venerdì 19 novembre 2010

La rivolta dei braccianti 60 anni fa in Capitanata


Un incontro a San Severo
FOGGIA - Ventitrè marzo 1950: a San Severo, importante e popoloso centro agricolo della Capitanata, si consuma una delle pagine più sofferte della storia d’Italia del dopoguerra.
I braccianti della cittadina pugliese, affamati e disperati, senza terra e senza lavoro, stanchi di essere sfruttati, decidono di fermarsi. Uno sciopero che culmina in violenti scontri con la polizia e si conclude con un pesante bilancio: una vittima, numerosi feriti, e 189 arrestati, tutti accusati di “insurrezione armata contro i poteri dello Stato".
Un episodio, comunque non isolato - molti se ne verificheranno in quei mesi in tutto il Sud - e che finirà per avere una grossissima risonanza anche sui giornali stranieri, in prima linea il New York Times. Di quei drammatici fatti si tornerà a parlare domani sera alle 20 presso la Cantina 'Domini Dauni' nel corso di un dibattito nell’ambito dell’iniziativa «La Piazza incontri e scontri tra memoria e presente», che coinvolge con una serie di eventi culturali tutto il territorio pugliese.

A fare luce per la prima volta su cosa effettivamente avvenne quel giorno e a ricostruire le varie fasi del processo che seguì ed ebbe fortissima eco, è un libro che resta pietra miliare per la storia locale: «23 marzo 1950. San Severo si ribella» (Teti Editore 1977 - prefazione di Lelio Basso ) di Raffaele Iacovino, medico e scrittore, morto nel 1999, che sarà appunto al centro dell’incontro di domani al quale parteciperanno Assunta Facchini, Severino Cannelonga e Gino Annolfi. Seguiranno anche la proiezione del documentario, Andrea Villani (1925-1989), sindacalista ante litteram e uno spettacolo, La vera storia di Bella Ciao di e con Salvatore Villani.

Per l’occasione si terrà un’esposizione di libri sulla storia e la cultura della Capitanata e una mostra multimediale sulle lotte di classe in Capitanata, a cura del Centro Studi di Tradizioni Popolari del Gargano e della Capitanata, SPI-CGIL Foggia e Circolo Culturale “Giulio Ricci”.

Questa pagina di storia ebbe anche dei risvolti sociali poco noti al grande pubblico: l'indomani degli arresti che colpirono indistintamente uomini e donne, padri e madri, si creò un cordone di solidarietà fortissimo tra reti politiche legate al partito socialista e comunista: si doveva trovare una sistemazione ai tanti bambini che con i genitori in carcere rischiavano di restare abbandonati senza alcuna forma di sussistenza.
Grande risposta corale si trovò da decine di famiglie di braccianti o piccoli imprenditori in Emilia Romagna e nelle Marche che si assunsero la responsabilità di prendere in affido questi bambini per dar loro una nuova famiglia a tempo. A decine «emigrarono» su interi convogli pieni zeppi di piccoli foggiani. In tantissimi tornarono poi a casa, ma altri decisero di rimanere con le famiglie affidatarie.
Alcune di queste storie sono state raccontate in un libro «I treni della felicità».  
di Giovanni Rinaldi.
19 Novembre 2010
Fonte:
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=383640

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