Banca centrale è già intervenuta negli ultimi due mesi, riprendendo un trend al rialzo del tasso di riferimento che, se dovesse consolidarsi, poterebbe ulteriori ostacoli alla crescita.

Le prospettive, insomma, non sono particolarmente rosee. Moody's, l'agenzia di valutazione del debito sovrano, ha recentemente effettuato un doppio downgrade del rating magiaro, da Baa1 a Baa3. Solo un gradino sopra un livello che renderebbe "junk" i titoli di stato. E con un "outlook", cioè una prospettiva, negativa, che potrebbe preludere a un ulteriore downgrade. Fitch, dal canto suo, ha portato il rating a "BBB-", anche in questo caso solo un gradino sopra il livello a cui l'investimento non viene più considerato affidabile.

Una situazione economica, insomma, che non depone bene per un paese che si pone obiettivi importanti per il semestre di presidenza dietro l'angolo. In un'Ue che ha belle gatte da pelare, a partire dal salvataggio di Grecia, Irlanda e Portogallo, l'Ungheria intende facilitare il processo di adesione dei paesi dei Balcani occidentali e meridionali: dalla Serbia all'Albania.

Sul fronte politico-economico, l'Ungheria dovrà cercare di sostenere la sua posizione, che vuole un'Europa unica e compatta, escludendo così ogni ipotesi di Europa a due velocità. Le difficoltà di Budapest sul fronte dei propri conti pubblici potrebbero attenuare la capacità magiara di sostenere una posizione del genere.

Certo, con l'approvazione della legge sui media, le credenziali di Budapest per guidare questa fase complessa non sono delle migliori. La contestatissima norma è stata infatti criticata, oltre che dall'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea (Osce), da diversi autorevoli europarlamentari. La Commissione europea ha acceso un faro, ma ha sospeso il giudizio. In palese imbarazzo.
 

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